Emilio Salgari

La regina dei Caraibi


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artiglierie!… Viva la filibusteria!»

      «Mio signore, non animatevi così, – gli diceva Yara, tentando, ma invano, di farlo sedere. – Pensate che siete ferito.

      Incoraggiava i suoi valorosi marinai, additava loro i pericoli ed ammoniva ora gli uni ed ora gli altri come si trovasse anche lui sul ponte della nave e come se potessero udire la sua voce. Si era perfino dimenticato di Carmaux, di Wan Stiller e del negro che battagliavano ferocemente contro gli spagnuoli del corridoio.

      Ad un tratto un grido terribile gli sfuggì.

      «Maledizione!»

      Tre scialuppe, non ostante le tremende scariche dei filibustieri, erano giunte sotto la nave, mettendosi al riparo dalle artiglierie, mentre dietro la lunga penisola che si estendeva dinanzi alla baia erano improvvisamente comparse le altissime alberature di due navi.

      «Signore!» gridò Yara che aveva pure scorto quei legni. «La vostra Folgore sta per venire presa fra due fuochi!»

      Il Corsaro stava per rispondere, quando si videro irrompere nella stanza Carmaux, Moko e l’amburghese. Erano ansanti, trafelati e lordi di polvere da sparo. L’ultimo aveva anche il volto insanguinato, aveva ricevuto una puntata in mezzo alla fronte.

      «Capitano!» gridò Carmaux, mentre Moko ritirava precipitosamente la scala e l’amburghese lasciava cadere la botola. «La barricata non tiene più!…»

      «Sono già entrati gli spagnuoli?» chiese il Corsaro.

      «Fra qualche minuto saranno sotto di noi.

      «Morte dell’inferno! E la Folgore sta per venire presa fra due fuochi!

      «Cosa dite, signore?» chiese l’amburghese, con spavento.

      «Guardate!»

      I due filibustieri e Moko s’erano precipitati verso la finestra.

      Le due navi, poco prima segnalate dal Corsaro, erano comparse dinanzi alla baia chiudendo completamente il passo alla Folgore.

      Non erano due semplici velieri, bensì due navi d’alto bordo, poderosamente armate e montate da numerosissimi equipaggi, due vere navi di combattimento insomma, capaci di misurarsi vantaggiosamente contro una piccola squadra.

      I filibustieri della Folgore, guidati da Morgan, non si erano però perduti d’animo, nè si erano lasciati sorprendere. Con una celerità prodigiosa avevano issate le àncore e spiegato il trinchetto, la maestra e la gabbia nonchè alcuni fiocchi, mettendosi subito al vento.

      Il Corsaro Nero ed i suoi compagni avevano dapprima creduto che Morgan avesse presa l’eroica risoluzione di scagliare la Folgore contro le due navi prima che si disponessero pel combattimento e tentare, con un attacco fulmineo, di guadagnare l’alto mare per sottrarsi all’impari lotta, ma s’erano subito accorti che tale non era l’intenzione dell’astuto luogotenente.

      La Folgore, approfittando d’un colpo di vento, si era dapprima sottratta abilmente all’abbordaggio delle prime scialuppe che l’avevano di già raggiunta, poi con una bordata erasi spinta entro il piccolo porto, riparandosi dietro un isolotto che s’inalzava fra la costa e la penisola, formando una specie di diga.

      «Ah! Bravo Morgan!» esclamò il signor di Ventimiglia, che aveva ormai capita l’ardita manovra della Folgore. «Egli salva la mia nave!»

      «I due vascelli andranno però a scovarlo anche dietro l’isolotto,» disse Carmaux.

      «T’inganni, amico,» rispose il signor di Ventimiglia. «Non vi è acqua sufficiente per navi di quella portata.»

      «Più tardi impediranno l’uscita a noi, signore.»

      «Questo lo si vedrà, Carmaux.»

      Poi si chinò verso terra e parve che ascoltasse con profonda attenzione.

      «Mi pare che gli spagnuoli abbiano già sfondata la barricata e che siano entrati.

      «Bisogna impedire loro di entrare qui prima d’aver fatto il segnale,» disse il Corsaro. «È già mezzogiorno.»

      «Per otto o nove ore possiamo tenerli lontani, – rispose Carmaux. – Animo, amici! Barrichiamo la botola e apriamo qualche buco per passare le canne dei nostri archibugi.

      Mentre Carmaux ed i suoi compagni facevano i loro preparativi di difesa, le due navi d’alto bordo avevano gettato le àncore proprio dinanzi alla baia, tenendosi ad una distanza di duecento metri l’una dall’altra e presentando i tribordi verso la costa, onde scaricare delle intere bordate contro la Folgore, nel caso che questa avesse cercato di forzare il blocco.

      Morgan però non aveva alcuna intenzione di dare battaglia a quei grossi avversari. Quantunque avesse sotto di sè un equipaggio incanutito fra il fumo delle artiglierie e deciso a tutto, non si sentiva tanto forte da gettarsi sotto ai quaranta e più cannoni delle fregate, tanto più che il capitano era ancora a terra.

      Respinte, con alcune scariche bene aggiustate, le scialuppe che avevano tentato di abbordare la Folgore e ridotto al silenzio i pochi cannoni del fortino, aveva fatto calare le àncore dietro all’isolotto, tenendo però le vele basse sciolte, onde poter approfittare di qualsiasi avvenimento per forzare il passaggio o per assalire l’una o l’altra delle due fregate, se si fosse presentata l’occasione propizia.

      Le due navi nemiche, dopo alcune cannonate inefficaci, avevano messe in acqua alcune imbarcazioni le quali si erano dirette verso il fortino. Probabilmente i loro comandanti andavano ad accordarsi colla guarnigione per un nuovo attacco contro la Folgore.

      «La faccenda comincia a diventare seria,» mormorò il Corsaro, che le aveva seguite cogli sguardi. «Se riesco a liberarmi di questi soldati che ci tengono prigionieri, preparerò alle due fregate una ben brutta sorpresa. Vedo una grossa barca ancorata presso l’isolotto. Quella servirà magnificamente ai miei progetti. Yara, fanciulla mia, aiutami a tornare a letto.»

      «Siete stanco, mio signore?» chiese premurosamente la giovane indiana.

      «Sì,» rispose il Corsaro. «Più che le ferite, l’emozione mi ha sfinito.»

      Si staccò da sè dalla finestra e appoggiandosi con una mano ad una spalla della fanciulla, tornò a coricarsi, mettendosi però dinanzi le pistole e la spada snudata.

      «Ebbene, miei bravi, come va?» chiese a Carmaux ed ai suoi due compagni che erano occupati ad aprire dei buchi nella botola.

      «Male, capitano, – rispose Carmaux. – Pare che questi dannati spagnuoli abbiano molta fretta di prenderci.

      «Li vedi?»

      «Sì, capitano.»

      «Sono molti?»

      «Una ventina per lo meno.»

      In quel momento si udì un colpo così violento che la botola parve si spezzasse.

      Carmaux, che stava coricato al suolo, spiando gli spagnuoli da una piccola fessura che aveva aperta nel tavolato, fu pronto ad alzarsi per afferrare l’archibugio.

      Nella stanza inferiore si udì una voce imperiosa a gridare:

      «Dunque, volete arrendervi sì o no?

      Carmaux guardò il Corsaro ridendo.

      «Rispondi,» gli disse questi.

      «E per quale motivo volete che noi cediamo le armi?»

      «Non vedete che siete già presi?»

      «Veramente non ce ne siamo ancora accorti, » rispose Carmaux.

      «Possiamo farvi saltare in aria.»

      «E noi gettarvi addosso il pavimento e schiacciarvi tutti.»

      «Vi avverto che vi prenderemo egualmente!» urlò lo spagnuolo.

      «E noi vi aspettiamo.»

      «E che la vostra Folgore è bloccata.»

      «Ha dei cannoni che non sono carichi di bombe di cioccolata.»

      «Camerati, sfondiamo la botola!» gridò lo spagnuolo.

      «Amici, prepariamoci a buttare il pavimento sulla