Annie Vivanti

Gioia!


Скачать книгу

l'ispirazione!…

      Questo pensiero talvolta mi spaventa.

(LUI)

      Giro per questa città come un allucinato.... o come un dio: già rimoto, già staccato da tutto e da tutti.

      Come mi sembrano poveri e pietosi quelli che restano qui, in questo ambiente ristretto, sordido, meschino, dove ogni giorno s'incontrano le medesime persone, i medesimi pregiudizi, le medesime piccole amicizie e piccole ostilità. Tra un mese sarò lontano da tutto ciò. Lontano!…

      E tutte le acque dell'Atlantico scorreranno tra me e questi pallidi giorni del passato!

(LEI)

      Da due giorni non vedo Andrea. Lavora febbrilmente alla sua statua, o corre in qua e in là preparandosi alla partenza.

      Fui stamane nello studio di Oldofredi che s'apre su un grande giardino soleggiato.

      Ne esco ebbra di colori. Donne azzurre e donne arancine, donne drappeggiate e donne ignude, donne sdraiate e donne ritte, donne vaganti per lunghi misteriosi corridoi o danzanti all'aperto sotto cieli verdastri punteggiati di lucciole.... Quanta fantasia, quanta stranezza, quanta suggestiva ambiguità in quest'arte!

      Già, l'Arte!… In fondo, come dice Oldofredi, non c'è altro di bello al mondo. L'Arte! figlia del Sogno, sorella dell'Amore!…

(LUI)

      Oggi ho detto a mia madre e a mio fratello che partivo. La loro disperazione è indescrivibile. Sembrano annientati, terrorizzati.

      – Che cosa faremo? – piangeva mia madre, – io vecchia, lui malato, senza di te?

      Sono fuggito. Mi pareva d'essere un carnefice.

(LEI)

      Ho voglia di lavorare; di scrivere un nuovo libro.

      Che sia questo il momento fatidico pronosticato da Oldofredi? Ma quale sarebbe «l'amore che tramonta», e quale «l'amore che nasce»?

      .... Pensiamo al capolavoro.

      In un libro ciò che conta soprattutto sono due cose: il titolo – e la fine.

      La fine è subito trovata. Lui la abbandona, e lei muore. (Non è forse freschissimo ma è sempre bello).

      Ma il titolo? È cosa più ardua.

      Inviterò tutti i miei amici per venerdì sera: farò servire il thê à la russe; del caffè fortissimo; del vino di coca, e delle pillole di fosforo. E tutti dovranno aiutarmi a trovare un titolo, un titolo strano, strabiliante, per il mio nuovo libro. Lo dirò anche ad Andrea, sebbene non abbia molta fantasia.

      Andrea,

      Ti aspetto domani sera, senza fallo!

Viviana.
(LUI)

      Questa sera l'ho udita ridere come nei primi giorni in cui la conoscevo. Veramente non rideva con me. Io andavo da lei credendo di trovarla sola, ma il salotto era pieno di gente.

      Mi accolse festosa salutandomi da lontano colla mano alzata e il sorriso raggiante.

      – Oh.... Andrea Galeazzi! Che piacere!…

      In quell'istante mi parve che tutte le acque dell'Atlantico scorressero tra me e lei.

GIUGNO(LEI)

      Carissimo Andrea,

      Ma come puoi pensare ch'io voglia rinunciare al nostro progetto? Mi credi dunque incostante e leggera? frivola e senza cuore?

      È perfettamente vero che i Laforêt mi hanno invitata a passare l'estate nel loro castello di Revoire. Ma non per un istante ho pensato ad accettare l'invito.

      Il mio pensiero è con te; lo sai.

Viviana.

      P. S. Mi pare che di tutti i titoli suggeriti l'altra sera, «Narciso» è quello che mi piace di più. Anche «Pervertimenti» non sarebbe male....

      Tu, che ne dici?

      Oldofredi mi ha promesso le illustrazioni.

(LUI)

      La statua è finita.

      Tutto è pronto.

      Agli amici più intimi ho già detto addio.

      Il mio cuore è in tumulto.

(LEI)Perdonami, Andrea! Perdonami!

      Non parto. No. Non posso partire con te. Sarebbe la peggiore delle follie, sarebbe la più atroce delle crudeltà.

      Pensa, pensa quanto saremmo infelici.

      Sì: dopo un anno, dopo due anni – forse anche prima – pensa quanto soffriremmo tu ed io. Tu più di me!… O io più di te!… Non lo so.

      So che verrebbe presto tra noi l'ora atroce del rimpianto e dei rimproveri.

      Oggi ci sembra che l'esistenza intera non basterebbe alla nostra sete d'amore. Oggi, che tutto ci separa, che non possiamo mai saziarci l'uno dell'altro, mai guardarci abbastanza, mai parlarci abbastanza, ecco, ci irrompono dal cuore, ci fioriscono sulle labbra le grandi parole enfatiche di tutti gli amanti: la Lontananza!… l'Isolamento!… l'Eternità!…

      Ma quando fossimo isolati, quando fossimo lontano, quando – dissetati e placati – ci trovassimo soli di fronte l'uno all'altra nella perpetua solitudine accoppiata degli amanti che vivono fuori della legge.... credi tu che non ne soffriremmo?

      Tu forse non lo credi. Ma io lo so.

      Quando tu, per amor mio, avessi lasciato dietro di te tutto ciò che ti fu caro, tutto ciò che ha formato fino ad oggi la tua esistenza: tua madre, tuo fratello, i tuoi amici, i tuoi impegni, i tuoi doveri, – ne avresti rammarico e rimpianto.

      E quanto a me?… Oh, Andrea, io non sono che una piccola anima meschina; sono come tutte le donne – o quasi tutte – che, pur anelando alla vietata gioia vogliono anche la decorosa rispettabilità; che pur non volendo rinunciare al piacere, non intendono derogare dalle convenienze; che vogliono la passione ma non lo scandalo; che vogliono l'abbraccio degli uomini ma anche il saluto delle donne....

      Tu mi odierai; tu mi disprezzerai! E avrai ragione.

      Ebbene, disprezzami, odiami, ma non soffrire. Non voglio, non voglio che tu soffra per me. Non lo valgo, non lo merito.

      Io ti ho sempre mentito. Io ti scrivevo delle lettere tristi quando ero gioiosa, ti scrivevo delle lettere gioiose quando ero triste; e anche ora, ora che vorrei essere così sincera con te, forse.... non lo sono.

      Forse la verità è un'altra.

      Non lo so. So che tu non devi, che tu non devi soffrire per me.

      Andrea, Andrea! Dimmi che non soffri.

Viviana.
(LUI)

      Non importa se io soffro. Segui la tua strada.

      Quanto a me non affliggerti. Anche prima di conoscerti ero triste.

      Addio.

LUGLIO(LEI)

      È finito. Finito!

      Quando penso a lui, solo laggiù, nel suo studio tetro e desolato, mi sento morire.

      Perchè l'ho amato? Perchè ho sofferto? Perchè l'ho lasciato?…

      Non so. Non capisco il mio cuore.

      Parto domani per Castel Révoire; con Flavia.

      Viene anche Oldofredi.

(LUI)

      Quanto vano gioire e vano soffrire! Ecco: torno qual'ero; torno alle mie silenziose creature.

      E di tutto questo turbine di voluttà e d'angoscia, di tutta questa bufera che è passata sul mio cuore, che cosa resta?

. . . . . .

      Resta una statua intitolata: «Gioia».

      II. Notte di Vigilia

      Un invito da Bérangère! Dopo un anno di silenzio. Stupita rileggo il biglietto postale:

      «Diletta Annie,

      So che sei in Isvizzera. Dove passi il Natale? Perchè