e mi godrò un po' di sole prima che tramonti,” annunciò lo zio Frank, alzandosi dalla scrivania.
Trinity fece una smorfia, chiedendosi se in realtà l'uomo non se ne stesse andando per lasciarla da sola, così che potesse occuparsi del problema in pace.
Zia Sylvia seguì il marito fuori dalla porta, mentre Trinity continuava a fissare lo schermo. La connessione a internet sembrava stabile, così decise di cercare una possibile soluzione su un motore di ricerca. Valeva la pena provare.
La nuova schermata di ricerca si aprì davanti ai suoi occhi, invitandola a indagare sul mondo intero. Trinity tamburellò con le dita sulla scrivania, pensierosa. Era strano usare il portatile nello studio di suo zio invece che sul minuscolo tavolo da pranzo in Nebraska. Chissà quando sarebbe tornata laggiù.
Mentre la sua mente vagava, un pensiero la colpì all'improvviso. Non aveva visto il necrologio di Kevin sul giornale locale prima di partire e aveva sentito che il funerale si era svolto senza di lei. Ciò non significava che Trinity si fosse dimenticata di lui. Tutt'altro: non avendo prove materiali della sua morte, non riusciva ancora a credere che fosse realmente accaduto. Sembrava surreale.
Premette alcuni tasti e lo schermo si aprì su un'altra finestra. La notizia della morte di Kevin, e del seguente funerale, era stata pubblicata, ma non sul giornale locale. Era stata inserita in uno dei grandi quotidiani cittadini, insieme a un biglietto in cui si chiedeva la presenza solo dei familiari.
Trinity ribolliva. La famiglia di Kevin non voleva i suoi amici lì. Lacrime calde e piene di rabbia iniziarono a offuscarle la vista mentre leggeva l'avviso. 'Amato figlio di Oliver e Patricia Pulver' recitava. 'Fratello di Bernice e Timothy'. Sbatté le palpebre per leggere la riga seguente. 'Fidanzato di Poppy Witherington'.
“Cosa?!” gridò, incredula. La bile le risalì lungo la gola e Trinity iniziò a tremare. Lesse la riga più e più volte, senza riuscire a credere ai propri occhi. Non aveva senso… oppure sì?
* * * *
“Hai finito?”
Jarrod si voltò nel sentire la voce di Cordell. “Più o meno,” rispose con un sorriso, chiudendo il box di uno dei purosangue. “Perché me lo chiedi? Hai dei programmi per stasera?”
“Mi è venuta voglia di andare a bere qualcosa più tardi.” Cordell fece un passo indietro per permettere a Jarrod di aprire la porta della stalla.
“Oh, sembra un buon programma.” Jarrod ridacchiò mentre lo raggiungeva fuori. Si voltò per chiudere la porta e in quel momento squillò il cellulare di Cordell.
“È Sylvia.”
Jarrod si accigliò.
Il viso abbronzato di Cordell si oscurò mentre ascoltava quello che la donna aveva da dirgli. “Arriviamo subito. Chiama i paramedici.”
Jarrod prese le chiavi del pick-up dalla tasca e iniziò a correre verso di esso, seguito a ruota dall'amico. Erano già seduti e lui stava accendendo il motore quando Cordell gli spiegò cosa stava accadendo.
“Si tratta di Frank. Sembra che Trinity abbia scoperto qualcosa. Quando glielo ha detto, l'uomo ha avuto una specie di attacco. Sylvia sta chiamando il 911.”
“Cazzo! Come se quella famiglia avesse bisogno di altre preoccupazioni!.” Lo stomaco di Jarrod si strinse mentre percorrevano la strada.
Cordell guardò fuori dal finestrino, serrando la mascella. “Sylvia è davvero preoccupata, soprattutto dopo l'ultima volta.”
Jarrod si chinò e gli diede una pacca sulla spalla. La sua mente era in subbuglio, ma riusciva a vedere che Cordell era preoccupato per entrambi. “I paramedici sono arrivati in fretta.” Fermò il pick-up di fianco all'ambulanza.
La porta d'ingresso era aperta, quindi entrarono subito.
“Grazie al cielo siete qui.” Sylvia si precipitò verso di loro quando la raggiunsero nello studio. “I paramedici si stanno occupando di lui.”
Cordell le mise un braccio intorno alle spalle e la guidò verso la cucina. Trinity stava già versando i caffè.
“Cos'è successo?” Jarrod prese una delle tazze e la porse a Sylvia.
La donna si sedette pesantemente su una sedia mentre Cordell continuava a tenerla stretta a sé. Il suo viso era pallido come uno straccio e stava tremando. “Abbiamo sentito Trinity gridare qualcosa e ci siamo precipitati nello studio per vedere quale fosse il problema. Frank si è fermato di colpo. Ha detto che si trattava del suo braccio.”
“Il sinistro?” domandò Cordell.
Sylvia lo fissò e annuì.
“Pensi che si tratti di nuovo del suo cuore?” chiese Jarrod.
“Il suo cuore?” La voce di Trinity era brusca e preoccupata al tempo stesso mentre si voltava per guardarlo.
“Sì. Quando hai avuto un attacco di cuore, è abbastanza facile che succeda di…”
“Vediamo cosa dicono i paramedici,” lo interruppe Cordell.
Il cuore di Jarrod si strinse mentre si ricordava, troppo tardi, che a Trinity non era stato detto niente dei problemi di salute di suo zio. Dannazione!
Trinity impallidì e serrò la mascella.
“Era un po' a corto di fiato, ma ci siamo precipitati a vedere quale fosse il problema,” disse Sylvia, la voce e il viso intrisi di preoccupazione. “Avrei dovuto capirlo…” Scosse la testa.
“La colpa è mia. Non avrei dovuto gridare in quel modo. Vi ho fatti preoccupare,” borbottò Trinity.
“Scusami. Avrei dovuto pensare prima di aprire bocca.” Jarrod sospirò, scrutando il viso di Trinity. “Vado a vedere se ci sono novità.” Si alzò, ansioso di uscire da lì.
“No, penso che dovrei andare io,” rispose Trinity acidamente, alzandosi in piedi.
Jarrod si voltò verso di lei, sorpreso.
“Forse sarebbe meglio che andasse Jarrod, tesoro,” suggerì Sylvia. “Conosce tutti i dettagli.”
L'uomo osservò le spalle di Trinity irrigidirsi e capì che era arrabbiata per non essere stata informata delle condizioni di salute di suo zio. Fece una smorfia. Era stata una decisione di Frank e Sylvia, e lui aveva rispettato la loro scelta anche se fin da subito non era stato del tutto d'accordo.
Trinity si sedette di nuovo e Jarrod fece un cenno a Sylvia, prima di dirigersi verso lo studio. Frank era seduto sul pavimento e respirava pesantemente attraverso una maschera per l'ossigeno.
“Stavamo venendo a parlare con voi,” gli disse un medico dai capelli rossi con un sorriso. “Non c'è niente di cui preoccuparsi. Sta bene.”
Jarrod tirò un sospiro di sollievo. “Si tratta di nuovo del suo cuore?”
Il medico guardò Jarrod. “No. Il suo cuore sta bene. Gli abbiamo fatto un controllo approfondito e non c'è niente che non vada.”
Jarrod si accigliò. Frank aveva un aspetto migliore di quanto si aspettasse, e aveva anche un bel colorito, sicuramente migliore di quello che aveva sua moglie, in effetti.
“Sylvia ha detto che era senza fiato e che gli faceva male il braccio.”
L'altro paramedico, che stava riponendo l'attrezzatura, si voltò nella sua direzione. “Era seduto in giardino e si è alzato in fretta per correre nello studio. Aveva paura che fosse successo qualcosa e ha avuto un lieve attacco di panico. Questa è l'unica ragione per cui gli abbiamo messo la maschera dell'ossigeno: per calmarlo un po'. Il braccio gli faceva male perché ha cercato di usarlo.” Puntò un dito accusatorio contro Frank, che lo guardava con aria colpevole. “È stato ingessato per un motivo.”
Jarrod voltò lo sguardo verso la scrivania e vide una pila di libri che non c'era l'ultima volta che lui e Cordell erano stati lì.