c’è niente che non va” Liam rispose.
Riley incrociò le braccia e non disse nulla. L’esperienza con le ragazze le aveva insegnato che era meglio attendere che gli adolescenti si aprissero da soli.
Poi, Liam sbottò: “Non ho voglia di parlarne.”
Riley ne rimase stupita. Era abituata ai cambiamenti di umore di April e Jilly, di tanto in tanto. Ma quello non era un tratto tipico di Liam, che si era sempre dimostrato disponibile e cortese. Era anche uno studente costante, e Riley apprezzava la sua influenza su April.
Riley continuò ad aspettare in silenzio.
Finalmente, l’adolescente iniziò: “Ho ricevuto una telefonata da papà oggi.”
Riley avvertì un senso di agitazione alla bocca dello stomaco.
Non poteva dimenticare quel terribile giorno, in cui si era precipitata a casa di Liam, per impedire che il padre lo picchiasse brutalmente.
Sapeva che non doveva sorprendersi di questa notizia ma non aveva idea di che cosa dire.
Liam aggiunse: “Mi ha detto di essere dispiaciuto per tutto. E anche che sente la mia mancanza.”
La preoccupazione di Riley s’intensificò. Non aveva alcuna custodia legale su Liam. Al momento, svolgeva il ruolo di genitore affidatario improvvisato, non sapeva esattamente quale sarebbe stato il suo futuro ruolo nella vita del giovane.
“Vuole che torni a casa?” Riley domandò.
Liam annuì.
Riley non poteva permettersi di porre la domanda più ovvia …
“Tu che cosa vuoi?”
Che cosa avrebbe dovuto fare, che cosa poteva fare, se Liam avesse affermato di voler tornare a casa sua?
Lei sapeva che Liam era un ragazzo gentile e indulgente. Come molte vittime di abusi, era anche incline alla profonda negazione.
Riley si sedette accanto a lui.
Gli domandò: “Sei stato felice qui?”
Liam fece un piccolo singhiozzo. Per la prima volta, Riley si rese conto che era stava per scoppiare in lacrime.
“Oh, sì” rispose. “Questo è stato… sono davvero stato … tanto felice.”
Riley sentì un nodo alla gola. Voleva dirgli che poteva restare lì per tutto il tempo che desiderava. Ma che cosa avrebbe potuto fare, se il padre avesse voluto che rientrasse a casa? Non avrebbe avuto alcun modo di impedire che accadesse.
Una lacrima scese lungo la guancia di Liam.
“È solo che … da quando la mamma se n’è andata … sono tutto ciò che mio padre ha. O almeno lo ero, finché non me ne sono andato. Ora è tutto solo. Mi ha detto che ha smesso di bere. Che non mi farà più del male.”
Riley quasi disse …
“Non credergli. Non credergli mai quando dice una cosa simile.”
Ma le sue parole furono diverse: “Liam, devi sapere che tuo padre è molto malato.”
“Lo so” Liam disse, consapevole.
“Spetta a lui ottenere l’aiuto di cui ha bisogno. Ma finché non lo fa … beh, sarà molto difficile per lui cambiare.”
Riley restò in silenzio per un istante.
Poi aggiunse: “Ricorda soltanto che non è colpa tua. Lo sai questo, vero?”
Liam deglutì un singhiozzo ed annuì.
“Sei mai tornato a trovarlo?” Riley chiese.
Liam scosse silenziosamente la testa.
Riley gli dette una pacca sulla mano.
“Voglio solo che tu mi prometta una cosa. Se andrai a trovarlo, non andarci da solo. Voglio venire con te. Me lo prometti?”
“Lo prometto” Liam disse.
Riley prese una confezione di fazzolettini, posata lì vicino, e ne diede uno a Liam, che si asciugò le lacrime e si soffiò il naso. Poi restarono entrambi seduti in silenzio per alcuni lunghi istanti.
Infine, Riley esclamò: “Hai ancora bisogno di me?”
“No. Sto BENE ora. Grazie per … beh, lo sai.”
Le sorrise debolmente.
“Un po’ per tutto” aggiunse.
“È stato un piacere” Riley disse, ricambiando quel sorriso.
A quel punto lasciò il soggiorno, entrò in sala e si sedette da sola sul divano.
Improvvisamente, un singhiozzo si fece strada dal profondo e cominciò a piangere. Rimase sorpresa di quanto fosse stata scossa dalla conversazione appena avuta con Liam.
Ma, ripensandoci, le fu abbastanza facile comprenderne la ragione.
Mi sono spinta troppo oltre rispetto alle mie possibilità, pensò.
Dopotutto, stava ancora provando ad adottare Jilly. Aveva salvato quella povera ragazza dalla sua dose di orrori. Quando Riley l’aveva trovata, Jilly era tanto disperata da essere pronta a vendere il proprio corpo.
Che cosa aveva pensato di fare portando un altro adolescente nella sua casa?
Improvvisamente desiderò che Blaine fosse ancora lì a parlare con lei.
Blaine sembrava sempre sapere che cosa dire.
La tranquillità sembrava essere finita. Si era goduta il periodo di stasi sul lavoro ma, a poco a poco, le preoccupazioni stavano cominciando ad emergere sia riguardo alla sua famiglia sia riguardo a Bill.
Faticava a considerare quei giorni una sorta di vacanza.
Riley non riusciva a fare a meno di chiedersi …
C’è qualcosa che non va in me?
Era in qualche modo semplicemente incapace di godersi una vita serena?
Ad ogni modo, era certa di una cosa.
Quel periodo di stasi non sarebbe durato. Da qualche parte, un mostro stava commettendo atti efferati, e sarebbe spettato a lei fermarlo.
CAPITOLO QUATTRO
Il mattino seguente Riley fu svegliata presto dalla vibrazione del suo cellulare.
Si lamentò ad alta voce e cercò di svegliarsi definitivamente.
La pausa è finita, pensò.
Guardò il cellulare, e si rese conto di aver fatto centro. Aveva ricevuto un sms dal suo caposquadra al BAU, Brent Meredith. Voleva che lo incontrasse, e il suo messaggio era scritto nel suo tipico stile conciso …
BAU 8:00
Vedendo l’ora, si rese conto che avrebbe dovuto sbrigarsi, per arrivare in tempo all’appuntamento. Sebbene Quantico distasse soltanto mezz’ora d’auto da casa, doveva uscire in fretta.
Le occorsero pochi minuti per lavarsi i denti, sistemare i capelli, vestirsi e precipitarsi al piano di sotto.
Gabriela stava già preparando la colazione in cucina.
“Il caffè è pronto?” Riley le chiese.
“Sí” Gabriela rispose, e le versò una tazza bollente.
Riley sorseggiò il caffè con impazienza.
“Deve andare via senza fare colazione?” Gabriela le chiese.
“Temo di sì.”
Gabriela le diede un bagel.
“Allora porti con sÈ questo. Deve mettere qualcosa nello stomaco.”