Stephen Goldin

Attacco Agli Dei


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intorno al nativo, che lottò fieramente per sfuggirgli. Gli altri tre umani si gettarono in aiuto di Dunnis, e Dev fischiò chiamando in aiuto diversi dei robot, che stavano in piedi intorno a lui, chiedendosi cosa fare. Sebbene l’alieno avesse ingaggiato una energica lotta, fu sopraffatto velocemente e consegnato a due robot.

      “Portatelo nella cabina di Zhurat e chiudetela a chiave. Poi montate una guardia sui lati della porta per assicurarvi che non scappi,” ordinò Dev alle macchine. “Dobbiamo sistemare questo casino prima di interrogarlo.”

      Mentre i robot si muovevano per obbedirle, diede uno sguardo al caos della stiva. Diverse decine di grandi scatole erano state scaraventate dalle loro pile ordinate e sparse al suolo. Dev notò con interesse che questa sezione della stiva era sempre stata un mistero per lei; Larramac si era rifiutato di dire cosa ci fosse in quelle casse particolari e a quale pianeta fossero destinate. Dev non aveva insistito, consapevole di come il suo predecessore aveva perso il lavoro; ma ora sarebbe stato impossibile per il suo capo impedirle di scoprire il segreto del loro carico.

      Mentre camminava sulla merce rovesciata, dovette fare uno sforzo enorme per tenere sotto controllo la sorpresa. Il pavimento era disseminato di armi di tutti i tipi, dalle pistole laser a fucili, granate, armi automatiche che potevano radere al suolo villaggi – un’attrezzatura sufficientemente letale da rifornire un piccolo esercito. E questo era solo il contenuto delle casse che si erano rotte. Quanto arsenale c’era ancora nei contenitori sigillati?

      Roscil Larramac era un trafficante di armi.

       ***

      Sebbene Larramac sapesse che lei aveva visto il carico, nessuno dei due disse una parola in proposito. Dev aveva diversi altri problemi che richiedevano la sua attenzione immediata, e lei si concedeva il lusso di lavorare su uno alla volta. Archiviò quindi la questione delle armi in un angolo del cervello, per futura considerazione – ma era ben lontano dall’essere dimenticata.

      “Voi tre uomini, potete mandare i robot a fare le pulizie?” chiese a Larramac. “ho pensato che dato che ho iniziato già a parlare col nostro prigioniero prima, potrei continuare il lavoro, se non avete obiezioni.”

      “No, no, procedi pure. Ci occuperemo noi delle cose qui sotto, se sei sicura che starai bene di sopra.” Il proprietario della nave parlava velocemente, cercando di coprire qualche latente senso di colpa circa il carico.

      Dev lasciò volentieri le pulizie agli uomini e alle macchine, mentre saliva attraverso il centro della nave fino al livello dei quartieri dell’equipaggio. Come da sue istruzioni, i robot avevano chiuso a chiave la porta di Zhurat, e c’erano due robot ai lati della porta.

      “Sto entrando,” disse ai robot di guardia. “Se l’alieno cerca di scappare, prendetelo e trattenetelo – ma non fategli del male.” E con questo, aprì la porta ed entrò.

      L’alieno sedeva sulla brandina pieghevole all’estremità della piccola cabina, facendosi piccolo piccolo contro la paratia e guardandola con aria truce. Dallo stile del suo abbigliamento e dalla struttura corporea generale, lei concluse che il suo prigioniero fosse un maschio della sua specie.

      “Salve, di nuovo,” disse lei in modo calmo, chiudendosi la porta alle spalle e appoggiandosi ad essa in modo studiato, per rafforzare in modo sottile il concetto che lui era suo prigioniero. La pistola era nella fondina, ora; le mani erano vuote e distese in avanti, separate in un gesto di pace. “Nonostante tutta l’eccitazione dell’ultima mezz’ora, non è cambiato praticamente niente. Non vogliamo farti nessun male. Avremmo potuto ucciderti, ma non l’abbiamo fatto. Questo dovrebbe testimoniarti le nostre buone intenzioni. Adesso tu devi provarci le tue. Ti ho già detto il mio nome. Tu come ti chiami?”

      L’alieno la fissò per un lungo momento. Alla fine, rendendosi conto di non avere alternative, se non quella di fidarsi di lei, disse “Grgat Dranna Rzinika.”

      “Benissimo, Grgat Dranna Rzinika, ti dispiacerebbe dirmi perché ti sei nascosto a bordo della mia nave?”

      “Stavo scappando.”

      “Da chi?”

      “Dagli dei.” Il computer tradusse le parole in un modo neutro, ma non ci voleva una laurea in alienologia a Dev per capire l’amarezza e il disgusto nella voce della creatura.

      “Perché?” Quando il nativo esitò per un attimo, Dev aggiunse, “Ricorda che loro non possono sentirti mentre sei su questa nave. Puoi parlare liberamente.”

      “Li odio!” esplose Grgat improvvisamente. “Sono crudeli e insensibili. Preferirei dare il mio sostegno ai demoni dei cieli esterni che vivere ancora sotto la dominazione di questi dei.”

      “Sono un demone io quindi?”

      Grgat la guardò accuratamente. “No, sembri un essere mortale come me, sebbene tu abbia poteri mistici. Ma tu vieni dal reame posseduto dai demoni, e …. e io speravo che mi avresti riportato laggiù con te.”

      Dev si spostò dalla porta verso la brandina su cui sedeva il prigioniero. Si sedette all’estremità opposta, attenta a non fare movimenti improvvisi e minacciosi. “Non sto cercando di essere polemica,” disse, “ma devo sapere le tue ragioni. Perché odi gli dei? Perché stai rischiando la tua vita per sfuggire a loro?”

      Le mani fatte a tenaglie dell’altro fremevano nervosamente. “Perché hanno ucciso mia moglie, Sennet. L’hanno uccisa senza pietà solo perché lei aveva seguito i suoi istinti naturali. Loro—”

      Dev interruppe la sua diatriba incipiente. “Sennet ha parlato contro di loro?”

      “No, e questa è l’ironia. Lei era una credente leale e sincera. Mi rimproverava sempre, spingendomi ad essere più riverente.”

      “E allora, perché l’hanno uccisa?”

      “Perché era rimasta incinta. Il nostro villaggio aveva già raggiunto la sua quota assegnata, ed anche dopo che alcuni erano morti – ivi compresa la nostra unica figlia – hanno rifiutato di permetterci di aumentare. Doveva essere il nostro turno, ma quando Sennet era rimasta incinta, gli dei mandarono uno dei loro messaggeri per rimuovere il bambino dalla sua pancia. Di fronte all’intero villaggio, lei pregò e supplicò l’angelo di non prendere il nostro bambino. Lei era rispettosissima mentre lo supplicava, ma anche così – solo per mostrare quanto sia futile e inutile discutere con gli dei – loro l’hanno uccisa. Poi, dato che il nostro villaggio era molto al di sotto della quota, hanno dato la concessione alla coppia successiva nella lista.”

      Quando ebbe terminato di parlare, Grgat si guardò i piedi, evitando completamente gli occhi di Dev. “Non posso adorare degli esseri che possono fare una cosa così crudele ad un loro seguace leale come lo era Sennet. Non mi interessa se sono dei, o se possono uccidermi con solo un singolo pensiero – non posso adorarli.”

      “No,” disse sommessamente Dev—così sommessamente che il suo computer per poco non capì le parole da tradurre. “No, io non mi aspetterei che lo facessi.” Tutti i suoi istinti le suggerivano di circondare le spalle di Grgat in un abbraccio confortante – ma aveva paura che l’alieno potesse fraintendere il gesto. Così tenne le mani in grembo.

      Grgat continuò come se non l’avesse udita. “Ecco perché quando la vostra nave è arrivata alcuni giorni dopo, ho deciso di nascondermi a bordo e di viaggiare su fino al reame dei demoni. Di sicuro non potrebbero essere peggio degli dei che ho dovuto sopportare. Quando avete caricato una partita di minerali grezzi a bordo della nave oggi pomeriggio, mi sono nascosto lì dentro. Sarei rimasto nascosto lì fino a che non mi aveste trovato. Non volevo farvi alcun male, lo giuro.”

      “Ti credo,” disse Dev. Poi, come se avesse avuto un retro-pensiero, aggiunse: “Devi essere tremendamente affamato, però, se sei rimasto qui dentro tutto il giorno senza cibo.”

      “Lo sono. Ma mi aspetto di soffrire.”

      “Non ha senso. Anche i prigionieri peggiori hanno il diritto di mangiare – e qualunque sia il tuo stato, sei a un livello superiore ad essi. La chimica del tuo corpo non è troppo diversa