di verdi e bianchi. Colori perfetti per un’escursione in giornata.
Lorna si voltò a guardare la strada dalla quale era arrivata, gli edifici della città alle sue spalle. Era ancora abbastanza vicina da poterne distinguere alcuni: una chiesa, un centro sociale, la biblioteca accanto a un lembo di terra che era uno dei parchi. La sua casa. Aveva sempre vissuto in questa cittadina del Nebraska, ma con tutte le escursioni e tutte le comodità a portata di mano, non aveva mai pensato di trasferirsi altrove.
Rivolse nuovamente lo sguardo al sentiero davanti a sé e ricominciò a camminare. Nella sua mente, stava tracciando il percorso per il resto della giornata: sarebbe scesa lungo questo crinale e avrebbe oltrepassato quello successivo, superando la base della prima pala – che per uno strano scherzo della prospettiva era sempre più imponente del previsto – per poi proseguire. Si sarebbe fermata soltanto dopo aver raggiunto uno dei suoi punti preferiti: un lago che, a guardarlo bene, aveva quasi la forma di un cuore. Avrebbe sostato lì per un po’, dopodiché avrebbe imboccato una stradina circolare che l’avrebbe ricondotta verso la città e la sua auto, prima di fare ritorno a casa, in tempo per l’ora di cena.
Stava pensando di fermarsi al negozio di alimentari lungo la strada per acquistare qualcosa di già pronto in modo da non dover cucinare. Non era una cattiva idea. Una ricompensa per la fatica della giornata.
Fece i salti di gioia mentre percorreva l’adorato percorso, seguendo i passi di molte altre persone nonché la sua stessa ombra, proiettata davanti a sé su questa stradina che aveva battuto centinaia di volte. Era fortunata a vivere nelle vicinanze di questa serie di piste, che offrivano così tanta bellezza e varietà. Non doveva guidare per dirigersi nel mezzo del nulla come erano costrette a fare altre persone. La sicurezza di casa era sempre alle sue spalle.
Lorna respirò profondamente quell’aria fresca mentre saliva su un altro crinale, flettendo le spalle e sentendole invase dal calore del sole. Con il suo cappellino a proteggerle la testa e il viso, si stava godendo il caldo. Le sue braccia scoperte, sulle quali aveva spalmato un bel po’ di crema solare prima di partire, erano libere di essere sfiorate dalla brezza, cosa che manteneva confortevole la sua temperatura corporea. Era quasi la giornata perfetta. Nella sua mente abbozzò quel panorama, una vista del tutto familiare che avrebbe potuto ritrarre a memoria.
Abbassò lo sguardo e quasi inciampò, fermandosi poco prima di andare a sbattere contro un altro escursionista seduto sul percorso roccioso, appena al di sotto della cima della collinetta. Era un uomo, che aveva in mano uno scarpone da trekking e stava prestando assistenza alla propria caviglia.
“Oh!” esclamò, riacquistando l’equilibrio. “Dio, non l’avevo vista. Mi scusi, stavo quasi per caderle addosso!”
Lui le rivolse un accenno di risata, inclinando la testa all’indietro per guardarla da sotto il proprio cappellino. “Oh, wow, no, dispiace a me, è colpa mia. Non avrei dovuto sedermi nel bel mezzo di un punto cieco.”
“Va tutto bene?” domandò Lorna. Ora che lui aveva la testa all’indietro, riusciva a vedere quanto fosse attraente. Un aspetto classico: un naso importante, zigomi pronunciati, una mascella virile, simile a tre linee rette su una pagina. Era anche giovane, probabilmente sulla trentina. Il suo cuore accelerò. Quasi senza rendersene conto, raddrizzò la schiena, spingendo in fuori il petto e rammaricandosi di non essere un po’ più truccata.
“Oh, sì,” disse lui con disinvoltura, facendole un cenno con una mano mentre rivolgeva nuovamente l’attenzione alla propria caviglia. “Una sciocchezza, in realtà. Credo sia solo una leggera distorsione.”
“Cos’è successo?” domandò Lorna. Le sue mani si piegarono sulle cinghie dello zaino, e le lasciò scivolare sui fianchi.
Lui indicò una roccia, non lontana dalla cima del crinale. “Mi sono slogato la caviglia su quella roccia mentre scendevo dal crinale. Stavo guardando il panorama invece di fare attenzione a dove mettessi i piedi. Un errore da novellino, no?”
Lorna sorrise. “Proprio così. La regola è: fermati e ammira il panorama, poi torna a guardare il terreno su cui cammini.”
“Lo so, lo so,” disse lui, scrollando le spalle con aria impotente. “Immagino che questo mi insegni a fare attenzione quando esco in posti che non conosco.”
“Vuoi che chiami qualcuno?” domandò Lorna. Le sue mani si mossero verso le tasche, dove il suo cellulare era in attesa in caso di emergenza. “O magari che ti aiuti ad alzarti?”
“Me la caverò,” disse lui, iniziando a infilare nuovamente lo scarpone. “Devo rimettermi in cammino. Mi basterà fare due passi per stare meglio, credo.”
“Sicuro?” Lorna esitò, guardandolo con aria preoccupata. Secondo i suoi amici, aveva la tendenza a essere iperprotettiva. Non poteva farne a meno. Vedere qualcuno in difficoltà e non cercare di essere d’aiuto le metteva ansia.
“Sì, sì,” disse lui, allacciandosi la scarpa. “Sinceramente, mi sento davvero un idiota. Ma quantomeno sono stato fortunato che a trovarmi intento a pentirmi di uno stupido errore sia stata una bella donna!”
Le guance di Lorna arrossirono lievemente. L’aveva chiamata “bella donna”, ma l’avevo detto come se nulla fosse, senza neanche guardarla, mentre usava quel suo stesso sfogo per rimettersi faticosamente in piedi. Come se fosse un fatto evidente, qualcosa che non avesse bisogno di ulteriori discussioni né di scambi di sguardi, perché era scontato per entrambi.
Lorna si fece un po’ da parte per fargli spazio, allungando inconsapevolmente una mano verso di lui nel caso avesse avuto bisogno d’aiuto. L’uomo saltellò e si mosse un po’ a fatica, testando il peso sulla caviglia prima di uniformarlo su entrambi i piedi. Una postura semplice, comoda ed esperta, nonostante il dolore.
“Sicuro di stare bene?” domandò Lorna. Lo guardò con aria dubbiosa, quasi aspettandosi che lui inciampasse e cadesse nuovamente a terra.
L’uomo testò il piede ancora un po’, muovendosi gradualmente fino ad appoggiarvi la maggior parte del peso. “A quanto pare,” rispose lui, mostrandole un sorriso. “Ma non ho nessuna intenzione di rischiare. Andrò verso l’auto e tornerò a casa.”
“Lascia che ti accompagni,” si offrì immediatamente Lorna, sia perché era la cosa giusta da fare, sia perché, in segreto, desiderava trascorrere ancora un po’ di tempo con questo bellissimo sconosciuto. Forse, se fosse stato uno del posto, avrebbero potuto scambiarsi i numeri e concordare un’escursione da fare insieme, uno di questi giorni.
“Non voglio disturbarti,” disse lui, altrettanto rapidamente. “Avrai sicuramente i tuoi programmi e io mi sto mettendo in mezzo. La tua camminata è appena iniziata, no?”
Il respiro le si fermò per un istante. “Come fai a saperlo?”
Lui indicò la strada da cui era venuta. “Sei arrivata dal parcheggio alla base del sentiero. Proprio come me.”
Lei annuì, sorridendo per la sua paranoia. “Certo,” disse. “Beh, non c’è problema, figurati. Non mi sentirei a mio agio al pensiero di lasciarti tornare a piedi da solo. Mi dispiacerebbe molto se, al mio ritorno, ti vedessi seduto a terra perché non ce l’hai fatta a tornare giù.”
Le sue labbra, che avevano una perfetta forma ad arco ed erano così carnose da far venire voglia di baciarle, si incurvarono in un sorriso. “Va bene,” disse. “Non ho nessuna intenzione di farti dispiacere. Forza, andiamo.”
Si voltarono insieme e iniziarono a camminare in direzione del parcheggio. Al di sopra delle loro teste, una solitaria nuvola bianca attraversava il cielo azzurro, spinta dalla leggera brezza. “È una gran bella giornata per un’escursione,” disse Lorna.
“Certo che sì,” rise lui. “Ecco perché ho pensato che sarebbe stata un’ottima idea venire qui. Non capita spesso che il tempo sia bello durante una giornata di ferie.”
“Sono piuttosto stupita,” disse Lorna, camminando a lato della pista in modo che lui potesse occupare la parte più uniforme del terreno. “Avrei scommesso ci fossero un sacco di persone oggi. Invece è tranquillo.”
“La maggior parte delle persone è a casa,