Maria aveva una forte comitiva, che pensava sarebbe durata per sempre, indistruttibile, tutte e quattro, lei, Becca, Jasmin e, naturalmente, la sua migliore amica Scarlet. Erano inseparabili. Se una di loro non aveva un ragazzo, le altre erano sempre lì per lei. Lei e Scarlet si erano giurate di non litigare mai, di frequentare lo stesso college, di essere damigella d'onore ai matrimoni reciproci, e di vivere sempre a dieci isolati di distanza l'una dall'altra.
Maria era stata così sicura delle sue amiche, di Scarlet, di tutto.
Poi, nelle ultime settimane, ogni cosa si era improvvisamente rotta, senza alcun preavviso. Scarlet le aveva sottratto Sage, proprio sotto gli occhi, l'unico ragazzo per cui Maria aveva perso la testa, dopo tanto tempo. Il volto di Maria si fece rosso, ricordando l'ingiustizia subita; Scarlet l'aveva fatta sembrare così stupida. Era ancora così arrabbiata con lei per questo, e non pensava che sarebbe mai riuscita a perdonarla.
Maria rammentò il loro ultimo litigio, Scarlet si era difesa, affermando di piacere a Sage, e di non averglielo rubato. Nel profondo, una parte di Maria sapeva che, probabilmente, lei aveva ragione. Nonostante ciò, doveva biasimare qualcuno, ed era molto più facile biasimare lei che se stessa.
Qualcuno la urtò, e Maria si alzò dalla pila di zucche, cadendo a terra; i suoi jeans s'infangarono.
“Stai attento!” lei gridò, infastidita.
Lei sollevò lo sguardo, vedendo che era un ragazzo ubriaco. Diversi altri suoi compagni di scuola si erano riuniti lì, come avevano sempre fatto, per tradizione, il giorno dopo la grande festa scolastica, la stupida “raccolta delle zucche” della scuola. Tutti sapevano che nessuno raccoglieva davvero le zucche, che restavano soltanto seduti intorno al campo delle zucche, rimpinzandosi di sidro caldo di mela e ciambelle, mentre la marmaglia della classe aggiungeva il gin al sidro. Era uno di quei ragazzi che l'aveva urtata. Non si era nemmeno reso conto di averlo fatto, aggiungendo l'insulto alla caduta, mentre le passava accanto in quel modo. Maria lo conosceva, e sapeva che tutti quei ragazzi, che bevevano alla loro età, avrebbero finito per non far niente della propria vita, perciò quella era la sua unica consolazione.
Maria doveva schiarirsi le idee. Non riusciva più a sopportare di stare lì, intorno a tutto questo. Desiderava soltanto allontanarsi. Era ancora così arrabbiata, e ora non sapeva neanche il perché. Perdere la sua migliore amica, persino con Jasmine e Becca lì, la faceva sentire ancora più delusa. A peggiorare le cose, c'era il fatto che provava un desiderio forte per Sage. Pensare a lui la stava mandando fuori di testa.
Maria si alzò in piedi e cominciò a camminare.
“Dove vai?” Jasmine le chiese.
Maria alzò le spalle.
“Solo a prendere un po' d'aria.”
Maria si fece largo tra la folla, allontanandosi e inoltrandosi sempre di più nel campo, alla periferia della cittadina, guardando tutti i ragazzi con le tazze in mano, seduti lì intorno, che ridevano e sembravano felici. Tutti tranne lei. In quel momento, li odiava tutti.
Maria si allontanò dalla folla e continuò a camminare, trovando alla fine una balla di fieno in un campo di granturco.
Si mise la testa tra le mani e cominciò a piangere. Si sentiva depressa e non sapeva il motivo. Soprattutto, pensò, era dovuto al fatto che Scarlet era uscita dalla sua vita. Di solito le scriveva sms cento volte al giorno. Non capiva neanche perché fosse accaduto tutto. E non riusciva a smettere di pensare a Sage, sebbene sapesse di non piacergli. Chiuse gli occhi e desiderò, desiderò e desiderò che lui apparisse.
Sage, darei qualunque cosa, pensò. Vieni qui. Ti voglio. Ho bisogno di te.
“Come mai una ragazza carina come te è seduta qui tutta sola?” giunse una voce oscura e seduttiva.
Maria trasalì, aprendo gli occhi e fu brutalmente scioccata da quello che vide. Non si trattava di Sage. Ma era un ragazzo, se possibile, persino più bello di Sage. Indossava stivali neri in pelle, un paio di jeans neri in pelle, una t-shirt dello stesso colore, e una collana nera con un dente di squalo, e sopra una giacca nera di pelle. Aveva gli occhi grigi e capelli castani e mossi, e un sorrisetto perfetto. Aveva più fascino di qualsiasi ragazzo lei avesse mai visto: assomigliava ad una rock star, che era scesa dal palco soltanto per lei.
Maria sbatté le palpebre diverse volte e si guardò intorno, chiedendosi se fosse vittima di uno scherzo. Ma lui era il solo lì, e stava davvero rivolgendo la parola proprio a lei e a nessun altro. La ragazza provò a rispondere, ma le parole le morirono in gola.
“Carina?” fu tutto ciò che riuscì a pronunciare, con il cuore che quasi le fuoriusciva dal petto.
Lui rise, e fu il suono più bello che Maria avesse mai sentito.
“Coraggio, si stanno divertendo tutti. Perché tu no?”
Senza aspettare, le si avvicinò graziosamente, tendendole una mano, e senza nemmeno rendersene conto, lei la prese, saltando dalla balla di fieno, e lo seguì, camminando mano nella mano con lui, da sola, nel campo di granturco. Lei fu così trascinata da lui, che non si fermò neanche a pensare o realizzare che tutto ciò non fosse esattamente normale. Una sua fantasia si era materializzata, e l'aveva trascinata via con sé. Ma non era affatto intenzionata a cominciare a porre delle domande.
“Beh…tu chi sei?” lei chiese, esitante, con la voce tremante, sopraffatta dalla sensazione che le provocava il tocco della sua mano.
“Stavo cercando una compagna nel campo di granturco,” lui disse con un sorriso, mentre si addentravano. “Questo è il mio giorno fortunato. Maria, giusto?”
Lei gli rivolse uno sguardo di stupore.
“Come fai a conoscere il mio nome?”
Lui sorrise e poi rise.
“Presto mi conoscerai,” lei disse, “scoprendo che so tutto. E, per quanto riguarda il mio nome, puoi chiamarmi Lore.”
Lore camminava mano nella mano con l'amica di Scarlet, contento di se stesso, scoprendo quando fosse stato semplice sedurla. Questi umani erano troppo fragili, troppo ingenui—non era nemmeno giusto. Aveva a malapena avuto bisogno di fare appello ai suoi poteri, e, nell'arco di pochi istanti, l'aveva avuta nel palmo della sua mano. Una parte di lui desiderava nutrirsi della ragazza, prosciugarla della propria energia vitale, e disporre di lei, così come aveva fatto con gli altri umani.
Ma un'altra parte gli suggeriva di essere paziente. Dopotutto, aveva volato su tutta la campagna e era atterrato proprio per lei. Lore aveva cercato un modo per arrivare a Scarlet, e, mentre volava, aveva percepito i forti sentimenti di Maria, che permeavano l'intero universo; aveva sentito il suo desiderio per Sage, la sua disperazione. Lui l'attraeva proprio come una calamita.
Lore aveva scorto Maria con la sua vista d'aquila dal cielo, e, quando si era abbassato, si era reso conto che sarebbe stata la perfetta trappola dopotutto, qualcuno così solo, così vulnerabile —e così vicino a Scarlet. Se qualcuno conosceva un modo per trovare Scarlet, quella doveva essere Maria. Lore decise di fare amicizia con lei, usarla per trovare l'amica, e, una volta raggiunto lo scopo, l'avrebbe uccisa. Nel frattempo, avrebbe comunque potuto divertirsi con lei. Quella patetica umana avrebbe creduto a qualunque fantasia possibile.
“Ecco … Non capisco …” Maria disse, mentre camminavano, con la voce scossa e nervosa. “Spiegamelo di nuovo. Hai detto che sei … nuovo di qui?”
Lore scoppiò a ridere.
“In un certo senso,” lui disse.
“Quindi, verrai nella nostra scuola?” lei gli chiese.
“Non penso che avrò tempo per la scuola,” le rispose.
“Che cosa intendi? Non hai la mia età?” gli chiese.
“Sì. Ma ho terminato la scuola tempo fa.”
Lore quasi disse secoli fa, ma si fermò all'ultimo secondo, per fortuna.
“Tempo fa? Cioé? Sei a un livello avanzato per caso?”
Lei lo guardò con occhi grandi e di ammirazione, e lui le sorrise.
“Qualcosa