Annie Vivanti

Gioia!


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divino amante,

      Ti aspetto.

Viviana.(LUI)

      Gioia!… Gioia!…

      Non trovo altra parola nel mio cuore.

      Non trovo altro nome per te.

Andrea.
(LEI)

      Ti ho negli occhi, nei nervi, nelle vene. Vado tra la gente come in un sogno, estatica e stupefatta, perduta nel ricordo di te....

Viviana.
(LUI)

      Viviana,

      Mi pare di aggirarmi in un mondo popolato di fantasmi, dove tu sola sei viva.

      Mentre intorno a me si discorre, si ragiona, si vive, io, trasognato e tremante, sento al mio collo la stretta delle tue mani, sento la fragranza del tuo respiro nella mia gola; m'anniento nella profonda e spaventevole estasi che tu mi dài....

(LEI)

      Andrea,

      Sono posseduta da te, anima e corpo, posseduta nel senso biblico della parola – in modo che nulla all'infuori di te può entrare in me o nel mio spirito. Posseduta in un senso quasi innaturale che preclude il corso alla vita stessa; che ferma ogni palpito, che arresta ogni pensiero.

      Dal momento in cui ti lascio al momento in cui ti ritrovo mi pare di trattenere il respiro.

Viviana.
(LUI)

      Come ho potuto vivere prima di conoscerti? Prima di respirare l'atmosfera d'ebbrezza, d'esultanza e d'estasi che si sprigiona da te? Ed io credevo che l'amore nella donna fosse una passione fosca e malinconica, tragica e tormentosa!… No! tu, mia divina creatura, sei tutta luce, tutta riso e sorriso e voluttà!

(LEI)

      Ma è possibile, è possibile che tu, così grave e austero, abbia amato in me la mia letizia, la mia insensata, irragionevole giocondità?… Ed io che avrei voluto ammantarmi di solenni e sentimentali parvenze per piacerti!

      Potrò dunque finalmente essere sincera con te? Essere quale sono – folle frivola felice? Sorridere e ridere, di tutto e di tutti, col capo appoggiato al tuo cuore?…

(LUI)

      Ridi, ridi, ridi, adorata!

      È questa letizia, questa esultanza, questa fresca felicità che più io amo in te.

Andrea.
APRILE(LEI)

      .... Intorno a me c'è musica e folla. Vorrei essere nel silenzio del suo studio, vicino a lui e alle sue sublimi opere d'arte. Beate, ah! beate quelle donne marmoree ch'egli ha creato e che inclinano a lui i volti appassionati ed estatici.

      Anche a me pare d'essere una donna creata da lui, che aspetta d'essere dalla sua mano immortalizzata o distrutta.

(LUI)

      Novità piacevole e inattesa: il Comitato Regionale ha pagato!

      Vengono oggi a prendere la «Rassegnazione che sorride al Dolore».

      Era tempo!

(LEI)

      Egli è così bello quando si china su di me e i suoi sguardi di luce filtrano obliqui sotto alle ciglia lunghe, che ne provo un senso quasi di vertigine, un senso di disperata estasi che non so nè descrivere nè spiegare.

      Allora mi assale un affanno, uno struggimento dell'infinito.... o del nulla; come una profonda nostalgia della morte....

      Mio diletto,

      A che ora ti vedrò?

Viviana.
(LUI)

      Viviana era diversa oggi. Mi pareva meno gaia e scintillante.... Perchè?

      Amor mio,

      Verrò stasera.

      Andrea.

(LEI)

      Che cos'è questo struggimento? questa inquietudine? questo affanno?

      Mi pare di non poter ridere più; mi pare di non poter parlar più. La gola mi si stringe come in un perenne singhiozzo.

      Quando gli sono lontana mi sento morire; e quando sono con lui non ho voglia che di abbattermi sul suo petto.... e piangere.

(LUI)

      È venuto il conte Ilario d'Eril a darmi l'incarico di eseguire una targa. Ha visto il modello di «Gioia» rimasto a mezzo, e l'ha trovato bellissimo.

      Voglio terminarlo.

      «Gioia»! La contemplo, la scruto; assomiglia a Viviana.

      E pure, strano a dirsi, talvolta mi sembra che Viviana alla statuetta non assomigli più.

      Dolcezza mia,

      Mi rimetto al lavoro che tu mi hai ispirato. Così, anche da lontano, sento di essere con te. Ci vedremo domani.

      Tuo

Andrea.
(LEI)

      Dunque per tutt'oggi non lo vedrò.

      La giornata primaverile splende e si spegne; io sono qui, sola, triste a struggermi.

      Ed egli è rinchiuso là, tra le sue spaventose e immobili statue, macabre nella loro fissità; terribili e contronatura perchè non mutano e non muoiono in un mondo dove tutto muta e muore.

      Egli è calmo e contento; il suo lavoro lo assorbe, la sua arte lo affascina.

      L'Arte, ah! l'Arte.... che orrore! L'Arte! la nemica della donna, la nemica della felicità!

      Ma se io gli dicessi questo, non mi comprenderebbe.

      Amor mio,

      Fai bene, fai bene a lavorare. L'Arte sarà per te la Donna migliore di tutte. Essa non ti tradirà e non ti scorderà se tu non la scordi e la tradisci.

      A domani, dunque.

Viviana.
(LUI)

      Mio tesoro,

      Com'è bello ciò che tu dici dell'Arte!

      Tu vedi la vita e l'amore diversamente da tutte le altre donne. È per questo, forse, ch'io ti amo così perdutamente.

      Neppure oggi mi stacco dal mio lavoro. Sei contenta?

      Tuo

Andrea.
(LEI)

      Strano che il cuore dell'uomo e della donna non siano mai, non possano mai essere completamente all'unisono! La loro armonia sembra basata sul contrattempo, come le note sincopate dei «rag-times» o delle Danze Ungheresi di Brahms: quando l'uno è sul «battere», l'altro è sul «levare»; quando l'uno è felice, l'altro soffre; quando l'uno comincia, l'altro termina....

      L'uomo vuole la gioia dell'ora; la donna, non appena ama, vuole il parossismo e il pathos, vuole l'infinito e l'eterno.

      Andrea s'è innamorato di me per la mia spensierata indifferenza, la mia gaia, incurante letizia; e non appena m'innamoro io di lui, ecco svanire la mia gaiezza, spegnersi la mia giocondità ed io non sono più quella che egli ha amato. Sono cupa, fosca, esigente, noiosa, come tutte le donne innamorate. Mi sento l'anima piena di una esasperata ostilità e la bocca piena di parole amare.

      Flavia, a cui mi confido, scrolla le spalle: «Che vuoi! siamo fatte così. L'amore si posa sulla soglia del nostro cuore come una cosa mite, luminosa, alata; ci sembra una farfalla, una colomba, o un'allodola che batterà l'ali.... canterà e volerà via. Ma non appena è in noi, ecco che ci accorgiamo di aver chiuso nel nostro cuore una tigre; una tigre che ci rode, ci strazia e ci dilania».

      È vero, è vero! Anch'io sento la tigre accovacciata in me. E pensando ad Andrea mi domando: che cosa posso fare per tormentarlo, per farlo soffrire come soffro io?

      Mio carissimo,

      Poichè oggi tu non vieni, andrò alle corse con Clerici e Giorgio di Vallefuoco. Stasera Silvestri mi conduce a udire le poesie indiane del Tagore. Tu sai che cosa è per me la poesia!…

      In ispecie quella indiana.

Sempre tua!
(LUI)

      La