Софи Лав

Terre spettrali


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che affiorò alle labbra di Marie non appena vide il nome di Brendan sul suo cellulare. Certo, non poteva essere che lui, ma averne la conferma, per qualche motivo, la rassicurava. Era una sensazione strana… e non le piaceva.

      “Ehilà,” disse lei. “È da un po' che non ci si vede… o sente.”

      “Non tantissimo,” rispose Brendan. “Quattro giorni, giusto?”

      “Non sto a contarli.” Invece li contava, eccome. E sì, aveva ragione lui: erano quattro giorni.

      “Beh, forse dovresti,” continuò lui. “Senti, Marie, mi spiace davvero tantissimo, ma non posso venire stasera.”

      La prima sensazione provata da Marie fu il terrore, seguito da una fugace tristezza nel rendersi conto che non avrebbe visto Brendan. A prevalere, però, era decisamente il terrore. La proprietaria del bed-and-breakfast aveva messo bene in chiaro che quella sarebbe stata la sola notte in cui avrebbe aperto casa sua in quel modo. In pratica, era ora o mai più. E anche se Marie avrebbe preferito scegliere l'opzione mai più, non poteva certo rifiutare tutto quel danaro.

      “Sei sicuro che non si può rimandare?” chiese Marie.

      “No. Deve essere per forza stasera.”

      Le ribollì lo stomaco, di nervosismo, ma anche di paura, una paura mai sentita fino ad allora. Le sembrò quasi di sentire, dentro di sé, una voce che, dando di gomito al suo buon senso, osservava: Beh, ad ogni modo, mica volevamo farla davvero questa cosa, no?

      “Cosa? Aspetta un secondo. Sei stato tu a trascinarmi in questo affare. E adesso mi dici che non vieni?”

      “Lo so, lo so. Ma, vedi, c'è questo convegno in Rhode Island. Uno degli ospiti in programma si è ammalato e non può più andare. Mi hanno chiamato stamattina, chiedendomi se potessi essere lì stasera per sostituirlo. So che potrebbe sembrare un po' egoista, ma potrebbe essere un bel colpo per salvare la mia carriera.”

      La spiegazione era chiarissima. Marie sentì dentro di sé la paura espandersi come erba infestante e prendere il controllo di ogni cosa. Non credeva di aver mai sentito prima in vita sua una tale angoscia. E la cosa ironica era che forse non sarebbe stata così spaventata, se non avesse già visto ciò che Brendan poteva portare nella sua vita. E sebbene non credesse sul serio alle sue teorie né agli incontri ravvicinati con spettri e fantasmi, aveva comunque vissuto quelle cose abbastanza da vicino da sapere bene in che situazione avrebbe potuto ritrovarsi… da sola, stavolta.

      In un angolo ancora più remoto della sua mente si materializzò un'altra paura: quella di dover andare fino lì (tutta sola!) solo per dover scoprire poi che la piccola esibizione che Boo aveva sfoggiato a June Manor era stato solo un caso. E l'ultima cosa a cui Marie voleva essere associata, per non rovinare una reputazione che a Port Bliss era già logora, era il termine truffa.

      “E tu vorresti che io vada lì da sola?”

      “Marie, andrà tutto bene. Ci sarà Boo con te.”

      “Ma certo. Sarò in compagnia di un cane.”

      “Un cane dalle abilità speciali, aggiungerei.” Brendan sospirò. E in quel sospiro, molto più che in tutto ciò che aveva detto fino ad allora, Marie percepì una costernazione sincera. “Mi spiace davvero tanto, Marie. Guarda… se non te la senti, posso chiamare la signora Grace e parlarci io.”

      Dentro di sé, Marie continuava a ripetersi come un mantra: hai bisogno di soldi. E la somma che avrebbe portato a casa recandosi in quell'altro bed-and-breakfast, sempre ammesso che Boo fosse riuscito a fare ciò che gli veniva chiesto, era davvero generosa.

      “E se una volta lì vengo posseduta da un demone o qualcosa del genere?” chiese Marie. Voleva essere una battuta, ma subito le venne in mente quel film con la bambina che volava sopra il proprio letto e vomitava sul prete la sua zuppa di piselli, o qualsiasi cosa fosse. L'ironia era crudele; i meccanismi di difesa che in genere scattavano per proteggerla da questo genere di cose la stavano terrorizzando ancora di più.

      “Non scherzare, Marie. Senti, se una volta sul posto ti sembra che le cose stiano andando un po' fuori controllo, ci sono alcune cose che puoi fare. Come prima cosa… portati con te una Bibbia. Conosci a memoria qualche versetto?”

      “Uhm… non davvero.”

      “Non importa. Trova il passaggio in cui Cristo chiede ai demoni di allontanarsi e…”

      “Aspetta un momento, ma fai sul serio?”

      “Eccome. E se questa cosa della Bibbia ti sembra troppo strana, puoi sempre usare del sale. Anche i cacciatori di fantasmi del Duemila credono che rimanere all'interno di un cerchio di sale può tenerti al sicuro dagli spettri più malevoli. C'entra l'energia della terra…”

      “Brendan! E questo mi dovrebbe far stare più tranquilla?”

      “Senti, Marie. Spero che tu sappia che non ti farei mai andare da sola se pensassi che fosse pericoloso.”

      “Sì, lo so.”

      “A presto, allora?”

      Non poteva lasciarsi sfuggire l'occasione per un'ultima frecciata. “Dipende da te, mi sa.”

      Chiuse la telefonata, sorridendo. Boo si era avventurato nuovamente nella stanza e la guardava con uno sguardo d'intesa. A volte quel cane le faceva venire la pelle d'oca. Per esempio, in quel momento sembrava percepire perfettamente il disagio di Marie, come se avesse ascoltato ogni singola parola, di entrambi gli interlocutori, della conversazione appena svoltasi.

      “Che ne dici, Boo? Sei pronto?”

      In risposta, il cane scodinzolò e si avviò verso la porta d'ingresso.

      Marie guardò fuori dalla finestra e vide Benjamin impartire delle istruzioni a un altro operaio arrampicato su una vecchia betulla. I rami erano troppo vicini alla casa e bisognava sfrondarli. Li osservò, ma distrattamente. Pensava a cosa avrebbe potuto accadere quella notte e a come la sua reputazione avrebbe potuto essere intaccata se si fosse tirata indietro. Ormai c'era dentro fino al collo, anche se era Boo che avrebbe dovuto fare tutto il lavoro. Già, aveva bisogno del denaro, ma davvero il gioco valeva la candela, con tutti i guai e la paura che comportava?

      I suoi pensieri furono interrotti dal rumore di un ramo spezzato e da uno strano rumore metallico, come di qualcosa che si è appena rotto. Guardò sulla destra e vide che il primo ramo caduto dalla betulla era atterrato direttamente sul margine sinistro della veranda, distruggendo mezza grondaia.

      Sospirò, calcolando subito quanto le sarebbe venuto a costare. E così ebbe la conferma che, per quella sera, non le restava che attenersi al programma previsto.

      CAPITOLO DUE

      Marie guardò davanti a sé, oltre il parabrezza, esaminando da cima a fondo il vecchio bed-and-breakfast. Inclinò la testa, per poterlo osservare da un'altra angolatura, ma le sembrava sempre uguale. Aggrottò le sopracciglia: la cosa non aveva senso.

      “È questo il posto?” chiese Marie, guardando Boo. “È questo il bed-and-breakfast?”

      Boo era seduto nel sedile posteriore, e scrutava il luogo come se fosse un potenziale cliente.

      La casa in sé aveva un che di maestoso, ma la sua solennità era minata da una facciata sinistra. Per meglio dire, era ai limiti del decrepito e dell'inquietante. June Manor, al confronto, sembrava una scintillante reggia da cartone animato della Pixar.

      “Beh, Boo, mi sa che tra i bed-and-breakfast inquietanti spaventosi e potenzialmente infestati non siamo certo i primi in classifica.” Ridacchiò alla sua battuta, ma poi si rese conto che non c'era molto da ridere.

      Per tutta risposta, Boo sbuffò sommessamente. Sembrava condividere le sensazioni di Marie.

      “Cosa succederà se non dovesse funzionare?” chiese Marie.

      Boo guaì e con innocenza grattò la zampa contro la portiera. Era come se sapesse che quella era la loro destinazione… e che aveva del lavoro da fare.

      “Okay, andiamo. Solo… non avercela con me, d'accordo? Mi dovrò prendere io i meriti per questo lavoro. Capisci,