Annie Vivanti

Gioia!


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la lista delle diverse persone con cui ho promesso di passare quest'anno il Natale: con Jack a Dublino; con Maman a Nervi; con Vivien a Glasgow; con Barbara a Torino; con Silvia a Roma; con O'Kelly a Parigi.... Secondo una mia abitudine, nei momenti d'incertezza faccio saltare in aria un soldo perchè decida della mia sorte: se è testa – Bérangère; se è croce, no.

      Il soldo balza, gira e cade. È croce. Dunque è esclusa Bérangère. Ma allora, rifletto io, chi prescegliere tra tutti gli altri a cui ho promesso?… Ritentiamo la sorte!

      Stavolta è testa. Dunque Bérangère.

      Ed io le scrivo:

      «Cara Bérangère,

      Aspettami nel pomeriggio della Vigilia.

Tua Annie»

      Chiusa la lettera, mi si affaccia un dubbio: Bérangère Tarnier? Era fidanzata un anno fa al conte Lucien de Lussain-Maldé di Château-Mirval; poi non ne ho più saputo nulla. Sfumate le nozze? o smarrito il faire-part?

      Mi decido a indirizzare: «Bérangère Tarnier, Montreux»; e il mattino del 24 dicembre salgo nel treno Berne-Genève con gente di ogni paese e d'ogni colore, politico e fisico. Di fronte a me un grande e magnifico Bey egiziano guarda con cupi occhi sfilare il paesaggio da cartolina illustrata, sognando certo le sue pianure torride, i suoi deserti sabbiosi, la sua gente oppressa dal ferreo pugno britannico.... Accanto a lui un uomo biondo, ancor giovane, di cui i tragici occhi azzurri hanno scandagliato le profondità ultime del dolore; lo riconosco: è Von Hindenburg, nipote del chiodato Feld-Maresciallo. Presso a lui, rosea e ridente sotto al grande cappello nero, Mary Snowden, la propagandista del Labour-party inglese, la bionda Amazzone degli operai. Nell'angolo di fronte a me due giapponesi, a cui io mi sentirei tentata di dire: «Anatanohà Taxan Kiri!» in purissimo nippone; ma me ne astengo perchè non so più che cosa voglia dire. Alla mia destra, biondo-ricciuta come l'immortale suo fratello, la sorella di Paderewski mi saluta con affetto.

      E il treno corre....

      Qui ci starebbe un po' di descrizione di paesaggio svizzero sotto la neve; ma le descrizioni di paesaggio si possono trovare in molti libri scritti da altri autori.

      Quindi salto subito, come in un viaggio cinematografico, alla stazione di Montreux; ed ecco anche Bérangère, sorridente e soave, che dalla piattaforma mi saluta sventolando il fazzoletto di seta rossa. (È sempre stata un poco socialista, Bérangère!).

      – Prenderemo il thè qui nell'Eden Palace, – dice, traendomi verso un Grand Hôtel vicino alla stazione. – Dopo, verrai a casa mia.

      Quando siamo nell'Hall, installate in due grandi poltrone, le chiedo:

      – Parlo con mademoiselle Tarnier o con madame la comtesse de Lussain-Maldé?

      Ella, senza rispondermi, si slancia in una poetica dissertazione sul Natale; sul mistico significato della Vigilia di Natale, del giorno di Natale, della notte di Natale.... Indi improvvisamente mi chiede:

      – Tu, come hai passato la notte della Vigilia, l'anno scorso?

      Io riordino rapidamente i miei pensieri; poi rispondo: – Nascosta in una casa di Londra con cinque o sei Sinn Feiners evasi dalle carceri irlandesi. E tu?

      Bérangère nervosamente gira e rigira entro le mani il suo fazzoletto rosso e ne fa qualche cosa che somiglia a un topo, con coda e orecchie; poi lo fa saltare da una mano all'altra.

      – Io?… – dice, come per guadagnar tempo; – Ah! Io!… – E improvvisamente si chiude il viso nelle mani.

      Vi è nella sua voce un'espressione che non comprendo. Orrore? Estasi? Disperazione? Non so.

      – Dimmi, – le ordino, colla tazza di thè in mano, mentre di fuori nel crepuscolo....

      (Qui leggere due pagine di un altro autore).

      – Ebbene, – dice Bérangère, – ascolta.

      – Ero venuta a passare un mese dalla zia Clotilde qui sopra, a Glion, dovendo poi raggiungere per le feste natalizie la famiglia del mio fidanzato a Ginevra. La sera della Vigilia vi doveva essere da loro a Château-Mirval un pranzo di famiglia seguìto da un grande ricevimento per partecipare al mondo che l'erede dei Lussain-Maldé si fidanzava.... a me. Da Parigi era annunciato, per l'occasione, l'arrivo di parenti milionari che portavano in dono a lui una Peugeot 40 HP., e a me una collana di perle con sessantotto gemme scelte. Tutta la festa doveva rivestire un carattere di grande etichetta e solennità.

      Fu deciso ch'io lascerei Glion, accompagnata dalla zia, alle due del pomeriggio, arrivando a Ginevra verso le quattro. Indi, thè di gala; pranzo intimo; ricevimento fastoso.

      Il giorno 23 mandammo a Ginevra bauli e valigie; il 24, alle due, uscimmo dall'albergo e ci avviammo alla stazione della funicolare per scendere a Montreux.

      Ed ecco che sulla strada nevosa e ghiacciata mia zia scivola, cade, si sloga un piede.

      Agitato ritorno tra le braccia del portiere all'Hôtel! affannati telefonamenti al dottore di Montreux – assente! a quello di Territet – presente ed accorrente. Compresse d'acqua vegeto-minerale. Altri telefonamenti ai de Lussain-Maldé, Château-Mirval, Ginevra. «Verrò, io sola, col prossimo treno. Arrivederci stasera alle 21,10». Disperate proteste dall'altra estremità del telefono. Laceranti gemiti dal letto di zia Clotilde. Nuove compresse d'acqua vegeto-minerale. Tristi riflessioni: niente thè di gala! niente pranzo intimo! Unico conforto: arriverò a tempo per il fastoso ricevimento.

      Difatti alle 17,50, avviluppata in fluttuanti veli da viaggio, scendevo nella neve e la nebbia alla Funicolare Glion-Montreux; alle 18 e 20 m'aggiravo quaggiù nella stazione di Montreux con quaranta minuti da aspettare. Era buio; faceva freddo; la sala d'aspetto era lugubre e deserta. Nessuno viaggiava in questa serata. Pensai al pranzo di famiglia – tavola risplendente, visi sorridenti, vini spumeggianti, discorsi augurali, ed io, a fianco di Lucien, eroina di tutti i festeggiamenti.... Un'irrefrenabile tristezza mi morse il cuore e mi riempì gli occhi di lagrime. Ma subito il pensiero di arrivare in casa de Lussain cogli occhi gonfi, frenò il mio pianto, e decisi di andare nella Salle de Toilette a dare un ultimo ritocco ai miei capelli ondulati, un soffio di cipria alle mie guancie.... Quest'idea mi confortò.

      M'avviai per il vasto andito deserto, percorsi un altro lungo corridoio ed arrivai davanti all'uscio della «Toilette pour Dames. (Luxe). 50 centimes». Girai la maniglia ed entrai.

      La custode aveva già lo scialle in testa per partire e stava riponendo in un armadietto il «luxe», costituito da un pacco di forcelline, una scatola di cipria e una saponetta rosa. Parve contrariata dal mio arrivo.

      – Capirà, – mormorò, – è la Vigilia. I bambini aspettano ch'io vada ad accendere l'albero di Natale.

      – Non occorre che aspettiate, – diss'io; – lasciatemi il sapone e un asciugamano. – E togliendo dalla borsetta (unico mio bagaglio, poichè il resto mi aveva preceduta a Ginevra) alcune monete d'argento, gliele porsi augurandole buon Natale. Essa ringraziò con effusione; indi, salutandomi e raccomandandomi di «badare alla porta», uscì.

      Io udii risuonare a lungo i suoi passi per l'andito sonoro.

      Chiusi con cura la porta ch'essa aveva lasciata semi-aperta e mi dedicai alla mia toilette. Non fu spiacevole occupazione; m'incipriai; mi lucidai le unghie; constatai che i miei occhi non erano per niente gonfi; appena un leggero arrossamento delle palpebre tendeva a darmi – colla mia carnagione bianca e i miei capelli color rame – un'aria un poco tizianesca. Pensai con soddisfazione alla mia entrata nel gran salone di Château-Mirval, all'effetto che produrrei sui parenti milionari, al primo sguardo di Lucien.... Indi mi disposi a tornare sul quai ad aspettare il treno.

      Richiusi la borsetta, gettai un ultimo sguardo nello specchio e m'avviai alla porta.

      Afferrai la maniglia. Non girò. Spinsi la porta – non cedette. Tirai la porta – non si mosse. Tentai di scuoterla – era rigida, solida, incrollabile. Mi guardai d'intorno in cerca d'una finestra. Non ve n'era.

      Allora chiamai. Chiamai: «Custode!… Facchino!… Portiere!…» Nessuno rispose; nessuno venne. Tutti erano a casa a fare il pranzo della Vigilia. Tutti erano intorno agli alberi