Giuliano Bernini

Scritti scelti


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in stretta collaborazione con Francesca Dovetto, allora rappresentante per l’Area 10 al Consiglio Universitario Nazionale), revisione che dura tutt’ora e che vede impegnatissimo Giuliano assieme ai Presidenti delle Società scientifiche dell’area linguistico-glottologica; la terza circostanza è stata ed è tutt’ora l’interesse per il riconoscimento e la promozione istituzionale della LIS, lo strumento linguistico della comunità italiana dei sordi. In tutti questi momenti Giuliano Bernini è stato un punto di riferimento straordinario per puntualità, rapidità esecutiva (un tratto cruciale quando si ha a che fare con i Ministeri) e, ovviamente, per competenze tecniche.

      Va detto che l’ampia e variegata esperienza scientifica di Giuliano, comprovata dalla partecipazione e dal coordinamento di decine di progetti scientifici nazionali ed europei, un’esperienza che spazia dalla glottodidattica alla sociolinguistica, alla linguistica storica, alla linguistica germanica, all’apprendimento dell’italiano L2 fino alla tipologia areale, lo rende in modo naturale un punto di raccordo al momento di trattare di tematiche interdisciplinari e transdisciplinari. Questa riconosciuta posizione di riferimento fra le tante aree delle discipline linguistiche gli ha consentito di recente di ottenere un importantissimo e ambìto riconoscimento, quello di rappresentante per l’Italia nel Comité International Permanent des Linguistes (CIPL) su indicazione congiunta della Società Italiana di Glottologia, della Società di Linguistica Italiana e dell’Accademia della Crusca.

      Ho appena ricordato in modo cursorio il profilo scientifico di Giuliano Bernini. Difficilissimo sintetizzarlo in poche battute. Volendo inevitabilmente semplificare si può affermare che la formazione di Giuliano, al netto delle importanti esperienze di ricerca svolte all’estero, si sia sviluppata all’interno di una costellazione formata da tre rilevanti sedi universitarie (Milano statale, Bergamo e Pavia), ciascuna corrispondente a singole personalità che hanno influito su di lui e a precisi àmbiti tematici della sua produzione scientifica.

      A Milano Giuliano si laureò in Glottologia con colui che da non molti anni aveva raccolto l’eredità imponente di Vittore Pisani e cioè Enzo Evangelisti. La sua tesi, discussa alla metà degli anni Settanta, verteva sui nomi delle parti del corpo in gotico e presagiva quelle ampie e variegate competenze nel settore delle lingue germaniche che da sempre hanno costituito uno dei corpora maggiormente battuti con invidiabile competenza da Bernini, in lavori sia di linguistica tedesca sia di tipologia areale. Ma non va dimenticato che questa primissima esperienza glottologica (ossia nell’àmbito della linguistica storica classica) ha fatto sì che negli anni a venire Giuliano non abbia mai perso il contatto con le tematiche del mutamento linguistico, tematiche che affiorano spesso nei lavori tipologici e in quelli dedicati all’apprendimento delle lingue seconde.

      Per Bernini (ci tornerò più avanti) la diacronia è uno dei banchi di prova più importanti per sondare la tenuta concreta delle categorie tipologiche. Così una delle sue primissime incursioni nella tematica a cui ha dedicato la maggior parte dei suoi saggi tipologici, quella della struttura sintattica della negazione, riguardò i sintagmi negativizzanti nelle lingue indo-europee e la postulazione di una loro collocazione nella proto-lingua (Bernini 1987d). Pochi anni dopo tornava su un possibile drift diacronico che avrebbe condotto l’elemento negativizzante, lungo un asse di progressiva marcatezza, dalla posizione preverbale a quella post-verbale nelle lingue indo-europee (Bernini 1990a). Ma considerazioni utilissime per decifrare i meccanismi del cambiamento – spesso, come è giusto, connessi con le variabili del contatto e dell’apprendimento spontaneo secondo un modello di interpretazione sociolinguistica che risale almeno a Thomason/Kaufman 1988 – sono presenti in molti suoi lavori.

      Dicevamo dei maestri e delle sedi. L’esperienza presso l’Istituto Universitario (poi Università) di Bergamo significò innanzitutto il contatto e la collaborazione con Monica Berretta verso la quale Giuliano ha sempre riconosciuto un debito di affetto oltre che di scienza (Bernini 2002). Il rapporto di colleganza e di cooperazione tra i due fu sempre strettissimo. La Berretta aveva assunto già negli anni Settanta, fra le primissime in Italia, un incarico di “Didattica delle lingue moderne” e, assieme ad Anna Giacalone Ramat, ha costituito per Bernini un punto di riferimento costante per le ricerche sull’apprendimento delle lingue seconde, sia in contesti guidati sia, molto più estesamente, in contesti spontanei. Ma lo ha anche stimolato a occuparsi precocemente di pragmatica linguistica, un fattore per lui fondamentale nella spiegazione, ad esempio, della genesi delle categorie e delle forme sia in situazioni di contatto che di mutamento.

      Questo segmento scientifico è sicuramente quello al quale Bernini ha dedicato la maggior parte delle sue ricerche e sul quale ha esercitato più a lungo le sue riflessioni, anche teoriche. Inizialmente Giuliano era guidato dall’intento dichiarato di una scansione analitica e coerente delle strategie acquisizionali dell’italiano L2, mediante la focalizzazione su pressoché tutte le componenti della lingua-target. L’avvio nella seconda metà degli anni Ottanta del cosiddetto “Progetto di Pavia” coordinato da Anna Giacalone Ramat (Bernini 1994b) con il preciso intento di arare un “terreno inesplorato” (Giacalone Ramat 2003:13) all’interno di una fitta rete interuniversitaria e con un paradigma omogeneamente funzionalista, ha ulteriormente indotto Bernini a occuparsi in maniera sistematica dell’inventario fonologico (Bernini 1988) e delle strutture morfosintattiche, specie di quelle che rientrano nell’àmbito del sintagma verbale: le preposizioni (Bernini 1987e), gli avverbî (Bernini 2008c, Bernini 2008d, Bernini 2010a, Bernini 2012b), il sistema verbale nel suo complesso (Bernini 1989 e Bernini 2003a), l’imperfetto (Bernini 1990b), i verbi modali (Bernini 1995), i sintagmi verbali con copula (Bernini 2003b), i verbi pronominali (Bernini 2005a), i verbi di moto (Bernini 2006b, Bernini 2006c, Bernini 2006d e Bernini 2008a e Bernini 2008b). La maturazione di una visione d’insieme sui problemi tipologici delle strutture della negazione finì con l’interferire con questo ricco filone di studî: di qui i saggi Bernini 1996a, Bernini 1998c, Bernini 2000 e, soprattutto, la visione d’insieme offerta in Bernini 1999 e Bernini 2005b.

      Dopo questa fitta serie di ricerche di dettaglio, Giuliano ha prodotto alcune sintesi importanti della sua visione complessiva dei processi di apprendimento. Il lavoro La seconda volta. La (ri)costituzione di categorie linguistiche nell’acquisizione di L2 apparso negli Atti del Convegno annuale della S.I.G. del 2003 (Bernini 2004) chiarisce la catena implicazionale che Bernini individua nella regolare scansione dei percorsi dell’apprendimento spontaneo. La genesi delle categorie altro non è che il banco di prova della “costituzione interna della categoria verbo e la configurazione dei rapporti che ne legano tratti e valori” (Bernini 2004:122). In sostanza la complessificazione delle varietà di apprendimento, basiche e post-basiche, è un test cruciale per la definizione e la consistenza delle categorie tipologiche e delle loro rispettive gerarchie di marcatezza nell’ouput degli apprendenti. Qui Giuliano riunisce le sue due principali esperienze di ricerca in una robusta sintesi esplicativa che mira alla classificazione rigorosa delle categorie funzionali del verbo in una prospettiva tendenzialmente universalista mediante la rilevazione di un crescendo di “mise en grammaire”. Un simile percorso muove dai tratti prototipici del verbo per giungere a quelli periferici allontanandosi progressivamente dal dominio della pragmatica discorsiva fondata sulla struttura elementare topic/comment. Posizioni simili emergono anche nella sintesi per l’Enciclopedia dell’italiano curata da Raffaele Simone (Bernini 2010c) nonché in Bernini 2017.

      Giuliano è anche un eccellente dialettologo. Dopo le prove giovanili di descrizione della fonologia e della morfologia delle varietà bergamasche (Bernini 1987a, Bernini 1987b, Bernini 1987c), ha voluto contaminare – per così dire – queste sue cognizioni con la sensibilità per i fenomeni acquisizionali e per le descrizioni di tipologia areale. La base teorica di questa “contaminazione” si ritrova in un saggio molto rilevante ossia Bernini 2006d che abbiamo già citato. Ivi il ragionamento muove da una distinzione tipologica, introdotta da Leonard Talmy, circa le strategie di lessicalizzazione dei componenti della struttura concettuale nella localizzazione spaziale nei verbi di movimento. Si distinguono lingue che lessicalizzano queste componenti nel lessema verbale (Verb-Framed) e lingue che invece lo lessicalizzano nelle particelle (affissi, avverbî, ecc.) (Satellite-Framed). L’italiano appartiene al primo tipo (es. uscire), il tedesco (come in genere molte lingue a forte componente sintetica in àmbito indo-europeo) al secondo