del suo marito. Tali esempi di generosità e di coraggio non furono molto comuni. I brutali soldati soddisfacevano i lor sensuali appetiti, senza consultare o l'inclinazione o i doveri delle lor prigioniere, ed i casuisti agitarono seriamente una dilicata questione. Si trattava di decidere se quelle tenere vittime che aveano inflessibilmente ricusato il loro consenso allo stupro cui soggiacquero, avessero perduto, per tale sventura, la corona della verginità285. Vi furono veramente altre perdite di più sostanzial natura e di più generale interesse. Non può per altro presumersi che tutti i Barbari fossero in ogni tempo capaci di fare tali oltraggi amorosi; e la mancanza di gioventù, di bellezza, o di castità, difese la maggior parte delle donne Romane dal pericolo d'esser violate. Ma l'avarizia è una passione insaziabile ed universale; perchè il godimento di quasi tutti gli oggetti, che possono dar piacere ai diversi gusti e temperamenti degli uomini, si può procurare col possesso delle ricchezze. Nel sacco di Roma fu data una giusta preferenza all'oro ed alle gioie, che nel volume e peso minore contengono il maggior valore; ma dopo che i depredatori più diligenti ebber portato via queste mobili ricchezze, i Palazzi di Roma furono barbaramente spogliati dei sontuosi e splendidi loro addobbi. Le tavole di argento massiccio e le vaghe guardarobe di seta e di porpora erano ammassate in confuso sui carri, che sempre seguivan la marcia di una Gotica armata. Furono rozzamente trattate le opere più squisite dell'arte, o capricciosamente distrutte; più di una statua si fece fondere per causa della materia preziosa, di cui era formata, e più d'un vaso nella division delle spoglie fu rotto in pezzi dai colpi d'un'ascia militare. L'acquisto delle ricchezze non servì che a stimolare l'avarizia dei rapaci Barbari, che procederono per mezzo di minacce, di verghe, e di tormenti a forzare i lor prigionieri a scuoprire i tesori nascosti286. L'apparente splendore e magnificenza si riguardava come la prova d'una doviziosa fortuna; l'apparenza di povertà imputavasi ad una disposizione alla parsimonia, e l'ostinazione di alcuni miserabili, che soffrirono i più crudeli tormenti, prima di scuoprire i segreti oggetti della loro affezione, riuscì fatale a molti poveri meschini, che spirarono sotto i colpi delle verghe per non potere scuoprire gl'immaginari loro tesori. Gli edifizi di Roma, quantunque molto ne sia stato esagerato il danno, patirono qualche offesa dalla violenza dei Goti. All'entrar che fecero nella porta Salaria, incendiarono le case vicine per servir di guida al loro corso, e per distrarre l'attenzione de' cittadini: le fiamme, che nel disordine della notte non incontrarono ostacolo alcuno, consumarono molte fabbriche pubbliche e private; ed al tempo di Giustiniano tuttavia sussistevano le rovine del palazzo di Sallustio287, come un magnifico monumento dell'Incendio Gotico288. Pure un Istorico contemporaneo ha osservato, che il fuoco difficilmente potea consumare l'enormi travi di bronzo massiccio, e che la forza umana non era sufficiente a distruggere i fondamenti delle antiche fabbriche. Può forse contenersi qualche verità nella sua devota asserzione, che l'ira del Cielo supplì all'imperfezione del furore ostile; e che il superbo Foro di Roma, decorato dalle statue di tanti Numi ed Eroi, fu da un colpo di fulmine ridotto al suolo289.
Per quanto fosse grande il numero di quelli dell'ordine Equestre e Plebeo, che perirono nel saccheggio di Roma, francamente si assicura che un solo Senatore perdè la vita pel ferro nemico290. Ma non era facile numerare la moltitudine di quelli, che da un onorevole stato e da una prospera fortuna furono in un tratto ridotti alla misera condizione di schiavi e di esuli. Siccome ai Barbari tornava più comodo il danaro che gli schiavi, essi fissarono ad un prezzo moderato il riscatto dei bisognosi lor prigionieri, che fu agevolmente pagato dalla benevolenza dei loro amici, o dalla carità degli stranieri291. Gli schiavi, che regolarmente furon venduti o in aperto mercato, o per privato contratto, avrebbero legittimamente ricuperato la nativa lor libertà, che era impossibile per un cittadino di perdere o d'alienare292. Ma siccome si venne tosto in cognizione, che la pretensione della libertà posto avrebbe in pericolo le loro vite; e che i Goti, qualora non fossero stati tentati a vendere gl'inutili lor prigionieri, si sarebbero mossi ad ucciderli, così la civile Giurisprudenza era già stata moderata da un savio regolamento, che essi fossero obbligati a servire pel discreto termine di cinque anni, finattantochè avessero col proprio lavoro pagato il prezzo della lor redenzione293. Le nazioni, che invasero l'Impero Romano, avevan cacciato avanti di loro in Italia delle intiere truppe di Provinciali famelici e spaventati, che meno apprendevano la schiavitù che la fame. Le calamità dell'Italia e di Roma ne dispersero gli abitanti ne' più solitari, sicuri, e distanti luoghi di rifugio. Mentre la cavalleria Gotica spargeva il terrore e la desolazione lungo le coste marittime della Campania e della Toscana, la piccola isola del Giglio (Igilium) divisa per mezzo d'uno stretto canale dal promontorio Argentario, rispinse o deluse gli ostili lor tentativi, e ad una sì piccola distanza da Roma un gran numero di cittadini trovò un sicuro ricovero nei folti boschi di quella separata regione294. I vasti patrimoni, che molte famiglie Senatorie possedevano in Affrica, le invitavano, se avevan tempo e prudenza, a scampare dalla rovina della patria, e ad abbracciare il rifugio di quell'ospitale Provincia. La più illustre fra tali fuggitivi fu la pia e nobile Proba295 vedova del Prefetto Petronio. Dopo la morte del suo marito, che era il più potente suddito di Roma, essa era restata alla testa della famiglia Anicia, e successivamente supplì colle sue private sostanze alla spesa dei consolati di tre suoi figli. Quando la città fu assediata e presa dai Goti, Proba sostenne con cristiana rassegnazione la perdita d'immense ricchezze; s'imbarcò in un piccol vascello, da cui vide in mare le fiamme del suo incendiato Palazzo, e fuggì con Leta sua figlia, e con la celebre vergine Demetriade, sua nipote, alle coste dell'Affrica. La benefica profusione, con cui la matrona distribuì le rendite o il prezzo dei suoi fondi, contribuì a sollevar le disgrazie della schiavitù e dell'esilio. Ma neppure la famiglia di Proba medesima fu esente dalla rapace oppressione del Conte Eracliano, che vilmente vendè in matrimoniale prostituzione le più nobili fanciulle di Roma al piacere o all'avarizia dei mercanti di Siria. I fuggitivi Italiani furon dispersi per le Province, lungo le coste dell'Egitto e dell'Asia, fino a Costantinopoli ed a Gerusalemme; ed il villaggio di Betlemme, solitaria abitazione di S. Girolamo e delle sue Convertite, fu ripieno d'illustri mendici d'ambidue i sessi e d'ogni età, che eccitavano la pubblica compassione per la rimembranza della passata loro fortuna296. Sì terribil catastrofe di Roma riempì l'attonito Impero di terrore e di amarezza. Un contrasto sì interessante di grandezza e di rovina dispose la facile credulità del Popolo a deplorare, ed anche ad esagerar le miserie della Regina delle città. Alcuni del Clero, che applicavano le sublimi metafore della Profezia Orientale ai fatti recenti, furono qualche volta tentati a confondere la distruzione della Capitale con la dissoluzione del Globo.
La natura umana ha una forte propensione a deprimere i vantaggi, e ad amplificare i mali dei tempi presenti. Pure, allorchè si furon quietati i primi moti, e si fece un giusto computo del danno reale, i più illuminati e giudiziosi contemporanei furon costretti a confessare, che Roma, ancora infante, aveva ricevuto anticamente dai Galli un pregiudizio in sostanza maggiore di quello, che avea sofferto dai Goti nella decadente sua età297. L'esperienza di undici secoli ha somministrato alla posterità un paralello molto più singolare, autorizzandola a sostener con franchezza, che le devastazioni dei Barbari, che Alarico avea condotti dalle rive del Danubio, furono men distruttive delle ostilità usate dalle truppe di Carlo Quinto, Principe Cattolico, il quale si chiamava Imperator dei Romani298. I Goti lasciaron libera la città nel termine di sei giorni; ma Roma restò più di nove mesi in mano degl'Imperiali, ed ogni ora fu macchiata da qualche atroce atto di crudeltà, di libidine o di rapina. L'autorità d'Alarico mantenne qualche ordine e moderazione fra la feroce moltitudine, che lo riconosceva per Capo e per Re: ma il Contestabile di Borbone era gloriosamente caduto nell'attacco delle mura; e la morte del Generale tolse ogni freno di disciplina ad un esercito composto di tre indipendenti nazioni, cioè d'Italiani, di Spagnuoli o di Tedeschi. Al principio del secolo XVI, i costumi dell'Italia presentano un'osservabile scena della depravazione dell'uman