Stephen Goldin

Attacco Agli Dei


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per tradurre.

      “Gli dei sono onnipotenti,” ringhiò la creatura.

      Dalla folla di Daschamesi si levò un coro di ringhi di risposta. Il computer di Dev tradusse i ringhi come un giro di Amen (così sia).

      “Gli dei sono ovunque” affermò la figura splendente e la folla rispose con un altro coro di Amen.

      “Gli dei sono buoni,” disse la figura e la risposta dalla folla fu la stessa. Dev decise di pronunciare a sua volta un “Amen” a titolo di sicurezza.

      Finita la litania, la creatura splendente iniziò a parlare. “Gli dei hanno potere di vita e di morte su tutti coloro che abitano su Dascham,” disse. “Gli dei rendono buona la caccia e ricco il raccolto, a loro discrezione. Oppure, per punire, possono rovinare i raccolti e diffondere pestilenze attraverso la foresta. Come scritto nei vecchi accordi, gli dei sono i signori supremi di Dascham, e di tutte le persone sul pianeta, e di tutte le cose esistenti al suo interno.”

      “Amen,” disse la folla e – a scoppio ritardato – Dev. Dunnis le scoccò uno sguardo buffo con la coda dell’occhio, ma non disse nulla.

      “Le regole degli dei sono assolute,” continuò la gigantesca creatura. “Gli dei sanno tutto. Non c’è modo di fuggire dal loro regno, dalla loro saggezza e dalla loro rapida giustizia. Non ci si può opporre alle loro regole caritatevoli. Ricordate, tutti voi il tempo del Rogo, e sappiate che “ricompensa” possono infliggere gli dei per la ribellione contro il loro regime.”

      La creatura tacque per un secondo, e Dev si fece quasi scappare un altro “Amen” prima di rendersi conto che nessuno lo stava dicendo. Soffocò la parola prima che le sfuggisse dalle labbra e attese in silenzio con il resto della folla, fino a che l’angelo decise di parlare ancora.

      “Quando arrivarono fra voi questi esseri dal cielo, non ci siamo opposti a loro. Sebbene molti di voi temessero che fossero i demoni che combattemmo anni fa, gli dei sapevano che erano creature mortali, proprio come voi, capaci di fare del bene e anche del male. Non obiettammo quando vi portarono commercio e merci, scambiandoli con i vostri minerali, ma quando portano anche l’eresia, allora gli dei devono fare qualcosa per difendere il mondo che è loro di diritto.”

      La creatura terminò il suo discorso fissando direttamente Dev, consapevole della sua posizione di capitano, e persona responsabile del comportamento degli umani. Lei sapeva che ci si aspettava da lei una reazione, il destino della missione commerciale della Foxfire qui poteva essere proprio in pericolo. Soffocando le sue emozioni per prevenire che qualsiasi nervosismo trasparisse dalla sua voce, avanzò e si rivolse al messaggero divino.

      “Oh, santissimo, ascoltami,” disse. La voce assunse i toni accuratamente modulati che di solito riservava alle emergenze nella sala di controllo. Non c’era assolutamente nessun eccesso di sarcasmo o di irriverenza. “Gli esseri umani sono individui, come i Daschamesi. L’individuo chiamato Zhurat, era continuamente irrispettoso dell’autorità. Era anche ubriaco stanotte, come sicuramente tu sapevi. Nella tua saggezza, la saggezza di colui che vede tutto, sei consapevole che ho cercato di dissuaderlo dalle sue azioni avventate ed eretiche; è colpa mia ed anche mia vergogna non essere riuscita a fermarlo. Hai trattato Zhurat secondo le vostre leggi ed abitudini, come è tuo diritto. Gli dei sono veramente i signori di Dascham, e possono trattare i trasgressori nel modo che ritengono giusto. Ma gli dei di Dascham sono conosciuti in tutta la galassia per l’equità della loro giustizia; io mi appello a questa giustizia e ti chiedo di non condannare tutti gli umani per la trasgressione di uno come Zhurat.”

      L’ultimo pezzo era una balla colossale. Almeno il novantanove percento della razza umana non aveva nemmeno mai sentito nominare Dascham; e la distinta minoranza che lo conosceva, considerava gli dei un pittoresco pezzo di folklore. Ma dalle tante letture sull’argomento della religione che aveva fatto Dev, sapeva che tutti gli dei avevano una caratteristica in comune: erano terribilmente sensibili all’adulazione. In una situazione così critica, non le avrebbe certo fatto male il fatto di giocare con l’ego delle divinità di Dascham.

      Non appena terminò di parlare, retrocesse e chinò la testa umilmente aspettando la risposta dell’angelo. La creatura splendente sembrò riflettere sulle sue parole per un mezzo minuto, prima di parlare di nuovo. “Gli dei sono giusti” annunciò, ad un coro di “Amen” che sembrava essersi risvegliato in quel momento. “Hanno deciso che Zhurat ha agito da solo nel suo tentativo di diffondere l’eresia fra i veri credenti. È stato punito in modo adeguato, e gli dei hanno mostrato così il loro potere a tutti i dubbiosi. Una morte veloce sarà la fine di tutti coloro che si opporranno agli dei.”

      Altri “Amen.”

      “Gli altri umani sembrano innocenti della colpa di eresia. Gli dei hanno deciso che essi vivranno e continueranno con la loro missione commerciale come prima – ma la morte di questo uomo dell’equipaggio dovrà servire da esempio. Tutti coloro che si opporranno agli dei, moriranno.”

      Questa volta, Dev, avendo ora acquisito familiarità con il Sistema, guidò il grido di “Amen” degli spettatori.

      “Grandi sono gli dei, perché loro sono il potere e la gloria nei secoli dei secoli.”

      “AMEN!”

      Con quest’ultima dichiarazione, l’Orsacchiotto Vendicatore risalì serenamente al cielo, battendo le ali di tanto in tanto. La sua spada splendeva come oro brillante mentre lui la muoveva in modo minaccioso. Dev non riusciva ad allungare troppo il collo per vederlo salire in cielo perché la pioggia torrenziale le colpiva gli occhi. Rivolse invece lo sguardo al posto dove erano state le ceneri di Zhurat. La divisa carbonizzata, ora sepolta nel pantano, rendeva impossibile distinguere i resti del suo uomo dell’equipaggio dalla melma naturale di Dascham.

      Scuotendo leggermente la testa, distolse lo sguardo. Sicuramente hanno messo in piedi uno spettacolo pazzesco, pensò—ma si guardò bene dall’esprimere questo pensiero ad alta voce.

       ***

      Dev e Dunnis tornarono alla Foxfire utilizzando il piccolo carro che i nativi avevano dato loro. Il daryek che lo trainava era un animale vecchio e dall’aspetto malato, probabilmente l’unico che i locali potevano permettersi di prestare.

      L’animale, per niente contento di essere obbligato a lavorare di notte, mostrava il suo risentimento arrancando a fatica con un passo che era appena più veloce di quello che gli umani avrebbero avuto a piedi. Il carro brontolava e avanzava a scatti attraverso i solchi sconnessi della strada, in un modo che sembrava fatto apposta per produrre i lividi peggiori al posteriore dei passeggeri. Eppure, Dev ricordava la camminata spiacevole lungo questa stessa strada per arrivare in città, e decise che queste scomodità erano assolutamente preferibili.

      I due restarono in silenzio per metà del viaggio, pensando a quello che avevano visto. Infine, Dunnis emise un lungo sospiro. “È stato spaventoso,” disse. Tutti i segni di ubriachezza nella sua voce erano scomparsi; la morte di Zhurat lo aveva reso sobrio all’improvviso.

      Dev sorrise debolmente. “Non posso dissentire.”

      “Cosa pensi che sia successo là, comunque?”

      “Gli dei hanno disintegrato Zhurat per la sua blasfemia ed un angelo è sceso sulla terra e ci ha detto di non peccare più.”

      Dunnis le scoccò uno sguardo inquisitorio. “Credi davvero a questa storia senza capo né coda?”

      “È quello che è sembrato anche a me. Sono aperta a spiegazioni migliori, se ne hai.”

      “Pensavo che voi Eoani non credeste in niente a parte voi stessi.”

      “Stai cercando di dirmi in cosa io credo?” Dev era molto cauta nel dirlo. Sarebbe stato troppo facile interpretare la sua affermazione come sarcasmo. Invece, si assicurò di incurvare gli angoli della bocca in un largo, caldo sorriso, affinché il tecnico potesse vedere che dietro la sua osservazione non si nascondeva nessuna difensiva ostile.

      Il grande rosso alzò le mani. “Francamente Capitano, non so cosa pensare. Eri così sicura