Джанни Родари

Le avventure di Cipollino / Приключения Чиполлино. Книга для чтения на итальянском языке


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– disse allora Donna Seconda – invita pure il barone. Io inviterò il duchino Mandarino, cugino del mio povero marito.

      – Invitalo pure, – rispose sprezzante Donna Prima, – quello non mangia nemmeno quanto un pulcino. Il tuo povero marito, pace al suo nocciolo, aveva parenti piccoli e magri, che quasi non si vedono a occhio nudo. Il mio povero marito invece, pace al suo nocciolone, aveva parenti grandi e grossi, visibili a grande distanza.[77]

      Il barone Melarancia era davvero visibile a grande distanza: a distanza di un chilometro si poteva scambiarlo per una collina.

      Si dovette subito provvedere per un aiutante[78] che lo aiutasse a portare la pancia, perché da solo non ce la faceva più.[79] Pomodoro mandò a chiamare il cenciaiolo del paese, ossia Fagiolone, perché portasse il suo carretto. Fagiolone non trovò il carretto, perché lo aveva preso suo figlio Fagiolino, come sapete, e così si portò dietro una carriola a mano, di quelle che adoperano i muratori per portare la calcina.

      Pomodoro diede una mano al barone a sistemare la sua pancia dentro la carriola, poi gridò:

      – Arri, là!

      Fagiolone afferrò le stanghe della carriola e tirò con tutte le sue forze, ma non la spostò di un centimetro.

      Furono chiamati altri due servitori e tutti insieme riuscirono a far fare al barone[80] una passeggiata nei viali del Castello. Da principio non stavano attenti ai sassi:[81] la ruota della carriola andava a cercare i sassi più grossi e puntuti del viale, come se lo facesse apposta,[82] e il povero barone riceveva nella pancia certi colpi che lo facevano sudare.

      – State attenti ai sassi! – si raccomandava giungendo le mani.

      Fagiolone e i due servitori stavano attenti ai sassi e la carriola andava a finire nelle buche.

      – State attenti alle buche, per l'amor del cielo! – supplicava il barone.

      Mentre lo portavano a spasso[83], però, non dimenticava la sua occupazione preferita e sgranocchiava un tacchino arrosto che Donna Prima gli aveva fatto preparare come antipasto.

      Anche il Duchino Mandarino diede un bel da fare[84] al Castello.

      La povera Fragoletta – cameriera personale di Donna Seconda – non finiva mai di stirargli le camicie. Quando gliele riportava, il Duchino torceva il naso, si metteva a piangere e balzava in cima all'armadio, gridando:

      – Aiuto! Aiuto!

      Accorreva Donna Seconda con le mani nei capelli:

      – Mandarino, che cosa ti fanno?

      – Non mi stirano bene le camicie, e io voglio morire!

      Per convincerlo a restare in vita[85] Donna Seconda gli regalò tutte le camicie di seta del suo povero marito.

      Il duchino Mandarino saltò giù dall'armadio e cominciò a provarsi le camicie.[86]

      Dopo un poco lo si udì nuovamente gridare:

      – Aiuto! Aiuto!

      Donna Seconda accorse con il batticuore:

      – Cugino Mandarino, che cosa ti fanno?

      – Ho perso il bottone del colletto e non voglio più stare al mondo!

      Questa volta si era arrampicato in cima allo specchio e minacciava di buttarsi a capofitto[87] sul pavimento.

      Per farlo chetare Donna Seconda gli regalò tutti i bottoni del suo povero marito, che erano d'oro, d'argento e di pietre preziose.

      Prima di sera, Donna Seconda non aveva più gioielli, il Duchino Mandarino aveva ammassato parecchi bauli di roba e si fregava le mani soddisfatto.

      Le Contesse cominciavano ad essere molto preoccupate per quei loro parenti così voraci, e sfogavano l'irritazione[88] sul povero Ciliegino, il loro nipotino, orfano di padre e di madre.

      – Mangiapane a tradimento![89] – lo sgridava Donna Prima, – vai subito a fare i compiti.

      – Li ho già fatti.

      – Fanne degli altri! – ordinava severamente Donna Seconda.

      Ciliegino, ubbidiente, andava a fare degli altri compiti: ogni giorno ne faceva dei quaderni intieri, in una settimana ne faceva una montagna di quaderni.

      Quel giorno, le Contesse non finivano mai di fargli fare dei nuovi compiti.

      – Che cosa fai in giro[90], bighellone?

      – Vorrei fare una passeggiata nel parco.

      – Nel parco ci passeggia il barone Melarancia, non c'è posto per i fannulloni come te. Va' subito a studiare la lezione.

      – L'ho già studiata.

      – Studiane un'altra.

      Ciliegino, ubbidiente, andò a studiare un'altra lezione: ogni giorno ne studiava centinaia e centinaia. Aveva già letto tutti i libri della biblioteca del Castello.

      Ma se le Contesse lo vedevano con in mano un libro subito prendevano a sgridarlo:

      – Posa quei libri, incosciente. Non vedi che li consumi?

      – Ma come posso studiare le lezioni senza toccare i libri?

      – Studiale a memoria.[91]

      Ciliegino si chiudeva in camera sua e studiava, studiava, studiava. Sempre senza libri, si capisce. Aveva tutto nel cervello e continuava a pensare nuove cose. A pensare gli veniva il mal di testa e le Contesse lo sgridavano:

      – Sei sempre ammalato perché pensi troppo. Non pensare e ci farai risparmiare i soldi delle medicine.

      Insomma, tutto quello che faceva Ciliegino per le Contesse era malfatto.

      Ciliegino non sapeva da che parte voltarsi[92] per non prendersi dei rabbufi e si sentiva veramente infelice.

      In tutto il Castello aveva un solo amico, ed era Fragoletta, la servetta di Donna Seconda. Fragoletta aveva compassione di quel povero piccolo ragazzo con gli occhiali, a cui nessuno voleva bene: era gentile con lui e di sera, quando andava a letto, gli portava qualche pezzo di dolce.

      Ma quella sera, a tavola, il dolce se lo mangiò il barone Melarancia.

      Il duchino Mandarino ne voleva un pezzo anche lui. Per farselo dare saltò in cima alla credenza e cominciò a strillare:

      – Aiuto! Aiuto! Tenetemi, se no mi butto!

      Ma ebbe un bello strillare[93]: il barone mandò giù il dolce intero senza dargli retta.

      Donna Seconda, in ginocchio davanti alla credenza, pregava il suo cuginetto di non ammazzarsi. Per convincerlo a scendere a terra gli doveva promettere qualcosa, ma non aveva più niente.

      Del resto, quando comprese che non c'era più niente da arraffare, il duchino Mandarino calò a terra da solo, sbuffando.

      Proprio in quel momento Pomodoro fu avvertito che la casa del sor Zucchina era scomparsa. Il Cavaliere non ci pensò su due volte:[94] mandò un messaggio al Governatore e gli chiese in prestito una ventina di poliziotti, ossia di Limoncini.

* * *

      I Limoncini arrivarono