un esame dedicato all’acquisizione del tipo V-Framed rappresentato dall’italiano a opera di apprendenti principianti (studenti che sono in Italia da quattro-dodici mesi) con L1 una lingua S-Framed (tedesco, neerlandese) o una lingua che oscilla tra i due (inglese) si riscontra come effettivamente la L1 incida nell’uso della L2. Per tutti i parlanti una delle strategie più usate è quella di impiegare un verbo italiano già caratterizzato nei valori spaziali, accompagnato da una preposizione locativa che regge un sintagma nominale (sale […] sulla testa; è uscito dal buco); accanto a questa, i parlanti inglesi tendono però anche a impiegare una codificazione nel verbo (es. ma ritornata con una delle altri piccoli), quelli olandesi o tedeschi usano spesso un verbo di movimento generico con un sintagma preposizionale (es. va al lago).
Il tema di questa distinzione tipologica, oltre che in prospettiva sempre acquisizionale in Bernini 2006b e Bernini 2006c, viene ripreso in due studi dialettologici dedicati a varietà settentrionali, tra cui il bergamasco (Bernini 2008b e Bernini 2012a), ed è sviluppato soprattutto in Bernini 2021, in cui si esaminano espressioni di questo tipo nei dialetti tedeschi, ladini (romancio e ladino dolomitico) e italiani, in contatto tra loro lungo l’arco alpino. In quest’ultimo lavoro, basato su un amplissimo spettro geolinguistico tratto dall’AIS (i dialetti italiani settentrionali, toscani e gran parte di quelli di Umbria e Marche; le varietà della Svizzera romanza, il ladino, il friulano e le varietà gallo-romanze occidentali come l’occitano, il provenzale, il franco-provenzale), si rileva come esista una evidente concentrazione delle espressioni sintagmatiche del tipo “cadere giù”, “andare giù”, “togliere via” proprio nei dialetti lombardi (compresi i ticinesi) e quelli romanci. Non solo. Si rileva che il tipo sintagmatico è più diffuso (a) nelle varietà montane rispetto a quello di fondovalle e di pianura, (b) nelle Alpi centrali e orientali, in cui le varietà romanze sono a contatto con i dialetti tedeschi, rispetto a quelle occidentali, in cui le varietà italiane sono a contatto con dialetti gallo-romanzi.
Viene registrato il fatto – ben noto alle descrizioni etno-linguistiche da Cardona in poi (Cardona 1985:21-42) – che nelle varietà montane è molto diffusa la deissi spaziale orientata secondo lo scorrere dei corsi d’acqua, incentrata sui villaggi, con i deittici del tipo “su”, “giù”, “sopra”, “sotto”, ecc. Ciò può spiegare in parte la diffusione dei verbi sintagmatici del tipo “andare su”, “andare sopra” ecc. Ma la spiegazione fondamentale che si fornisce è di tipo areale: lo sviluppo di queste codificazioni lessicali sarebbe dovuto all’influsso dei dialettici alemannici delle Alpi centrali (quindi sui dialetti romanci e lombardi della Svizzera) e di quelli bavaresi delle Alpi orientali (Alto Adige, Carnia, ecc.). Un influsso del genere dovuto a un’intensa fase di bilinguismo romanzo-germanico a partire dall’XI secolo fu sostenuto anche da Belardi (vedi Belardi 1994:61 e, più diffusamente, Belardi 1991:274-283 ove viene postulata un’origine relativamente tarda di questi fenomeni sintagmatici). Dalle varietà romanze più in contatto con quelle tedesche, il tipo si sarebbe poi diffuso verso il fondovalle, fino alla Pianura Padana. L’influsso tedesco avrebbe rafforzato una tendenza all’uso dei deittici spaziali già presente nelle varietà romanze di montagna. Una sorta di ipotesi dai tratti vagamente “anti-ascoliani”, se si tiene presente la famosa teoria del regresso dell’area ladina arcaica rispetto a quella veneta sostenuta nei Saggi ladini di Ascoli nel 1873, regresso che vide le zone montane come ultima roccaforte dell’onda di avanzamento italo-romanza.
All’interno di questo ricchissimo filone di lavori acquisizionali emerge più di recente un gruppo di studî di Bernini generato da un’esperienza coordinata di insegnamento elementare di una lingua straniera, il polacco. Una buona sintesi è in Bernini 2018a. Si tratta di lavori eminentemente fonologici (una sorta di ritorno ai primissimi interessi di Giuliano) all’interno dell’interessante progetto internazionale VILLA – Varieties of Initial Learners in Language Acquisition, progetto che prevede un corso rivolto a giovani adulti (studenti universitari di facoltà non umanistiche, molto breve, 14 ore complessive in dieci giorni, accompagnate da test quotidiani, svolte dalla medesima insegnante, con un input controllato, replicato in modo stabile ovunque, comprendente circa 1000 lessemi. Alla fine del corso, è stato registrato il parlato degli apprendenti in diverse modalità (spontaneo, guidato, narrativo). Il progetto si è svolto, oltre che in Italia nelle Università di Bergamo e Pavia, in Francia, nel Regno Unito, nei Paesi Bassi e in Germania, dove il corso ha avuto anche una versione per bambini, per controllare la variabile dell’età.
Tutti i lavori di Bernini in questo specifico àmbito (Bernini 2015, Bernini 2016b, Bernini 2016c, Bernini 2018a, Bernini 2018b, Bernini 2019) si basano sull’analisi del parlato registrato nei test finali, e hanno come obiettivo quello di osservare le realizzazioni fonetiche degli apprendenti confrontandole con quelle della lingua modello. la questione di fondo è “se sia possibile ritrovare caratteristiche specifiche della componente fonetica negli stadi iniziali di una L2” (Bernini 2019:33) paragonabili a quelle morfo-sintattiche attribuibili alla Basic Variety. Nuovamente affiora l’approccio universalistico di Bernini in questo settore. Vengono rilevate tendenze verso la semplificazione della fonologia della lingua-target non attribuibili meramente all’interferenza del sistema di L1, ma a una sua strutturazione autonoma, e una capacità di manipolare la fonologia della fine di parola in cui hanno influsso fattori morfologici (la desinenza dello strumentale nei nomi, o la terza persona plurale del verbo).
Così, ad esempio, molti parlanti realizzano alcuni lessemi con la sonora finale di parola, mentre in polacco non si hanno sonore finali, le quali, dunque, non possono esser state fornite dall’input. Almeno per alcuni casi ciò può essere spiegato mediante la capacità di manipolazione da parte del parlante; è realizzata sonora la consonante finale di un lessema che è confrontato con forme corradicali in cui però la consonante non è in posizione finale: p. es. in parlanti francesi si ha la sonora finale nella forma /ˈstraʂ/ straż “guardia”, che compare nel loro parlato accanto a /ˈstraʐak/ strażak e /straˈʐakʲɛm/ strażakiem “pompiere”, rispettivamente al nominativo e allo strumentale singolare (Bernini 2019:47). Il fenomeno che maggiormente caratterizza questa varietà di apprendimento molto precoce, che quindi non ha ancora raggiunto il livello della Basic Variety è la grande dispersione delle realizzazioni fonetiche riscontrabile, per uno stesso lessema, tra i vari parlanti e anche nello stesso parlante. Per esempio uno di loro, un parlante italiano, rende il modello del polacco /ˈstraʐak/ strażak ‘pompiere’, con le realizzazioni fonetiche [ˈstraʒak], [ˈtraʒak], [ˈs:traʒa], /ˈpɔʐar/ pożar ‘incendio’, con [ˈpɔʒar] e [poˈʒaːr] (Bernini 2016b: 142-43).
A questo punto Bernini formula un’ipotesi generale circa lo sviluppo della fonologia dell’interlingua di apprendimento: un parallelismo tra lo sviluppo dei livelli di analisi biplanari e quello dell’espressione linguistica:
lessico > morfologia e sintassi > pragmatica
fonetica > fonologia e prosodia > prosodia
Nella varietà pre-basica si ha un tentativo dei parlanti di imitare l’input della lingua modello con notevole dispersione dei risultati; nella varietà basica invece i parlanti tendono a imitare la “norma”, dell’insegnante, cioè come mera ripetizione degli stimoli ascoltati, secondo quella caratterizzazione fatta da Coseriu della “norma” come “ripetizione dei modelli anteriori”, astraendo dalle particolarità delle singole realizzazioni. A un simile livello strutturale esistono fortissime semplificazioni della struttura fonologica della L2, fenomeni di interferenza classici, descritti dalla linguistica del contatto, con la L1, e fenomeni di strutturazione autonoma della varietà di apprendimento. Nelle varietà post-basiche invece si ha una strutturazione delle forme fonologiche mediante una serie di ipotesi proiettate dall’apprendente sulla base degli input ricevuti. Qui le singole forme si stabilizzano e viene superata la dispersione. Ancora una volta, dunque, l’obiettivo è quello di cogliere in vitro lo stato nascente di quelle forme linguistiche che caratterizzano il livello strutturale della lingua, le forme, cioè, che interessano la considerazione tipologica.
Il contatto con la sede di Pavia e con la scuola di Anna e Paolo Ramat, che con grande generosità inserirono immediatamente