di proseguire le indagini fino a tardi era forte, pensò che contattare Robbie Huston telefonicamente sarebbe stata la stessa cosa che andare a Lynchburg di persona. Tra l’altro, iniziava a pensare che lo sceriffo Clarke sapesse il fatto suo e se lui non aveva sospetti su Huston, per il momento le poteva bastare. Era uno degli aspetti migliori del lavorare in una piccola città: quando tutti sapevano praticamente tutto di tutti, si poteva fare affidamento sulle opinioni della polizia del posto.
Però vale comunque la pena telefonargli una volta che ci siamo sistemati, pensò.
“Hotel” disse. “Se non sarò soddisfatta della telefonata, faremo tappa a Lynchburg domani.”
“Prima di andare a Treston? Sarà un lungo viaggio.”
Lei annuì. Avrebbero fatto avanti e indietro parecchio. Forse l’indomani sarebbe stato meglio separarsi. Ma potevano discutere di strategia dopo aver preso una stanza con l’aria condizionata.
Nonostante Mackenzie non fosse attratta dal lusso, l’idea di un condizionatore in quel caldo opprimente era troppo allettante. Entrarono nella macchina bollente, Ellington abbassò i finestrini e si diressero a ovest, verso il cuore di Stateton.
***
L’unico motel di Stateton era un edificio quadrato sorprendentemente curato, chiamato Stateton Inn. C’erano solo dodici stanze, nove delle quali erano libere quando Mackenzie ne chiese una. Adesso che McGrath sapeva della loro relazione, lei ed Ellington non si preoccupavano più di prendere due camere solo per salvare le apparenze. Presero una singola con letto matrimoniale e, dopo quella giornata stressante passata a guidare nell’afa, ne fecero buon uso appena chiusa la porta alle loro spalle.
Dopo, mentre Mackenzie si faceva la doccia, non poté fare a meno di apprezzare la dolce sensazione di sentirsi desiderata. C’era dell’altro, però; il fatto che avessero iniziato a spogliarsi nel primo istante in cui erano soli e avevano un letto a disposizione la faceva sentire dieci anni più giovane. Era una bella sensazione, ma si sforzava in ogni modo di tenerla a freno. Vero, si stava godendo le cose con Ellington e, comunque si volesse chiamare quello che c’era tra loro, era una delle più cose più eccitanti e promettenti che le capitavano da anni; però sapeva anche che, se non fosse stata attenta, avrebbe interferito con il suo lavoro.
Mackenzie intuiva che anche lui lo sapeva. I rischi per lui erano gli stessi: reputazione, derisione e un cuore infranto. Anche se ultimamente non era sicura che fosse preoccupato di quest’ultima cosa. Più lo conosceva, più era certa che Ellington non fosse il tipo da andare a letto con chiunque o che trattasse male le donne, però sapeva anche che era appena uscito da un matrimonio fallito e procedeva con molta cautela nella loro relazione, se così la volevano definire.
Aveva l’impressione che Ellington non sarebbe rimasto scosso più di tanto se le cose tra loro fossero finite. In quanto a lei... non sapeva come l’avrebbe presa.
Mentre usciva dalla doccia e si asciugava, Ellington entrò in bagno. Forse avrebbe voluto unirsi a lei sotto la doccia, ma era arrivato tardi. La guardò malizioso, come sempre, ma il suo sguardo era anche carico di qualcos’altro; lei la definiva la sua “espressione da lavoro.”
“Che c’è?” gli chiese scherzosamente.
“Domani... non vorrei, ma forse dovremmo dividerci. Uno di noi può andare a Treston, mentre l’altro rimane qui a lavorare con la polizia e il medico legale.”
Mackenzie sorrise quando si rese conto di quanto a volte fossero in sintonia. “Stavo pensando la stessa cosa.”
“Hai preferenze?” le chiese.
“Non direi. Posso andare io a Lynchburg e Treston. Guidare non mi dispiace.”
Pensò che avrebbe protestato, insistendo per mettersi lui in viaggio. Sapeva che Ellington non amava particolarmente guidare, ma non gli andava nemmeno a genio l’idea di saperla sola per strada.
“Per me va bene” disse invece. “Se a fine giornata saremo riusciti a raccogliere informazioni dalla casa di cura a Treston e dal medico legale qui, forse riusciremo davvero a risolvere il caso velocemente come tutti si aspettano tutti.”
“Sarebbe fantastico” gli disse, poi lo baciò sulle labbra e uscì dal bagno.
Tornata in camera, si affacciò alla sua mente un pensiero che la fece sentire quasi un’innamorata persa, ma che era innegabile.
E se lui non prova le stesse cose che io provo per lui?
Nell’ultima settimana l’aveva sentito un po’ distante e, anche se Ellington aveva fatto del proprio meglio per nasconderlo, lei se n’era accorta.
Forse si è reso conto di quanto tutto questo potrebbe influenzare il nostro lavoro.
Era una buona motivazione, a cui anche lei pensava spesso. Però non poteva preoccuparsi di quello adesso. Con il referto del medico legale che stava per arrivare, il caso poteva essere ad un punto di svolta. E sapeva che, se la sua mente rimaneva concentrata su Ellington e su quello che significavano l’uno per l’altra, forse le indagini non sarebbero riuscite a decollare.
CAPITOLO SEI
Quando si separarono la mattina seguente, Mackenzie notò con sorpresa che Ellington era particolarmente serio. La abbracciò un po’ più a lungo del normale nella stanza del motel e quando Mackenzie lo lasciò alla stazione di polizia di Stateton sembrava piuttosto depresso. Dopo averlo salutato agitando la mano dietro il parabrezza, Mackenzie tornò sulla strada principale per il viaggio di due ore e quaranta minuti che la aspettava.
In mezzo ai boschi la ricezione del cellulare era irregolare. Riuscì a telefonare al secondo potenziale sospetto indicato da Jones, Robbie Huston, solo quando fu circa quindici chilometri fuori da di Stateton. Quando infine riuscì a far partire la chiamata, l’uomo rispose al secondo squillo.
“Pronto?”
“Parlo con Robbie Huston?” gli chiese.
“Sì. Chi è?”
“Sono l’agente Mackenzie White, FBI. Mi chiedevo se stamattina avesse tempo di scambiare qualche parola con me.”
“Ehm... posso chiederle a proposito di cosa?”
La confusione e la sorpresa dell’uomo erano sincere, lo si intuiva persino al telefono.
“A proposito di un’ospite della Casa per Ciechi Wakeman che credo conosca anche lei. Non posso rivelarle altro per telefono, perciò le sarei grata se potesse dedicarmi cinque, massimo dieci minuti del suo tempo. Sarò a Lynchburg tra circa un’ora.”
“Certo” disse l’uomo. “Lavoro da casa, quindi se vuole può venire direttamente al mio appartamento.”
Dopo aver ricevuto l’indirizzo, Mackenzie terminò la telefonata. Impostando il navigatore, constatò sollevata che per raggiungere l’appartamento ci sarebbero voluti solo venti minuti in più di viaggio.
Mentre raggiungeva Lynchburg non riuscì a concentrarsi sul caso in corso, distratta dalle centinaia di domande senza risposta che riguardavano il vecchio caso di suo padre e la recente morte che lo aveva riportato alla luce. Per chissà quale motivo, chiunque avesse ucciso suo padre aveva ucciso anche qualcun altro in modo molto simile.
E, ancora una volta, l’omicida aveva lasciato sulla scena un criptico biglietto da visita. Ma perché?
Aveva passato settimane a cercare di scoprirne il significato. Forse il killer era semplicemente sfacciato, oppure i biglietti erano stati lasciati per depistare le indagini... quasi stesse giocando al gatto col topo. Sapeva che sul caso c’era ancora Kirk Peterson, un umile e scrupoloso detective privato in Nebraska che Mackenzie non conosceva abbastanza da potersi fidare completamente di lui. Aveva l’impressione che il puzzle fosse quasi completo, ma che qualcuno avesse nascosto di proposito un pezzo, determinato a rimetterlo in tavola all’ultimo istante.
Non si era mai sentita tanto demoralizzata in vita sua. Non si