osservava ciò che aveva davanti e lentamente ma con sicurezza sentì il cuore che si gonfiava di un improvviso senso di vittoria, di trionfo. Picchi maestosi si levavano dritti verso il cielo formando una circonferenza. Un luogo che poteva essere solo una cosa: il Crinale.
Era lì all’orizzonte, alto verso l’aria, magnifico, vasto, che si allungava a perdita d’occhio da ogni parte, e lì, in cima, luccicanti al sole, fu meravigliato di vedere migliaia di soldati in splendide armature che stavano di guardia.
L’aveva trovato. Lui e solo lui l’aveva trovato.
I suoi uomini si fermarono di colpo e poterono vederlo anche loro, sollevando lo sguardo in ammirazione e meraviglia, le bocche spalancate, tutti pensando la stessa cosa che stava pensando lui: quel momento era storia. Sarebbero stati tutti eroi, conosciuti per generazioni nella tradizione dell’Impero.
Con un largo sorriso il comandante si voltò verso i suoi uomini che ora lo guardavano con rispetto: poi strattonò la propria zerta e si girò di nuovo, preparandosi a tornare nel muro di sabbia, a rifare tutta la strada senza fermarsi fino a che avrebbe raggiunto la base dell’Impero e riportato ai Cavalieri del Sette ciò che aveva appena scoperto. Nel giro di pochi giorni, ne era certo, l’intero esercito dell’Impero sarebbe sceso su quel posto: il peso di un milione di uomini lanciati per distruggere. Avrebbero attraversato quel muro di sabbia, avrebbero scalato il Crinale e avrebbero annientato quei cavalieri, conquistando l’ultimo territorio rimasto libero nell’Impero.
“Uomini,” disse. “È giunto il nostro momento. Preparatevi a far sì che i vostri nomi siano impressi nell’eternità.”
CAPITOLO TRE
Kendrick, Brandt, Atme, Koldo e Ludvig camminavano in mezzo alla Grande Desolazione mentre i due soli nascevano nel deserto, avanzando a piedi come ormai avevano fatto per tutta la notte, determinati a salvare il giovane Kaden. Marciavano seri, cadenzati da un ritmo silenzioso, tutti con le mani alle armi, tutti con gli sguardi bassi e intenti a seguire le tracce dei Camminasabbia. Le centinaia di impronte li conducevano sempre più verso il centro di quel paesaggio di desolazione.
Kendrick iniziava a chiedersi se sarebbe mai finito. Si era meravigliato di essersi ritrovato in quella posizione, di nuovo in quella Desolazione dove aveva giurato di non mettervi più piede, soprattutto a piedi e senza cavalli, senza provviste, senza modo di tornare indietro. Avevano rimesso il loro destino nelle mani degli altri cavalieri del Crinale, sperando che sarebbero tornati con cavalli, ma se non l’avessero fatto si erano appena comprati un biglietto di sola andata per quell’impresa senza ritorno.
Ma era questo ciò che significava valore, Kendrick lo sapeva. Kaden, un bravo e giovane guerriero con un grande cuore, era stato nobilmente di guardia e si era avventurato coraggiosamente nel deserto per dare prova di se stesso, finendo però rapito da quelle bestie selvagge. Koldo e Ludvig non potevano voltare le spalle al loro fratello più giovane, per quanto misere fossero le possibilità; e Kendrick, Brandt e Atme non potevano abbandonarli tutti: il loro senso del dovere e dell’onore li obbligava a fare diversamente. Quei bravi cavalieri del Crinale li avevano accolti con ospitalità e gentilezza quando ne avevano avuto maggiormente bisogno ed ora era giunto il momento di ripagare il favore, a qualsiasi costo. La morte significava poco per lui, ma l’onore era tutto.
“Dimmi di Kaden,” disse Kendrick voltandosi verso Koldo, desideroso di spezzare la monotonia del silenzio.
Koldo sollevò lo sguardo, stupito dal profondo silenzio, e sospirò.
“È uno dei migliori giovani guerrieri che mai incontrerai,” disse. “Il suo cuore è sempre più grande della sua età. Voleva essere un uomo ancora prima di diventare ragazzo, voleva brandire una spada prima di poterne tenere in mano una.”
Scosse la testa.
“Non mi sorprende che si sia avventurato troppo a fondo, che sia stato il primo in pattuglia ad essere stato preso. Non si tira indietro davanti a niente, soprattutto se si tratta di sorvegliare gli altri.”
Ludvig si intromise.
“Se chiunque di noi fosse stato preso,” disse, “il nostro fratellino sarebbe stato il primo ad offrirsi volontario. È il più giovane tra noi, e rappresenta ciò che di meglio c’è in noi.”
Kendrick aveva dato per scontato tutto ciò da quello che aveva visto parlando con Kaden. Aveva riconosciuto in lui lo spirito del guerriero, anche nella sua giovane età. Kendrick sapeva, come sempre, che l’età non aveva nulla a che vedere con l’essere guerriero: lo spirito guerriero risiedeva in una persona, oppure no. Lo spirito non poteva mentire.
Continuarono a marciare a lungo, tornando nel loro costante silenzio mentre i soli salivano più in alto, fino a che Brandt si schiarì la gola.
“E cosa mi dici di questi Camminasabbia?” chiese a Koldo.
Koldo si voltò verso di lui mentre marciavano.
“Un feroce gruppo di nomadi,” rispose. “Più bestie che umani. Sono conosciuti per stare a guardia della periferia del Muro di Sabbia.”
“Spazzini,” si intromise Ludvig. “Sono famigerati per trascinare le loro vittime nel mezzo del deserto.”
“Dove?” chiese Atme.
Koldo e Ludvig si scambiarono uno sguardo misterioso.
“Dove si riuniscono, dove svolgono un rituale e fanno a pezzi le loro prede.”
Kendrick rabbrividì pensando a Kaden e al destino che lo aspettava.
“Quindi c’è poco tempo da perdere,” disse Kendrick. “Corriamo, che dite?”
Tutti si guardarono, conoscendo la vastità di quel luogo e capendo che avevano dinnanzi una lunga corsa, soprattutto dato il crescente calore e con le loro armature addosso. Sapevano tutti quanto rischioso sarebbe stato non misurarsi in quell’ambiente che non perdonava nessuno.
Ma non esitarono: tutti insieme si misero a correre. Correvano nel nulla, con il sudore che presto iniziò a scorrere lungo i loro volti, sapendo che se non avessero presto trovato Kaden il deserto li avrebbe uccisi tutti.
*
Kendrick ansimava mentre correva, il secondo sole ora alto sopra la sua testa, la sua luce accecante, il suo calore soffocante. Eppure lui e gli altri continuavano a correre, tutti ansimando, con le placche delle armature che sbattevano tra loro. Il sudore colava dal volto di Kendrick e gli bruciava negli occhi tanto da impedirgli di vedere. Mentre i polmoni quasi gli scoppiavano, non aveva mai saputo di poter desiderare così tanto dell’ossigeno. Kendrick non aveva mai provato niente di simile al calore di quei due soli, così intenso, come se stesse per bruciargli la pelle scorticandola dal corpo.
Non sarebbero andati tanto lontano con quel caldo, a quel passo: Kendrick lo sapeva. Presto sarebbero tutti morti lì, collassati, diventati nient’altro che cibo per gli insetti. Invece, mentre correvano, Kendrick udì uno stridio lontano e sollevando lo sguardo vide degli avvoltoi che volavano in cerchio, come facevano ormai da ore, abbassandosi sempre più. Erano sempre i più furbi: sapevano quando era imminente una morte fresca fresca.
Mentre Kendrick fissava le impronte dei Camminasabbia che ancora si allungavano all’orizzonte, non si capacitava di come avesse potuto coprire così tanta strada così rapidamente. Pregava solo che Kaden fosse ancora vivo e che non stessero facendo tutto questo per niente. Ma nonostante tutto non poteva fare a meno di chiedersi se mai l’avrebbero davvero raggiunto. Era come seguire delle impronte in un oceano che si stava ritirando.
Kendrick si guardò attorno e vide gli altri pure chini, tutti impegnati ad arrancare più che a correre, capaci appena di reggersi in piedi ma determinati come lui a non fermarsi. Kendrick sapeva – lo sapevano tutti – che non appena avessero smesso di muoversi sarebbero morti.
Kendrick voleva interrompere la monotonia del silenzio, ma era troppo stanco per parlare agli altri adesso e sforzò le gambe di andare avanti, sentendole pesanti tonnellate. Non osò neppure usare la sua energia