Applewhite, facendo entrare Zoe in un bagno rivestito in marmo bianco e dirigendosi verso un armadietto apparentemente pieno di trucchi e prodotti per la cura della pelle. Tirò fuori una bottiglietta di qualcosa che capovolse su un batuffolo di cotone, un movimento rapido ed esperto.
“Cos’ha intenzione di fare?” domandò Zoe, squadrando la bottiglia con apprensione. Tutto questo andava al di là della sua normale comprensione. Non era mai stata il genere di donna che cercava di apparire carina. I suoi capelli castani erano tenuti corti per comodità, e tutto aveva a che fare con il lavoro. Sostanzialmente. Vestiti semplici e comodi da indossare, scarpe basse per correre. Un viso pulito, perché il più delle volte doveva scattare nel giro di secondi e la pioggia avrebbe potuto farle entrare il mascara negli occhi proprio mentre stava inseguendo un sospettato. Il settore della bellezza le era estraneo, a parte qualche esperimento fatto al college che non era mai andato a buon fine.
“Piega la testa all’indietro e chiudi gli occhi,” disse la dottoressa Applewhite. Zoe le obbedì ciecamente. La dottoressa Applewhite era di ben dieci centimetri più bassa di lei, e non dovette abbassarsi molto adesso che Zoe era seduta. “Ora darò una ripulita a questi occhi da panda e li sistemerò di nuovo. Fammi indovinare: hai continuato ad aggiungere il mascara perché non riusciva rendere uniforme il trucco, vero?”
Zoe annuì, poi si immobilizzò al tocco del batuffolo di cotone, impregnato di qualcosa di umido, che veniva passato sulle sue palpebre. “Ho portato l’eyeliner,” disse. “Mi dispiace di essermi presentata così, di punto in bianco. Non sapevo a chi altri chiedere una mano.”
“Non preoccuparti,” disse la dottoressa Applewhite; la sua voce era un po’ distante, concentrata. “Ci sono sempre per te, Zoe. Lo sai. Ora passami l’eyeliner.”
Zoe rovistò nella sua borsa e glielo porse, quindi chiuse ancora una volta gli occhi. La mano ferma e sicura della dottoressa Applewhite si mosse nuovamente su entrambe le palpebre, una dopo l’altra, una leggera pressione per realizzare una linea perfetta.
“Ecco fatto,” disse la dottoressa Applewhite, sembrando compiaciuta del lavoro appena portato a termine. “Dai un’occhiata.”
Zoe aprì gli occhi, strizzando gli occhi alle luci intense del bagno per riadattarli. Si alzò e si diresse allo specchio, e rimase senza fiato.
La dottoressa Applewhite aveva usato il pennello nero in modo magistrale, disegnandole una linea sottile ed elegante che seguiva la curva delle palpebre, e poi realizzando una piccola coda ai margini. L’eyeliner esaltava l’oscurità dei suoi occhi marroni, contrastando i riflessi più chiari delle iridi. Zoe non si era mai vista così prima d’ora. Aveva un aspetto esotico. Femminile.
“Soddisfatta?” domandò la dottoressa Applewhite. “Posso fare qualcos’altro, se preferisci.”
Zoe annuì, mordendosi il labbro. “Soddisfatta,” disse.
“Deve trattarsi di una serata davvero speciale,” disse la dottoressa Applewhite, sedendosi sulla tavoletta abbassata del wc.
Zoe riprese la sua posizione sul bordo della vasca, sedendosi come un’adolescente. “Farò un’uscita a quattro con John, Shelley e suo marito,” spiegò. “Volevo impegnarmi.”
“Beh, sei davvero bellissima,” disse la dottoressa Applewhite, indicando il vestito color rosso intenso che Zoe aveva scelto. “Non ti ho mai vista indossare qualcosa del genere.”
Zoe abbassò lo sguardo. All’inizio si era sentita a disagio per il modo in cui il vestito scendeva sul décolleté, per come aderiva ai suoi fianchi e per lo spacco nel tessuto che correva lungo la parte inferiore della coscia. Si era sentita persino più a disagio a indossare quelle scarpe, sebbene il tacco fosse poco più alto di un paio di centimetri. Era tutto nuovo per lei. “Volevo mostrargli di poter essere …” Cercò la parola giusta. “Femminile.”
La dottoressa Applewhite si sporse in avanti e prese la mano di Zoe tra le sue. “Lui lo sa già. John è rimasto al tuo fianco per tutto questo tempo. Non devi cambiare per lui.”
“Lo so.” Zoe esitò, cercando di riassumere la sensazione. “È più di … Lo voglio.”
La dottoressa Applewhite sorrise, un sorriso profondo e genuino che sembrava provenire dai suoi occhi e raggiungere le labbra. “Le cose stanno diventando serie con lui.”
Non era una domanda, ma Zoe si sentì comunque in dovere di risponderle. “Forse. Stasera …” Zoe fece un respiro profondo. Era quella la cosa che la stava facendo sentire davvero ansiosa e agitata, la cosa che l’aveva spinta a impegnarsi maggiormente per avere un bell’aspetto. “Stasera voglio parlare con lui. Parlare sul serio. Del nostro futuro e della direzione che sta prendendo la nostra relazione.”
Gli occhi della dottoressa Applewhite, adornati di rughe di una vita fatta di sorrisi frequenti, stavano brillando per la commozione. Ultimamente sembrava che stesse succedendo spesso alle persone che la circondavano. Zoe si domandò se la stagione dell’influenza non stesse iniziando in anticipo. “Cosa speri che ti dica?”
Zoe abbassò lo sguardo sulle proprie unghie mangiucchiate. Aveva provato a mettere dello smalto quella mattina, ma non aveva funzionato. Alla fine, lo aveva rimosso tutto e aveva deciso di concentrarsi esclusivamente sul proprio viso. “Non lo so,” ammise. “Le cose stanno andando bene tra di noi, ma presto o tardi dovranno evolversi o interrompersi. Io sono …”
La dottoressa Applewhite la interruppe, completando la frase al posto suo. “Preoccupata?”
Zoe inclinò la testa. “Un po’.”
“E cosa mi dici dei numeri?” Domandò la dottoressa Applewhite, andando dritta al nocciolo del problema, come faceva sempre. “Lo sa?”
“No,” Zoe sospirò. Poteva contare le persone che conoscevano il suo segreto, la sua capacità di vedere i numeri dappertutto e in qualsiasi cosa, sulle dita di una sola mano. Shelley, la dottoressa Monk, la dottoressa Applewhite e il suo medico. Quelli che dovevano saperlo, e chi l’aveva scoperto da sé.
“Credi di poterglielo dire?” domandò delicatamente la dottoressa Applewhite.
Zoe voltò le mani, studiando le linee sui palmi. Sapeva che alcune persone credevano di poter leggere il destino nella lunghezza e nell’angolazione di quelle linee. Era il genere di pensiero che le avrebbe potuto creare dipendenza, se soltanto avesse creduto in qualcosa del genere. “Forse,” rispose, percorrendo la linea che sapeva collegata all’amore. “Dipende da questa sera.”
La dottoressa Applewhite si alzò improvvisamente, iniziando ad affaccendarsi. Nascose il suo viso da Zoe, concentrandosi sull’armadietto del bagno. “Spero vada bene,” disse; la sua voce era stranamente tesa. “Lo spero davvero.”
“Grazie,” disse Zoe. “Insomma, per tutto.”
Con sua grande sorpresa, la dottoressa Applewhite le girò attorno e la avvolse in un abbraccio, una stretta leggera attorno alle sue spalle. Quando la lasciò andare, Zoe vide che la sua mentore si stava tamponando gli occhi. “Non so perché stai perdendo tempo con una vecchietta come me,” disse, spingendola verso la porta. “Hai un appuntamento importante che ti aspetta. Vai, ora. Vai e divertiti.”
Intimamente, Zoe si domandò se quella serata sarebbe stata divertente. Molte cose dipendevano dal risultato della sua conversazione con John, e c’era anche la possibilità di fare una migliore impressione al marito di Shelley rispetto all’ultima volta che si erano incontrati.
Non appena uscì in strada, dirigendosi verso la sua auto, Zoe sentì una pressione sulle spalle, che si univa al nervosismo che permeava ogni fibra del suo corpo, fino a quando non le venne quasi in mente il pensiero di tornare dritta a casa.
Ma quando si sedette al volante, raddrizzò un’ultima volta le spalle e guardò fisso davanti a sé. Avrebbe partecipato a quella serata, a qualunque costo.
Era troppo importante per ripensarci adesso.
CAPITOLO DUE
Lorna si riparò gli occhi dal sole di fine Agosto, guardando il panorama dal crinale. All’orizzonte sorgevano pale eoliche, bianche