molto più intenso. Forse perché poteva immaginarla tutta sola in quel magazzino buio, incapace di muoversi o di chiedere aiuto.
“Grazie per le informazioni” disse Mackenzie. “Io e il mio collega resteremo in città per qualche giorno. Si metta in contatto con me se dagli esami dovesse risultare qualcosa.”
Uscì dall'obitorio e si diresse al piano principale. Prima di tornare al piccolo ufficio che lei ed Ellington avevano adibito a base, si fermò al banco della reception per chiedere una copia del dossier di Claire Locke. Lo ricevette due minuti dopo e lo portò in ufficio.
Trovò Ellington che fissava il monitor, appoggiato allo schienale della sua sedia.
“Trovato qualcosa?” gli chiese.
“Nulla di concreto. Ho visto altri sette veicoli andare e venire. Uno è rimasto fermo per circa sei ore, prima di ripartire. Voglio verificare con la polizia per sapere con quali di queste persone hanno già parlato. Perché Claire Locke finisse in quel magazzino, qualcuno che appare in questo filmato deve avercela portarla.”
Mackenzie annuì e iniziò a sfogliare il dossier. Claire non aveva precedenti penali e le sue informazioni personali non offrivano granché. Aveva venticinque anni, si era laureata alla UCLA due anni prima e lavorava come artista digitale presso una società di marketing locale. I genitori erano divorziati, il padre abitava alle Hawaii e la madre da qualche parte in Canada. Non era sposata né aveva figli, ma una nota a fondo pagina diceva che il fidanzato era stato informato della sua morte. Era stato contattato il pomeriggio prima, alle tre.
“Quanto ne hai ancora?” chiese a Ellington.
Lui si strinse nelle spalle. “Ancora tre giorni, a quanto pare.”
“Ci pensi tu qui, mentre io vado a parlare con il ragazzo di Claire Locke?”
“Immagino di sì” disse con un sospiro comico. “La vita coniugale si avvicina. Meglio che ti abitui a vedermi sempre seduto davanti a uno schermo. Specialmente durante la stagione di football.”
“Ok” replicò lei. “A patto che ti stia bene che io esca per conto mio mentre tu ti guardi le partite.”
E, come a dimostrargli quello che intendeva, se ne andò via, dicendogli da sopra la spalla: “Dammi qualche ora.”
“Certo. Poi però non ti aspettare di trovare la cena pronta quando torni.”
Quello scambio di battute rese Mackenzie incredibilmente felice che McGrath avesse permesso loro di lavorare insieme a quel caso. Tra il buio e la pioggia fuori e la tristezza che provava per la sorte di Claire Locke, non sapeva se sarebbe stata in grado di gestire quel caso da sola. Ma con Ellington al suo fianco, le sembrava di avere con sé una parte di casa, un posto dove tornare nel caso in cui l’indagine fosse diventata troppo travolgente.
Uscì dall’edificio. Era calata la notte e, sebbene la pioggia si fosse ridotta ad una pigra pioggerellina, Mackenzie non poté fare a meno di sentire che si trattava di una sorta di presagio.
CAPITOLO SETTE
Mackenzie non sapeva nulla del fidanzato di Claire, poiché non c'erano dettagli su di lui nel fascicolo. Tutto quello che sapeva era che si chiamava Barry Channing e che viveva al civico 376 di Rose Street, Appartamento 7. Quando bussò alla sua porta, ad aprire fu una donna che pareva sulla cinquantina. Aveva un’aria stanca e affranta, ed era evidente che non fosse contenta di ricevere visite alle nove passate di quella domenica sera piovosa.
“Desidera?” chiese la donna.
Mackenzie fu tentata di ricontrollare il numero sulla porta, poi però disse: “Sto cercando Barry Channing.”
“Sono sua madre. Lei chi è?”
Mackenzie mostrò il suo tesserino identificativo. “Mackenzie White, FBI. Speravo di fargli qualche domanda su Claire.”
“Non è davvero in condizione di parlare con nessuno” iniziò la madre. “Vede, mio figlio...”
“Mio Dio, mamma” disse una voce maschile che si avvicinava alla porta. “Sto bene.”
La madre si fece da parte, lasciando che il figlio si affacciasse all’uscio. Barry Channing era piuttosto alto e aveva i capelli biondi e corti. Come sua madre, aveva un’aria esausta ed era evidente che avesse pianto.
“Ha detto di essere dell'FBI?” chiese Barry.
“Esatto. Ha cinque minuti?”
Barry guardò sua madre con le sopracciglia aggrottate, poi sospirò. “Sì, certo. Entri, prego.”
Barry accompagnò Mackenzie nell'appartamento, lungo uno stretto corridoio che terminava in una cucina dall'aspetto comune. Sua madre, nel frattempo, era rimasta indietro, in disparte e con l’aria contrariata. Mentre Barry si sistemava su una sedia al tavolo della cucina, Mackenzie sentì una porta che veniva sbattuta da qualche parte.
“La prego di scusare mia madre” fece Barry. “Comincio a pensare che fosse più legata a Claire di me. E questo la dice lunga, visto che avevo comprato un anello di fidanzamento due settimane fa.”
“Mi dispiace molto per la sua perdita.”
“Me lo ripetono spesso” commentò Barry, guardando il piano del tavolo. “È stato tutto talmente inaspettato. Ho pianto come un bambino quando la polizia me lo ha detto, ieri, ma nonostante questo non ho perso il controllo. La mamma è venuta a stare da me per aiutarmi con il funerale e sono grato per il suo aiuto, ma è un po’ iperprotettiva. Una volta che se ne sarà andata, probabilmente riuscirò a far uscire tutto il dolore.”
“Sto per farle quella che potrebbe sembrare una domanda stupida” disse Mackenzie. “Conosce qualcuno che potesse avere qualche motivo per fare del male a Claire?”
“No. La polizia mi ha chiesto la stessa cosa. Non aveva nemici, sa? Lei e sua madre non andavano d'accordo, ma non al punto da arrivare a questo. Claire era una persona piuttosto privata. Niente amici intimi o altro... solo conoscenti.”
“Quando l'ha vista l'ultima volta?” domandò Mackenzie.
“Otto giorni fa. È venuta qui per sapere se avessi qualcosa da mettere nel suo magazzino. Ci abbiamo anche riso su. Non sapeva che avevo l'anello, ma sapevamo entrambi che ci saremmo sposati. Avevamo già iniziato a fare progetti. Quella sua domanda era solo un altro modo per riferirsi alla nostra futura convivenza.”
“Dopo quel giorno, quanto tempo è passato prima che cominciasse a preoccuparsi? Non mi sembra che abbia denunciato la sua scomparsa.”
“Ecco, vede, io seguo le lezioni all’università, e sto cercando di tenere la mia media di voti alta per potermi finalmente laureare. È davvero impegnativo e, oltre a quello, lavoro quarantacinque ore alla settimana. Quindi passavano anche quattro o cinque giorni senza che io e Claire ci vedessimo. Ma dopo tre giorni senza messaggi o chiamate, ho iniziato a preoccuparmi. Sono andato a casa sua, ma non mi ha aperto nessuno. Ho pensato di chiamare la polizia, però mi è sembrato stupido. Ho anche iniziato a chiedermi se avesse deciso di lasciarmi; forse l'idea del matrimonio l'aveva spaventata, o qualcosa del genere.”
“L'ultima volta che l'ha vista, le sembrava che stesse bene? Si è comportata in modo strano?”
“No, stava benissimo. Era di buon umore.”
“Per caso sa cosa voleva portare nel magazzino?”
“Probabilmente alcuni dei suoi libri di testo dell’università. Li aveva nel bagagliaio dell’auto da un po’ di tempo.”
“Sa da quanto tempo aveva in affitto quel deposito?”
“Da circa sei mesi. Ci teneva degli oggetti che si era portata qui traslocando dalla California. Come le dicevo... sapevamo che ci saremmo sposati, così invece di portare tutto direttamente nel suo appartamento, aveva lasciato un po’ di cose nel magazzino. L’aveva noleggiato proprio per questo, credo. Le dicevo sempre che non era