Cesare Cantù

Margherita Pusterla: Racconto storico


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ce ne ricordano, forse perchè, così giovane fu così sfortunata: e l'uomo è tanto proclive a dimenticare i falli di chi merita la sua compassione, quanto a trovarne in chi gli desta invidia. Per altre vie però noi sappiamo che le sue pari la tacciavano di voler parere bella e buona e virtuosa: alcuni, per cui la massima delle virtù consiste nel non far male, davanle colpa del volersi frammettere nelle faccende altrui: beneficava, quindi fece degli ingrati, e questi palliarono l'ingratitudine col menarle dietro la lingua: so di chi la chiamava bacchettona: so di chi asseriva le opere sue non movessero sempre da buone e semplici intenzioni: so di molti più che la accusavano di non conoscere il viver del mondo perchè sostituiva il sentimento e la schietta sincerità alle compassate cortesie che il mondo insegna e pretende. In somma, ella aveva quante qualità bastassero per dar presa alla maldicenza, e per far beato chi la conosceva e l'avvicinava, tanto più chi la possedeva.

      Le strane idee che correvano allora sull'amore maritale, faceano che una donna potesse, anzi (se bella e di garbo) dovesse avere uno o più cavalieri, che a lei dedicassero le imprese loro, o davvero in guerra, o da giuoco ne' tornei. Anche in ciò la Margherita scostavasi dalle contemporanee, perchè non credeva che della moralità si abbia a far un affare di moda.

      Se il pensiero di Buonvicino mai non le ritornasse alla mente, se non ricorresse ella mai sulle prime fantasie di sua giovinezza, non ve lo saprei dire: ben so come un primo amore difficilmente si cancelli o non mai; so ancora che neppure la più rigida virtù può condannare un'incolpevole rimembranza.

      Ben altrimenti corse la cosa per Buonvicino.

      A torto aveva creduto spenta la sua passione: era soltanto sopita; e quando scorse la sua diletta rendere più l'un dì che l'altro felice il Pusterla, sentì ravvivarsi la fiamma antica. Per la comune amicizia frequentando la casa di questo, potè notare sviluppate nella nuova sposa le qualità, che aveva indovinate in genere nella fanciulla; nella serena e temperata giocondità che essa preparava al marito, vide maturi i frutti della apprestatale educazione. I sonni di incolpati gaudj e tranquilli, che tante volte lo avevano lusingato in quei giorni di floride immaginazioni, quando gli sorrideva la lusinga che di tanto bene potesse una volta divenir possessore, ora li scorgeva ridotti a realtà; ma per vantaggio di un altro. E quest'altro era un amico suo, alla cui contentezza aveva egli dato opera efficace: un amico che, qualvolta si trovavano insieme, sfogava con esso la piena di un cuore in giubilo, ragionandogli della sua fortuna, o coll'ardore di un nuovo sposo dipingendogli le doti, che, ogni giorno maggiori, veniva scoprendo nella sua Margherita; e lo benedicea di averlo consigliato a fissare in essa i suoi voti.

      Così da una parte alimentata dalla convinzione dei meriti di essa, dall'altra rinchiusa a più potere sicchè nulla ne trapelasse, la fiamma sua cresceva più sempre. Ben chiamava egli a soccorso la ragione:—la ragione! ottimo rimedio contro il passato e l'avvenire; ma quando il presente incalza, che vale essa mai?

      Il Pusterla frattanto, voltosi tutto ad ingrazianirsi la Corte, si era allentato nell'amore verso la sposa. Dissi male: non avea diminuito l'amore: ma, un poco alla moderna, vi combinava tutte le piccole ambizioni sociali: lo soffocava sotto un tumulto di altri pensieri, e per segnalarsi nelle cariche, nelle armi, nelle pompe, posponeva le dolcezze incomparabili della vita casalinga. Di gustar questa era egli poco capace, inclinato, come dissi, a non trovare felicità che nella tempesta del cuore e delle azioni: difetto che, dopo sbollito il primo amore verso la Margherita, lo recò persino a cercare altre gioje turbolente in amori contrastati, o nelle rinnovate vicende di effimere passioni. Eppure, lo ripeto, di nulla scemava la stima e cordialità sua verso la moglie, fenomeno che mi arresterei a spiegare se fosse più raro.

      Mesi interi egli si teneva lontano dalla città; anche quando vi stava, occupato tutto alla Corte e nei crocchi brillanti, ben poche ore gli avanzavano di rimanere a fianco della sposa. Allorchè a questa toccò il dolore di veder morto il suo dolcissimo padre, il Pusterla viaggiava col principe fuor di paese, nè accorse a consolarla, pago d'inviarle per iscritto quelle condoglianze, che sì poco ristorano quando non escono dal labbro stesso della persona diletta.

      Al contrario Buonvicino, in quella sventura si mostrò vero amico alla Margherita, o fra sè disapprovando la trascuranza in che pareva lasciarla lo sposo, raddoppiò con essa di affettuose attenzioni, piene di un nobile e disinteressato sentimento di pietà.

      Ma dalla pietà all'amore è pur breve il tragitto! No: nessuna lusinga può tanto sedurre, quanto la lagrima sull'occhio della bellezza, quanto il piacere di poterla tergere e consolare. La graziosa e muta riconoscenza onde Margherita accettava le sue cure, gli abbandoni che sono così naturali negli istanti del dolore, toccavano vivamente Buonvicino, che sentivasi beato di aver acquistato i minuti diritti dell'affezione; e la conformità di sentimenti, di opinioni, di simpatie, i lanci di magnanimità, di commiserazione, più ribadivano in lei l'amicizia, in esso la passione. Perocchè vera passione ormai lo legava alla donna, e più s'infervorò quando la vide madre, madre del più caro bambino, in cui scorgeva incarnate tutte le contentezze dipintegli in altri giorni dalla sua fantasia; quando la vide adempiere i nuovi doveri della maternità con un affetto allegro, coraggioso, scevro di orgoglio e di ostentazione.

      La Margherita, in tutti i modi di esso non ravvisava, non voleva ravvisare se non una continuazione della bontà con cui già da fanciulla egli la riguardava; altamente poi sentivasi persuasa della virtù del cavaliero, nè quindi manteneva il riserbo contegnoso e severo, a cui certamente sarebbe rifuggita, se punto si fosse accorta ch'egli tendesse a inspirarle un sentimento, che più non poteva essere se non colpevole. Ma gli occhi di un amante sono pur facili ad illudersi. Le piccole cortesie, le delicatezze d'animo gentile, le ingenue confidenze e passionate della Margherita, parvero lasciar a Buonvicino trapelare nell'avvenire della sua passione qualche speranze, speranze la cui natura egli stesso ignorava, non voleva esaminare; o che, se pure le investigava, non gli pareano che innocenti. Tradire l'amico, contaminare una donna, ch'egli ammirava ancor più di quel che l'amasse, che anzi amava appunto perchè l'ammirava, non era pensiero che gli sorgesse tampoco; nulla meglio ambiva che poterle dire come egli ardesse per lei, narrarle quanto amò, quanto patì; mostrarle come non l'avesse ingannata allorchè giovinetta gliene faceva un mistero, facile a penetrarsi, e perchè e con quanti spasimi avesse da lei divelto il cuor suo, o almeno tentato; il sommo de' suoi desiderii era poter conoscere ch'essa ne pigliava in grado l'amore, che non le dispiaceva il sapersi da lui adorata, che era contenta dedicasse a lei le cortesie cittadine, e le imprese cavalleresche, in cui più sempre egli si sarebbe segnalato.

      Così a lui pareva, e così era fors'anche: sebbene questa sia la larva, sotto cui comunemente la passione si travisa per iscusare il primo passo,—quel primo passo, che poi ad un altro e ad un altro ne porta, di un modo che sembra inevitabile necessità.

      Vero è che Buonvicino, nei momenti in cui la ragione prevaleva, accorgendosi di queste illusioni, aveva sperimentato varie guise per distogliere l'animo dal riprovevole sentimento. Viaggiò alcun tempo, ma presto ritornò, persuaso che la lontananza fa come il vento, spegne le fiammelle, avviva gli incendj. Cercò distrazioni nel mondo, nei divertimenti; ma come gli parea muta, scolorata ogni allegria, non divisa con lei! come, al confronto della vanità, dell'egoismo, della sozzura sociale, più soave e cara gli tornava l'immagine della Margherita! Pregò anche, ma ella ponevasi inevitabile fra lui e Dio, come la più bella creatura di questo. Tutto insomma tentò, eccetto quello che pur sentiva unico rimedio: la fuga assoluta.

      Tra la forza dunque dell'amore e la persuasione dell'innocenza di esso, Buonvicino deliberò scoprirsi alla bella. Ma con parole, ma di presenza, invano l'avrebbe tentato. Egli, che sempre aveva taciuto con lei allorquando tale affetto era incolpabile, allorquando presumeva che verrebbe aggradito, come indursi ad aprirglielo ora, quando aveva ragione di tremare sul modo onde verrebbe accolto? Ricorse pertanto a quei mezzani partiti, che sono il ripiego di chi non osa afferrarne uno, e stabilì rivelarglielo per lettera. La meditò lungo tempo, la scrisse, la cancellò, tornò a scriverla, a cancellarla ancora: s'accingeva, poi a mezzo pentito, gettava la cannuccia; ricominciava, ripentivasi; nessuna frase era abbastanza calzante:—mai verun brano di pergamena non fu siffattamente tormentato.

      Alla fine gli venne compita: e tra che l'amicizia ond'era avvinto alla famiglia, rimoveva ogni sospetto: tra che il Pusterla, tutto degli affari e degli spassi, consumava fuori il più della giornata,