intima, consumata dall’uso. Con i suoi picchi e le sue guglie sembrava una città delle favole, soprattutto stagliata contro lo sfondo delle acque blu che giacevano dietro di essa. Oltre ancora si vedevano le torreggianti vette del Crinale che si sollevavano disegnando un grosso cerchio, come una barriera contro il resto del mondo.
Così nascosta, così riparata dal resto del mondo, Gwen non poteva immaginare come qualcosa di brutto potesse mai capitare a quel luogo.
Il re sospirò.
“Difficile immaginare che questo posto stia morendo,” disse, e lei si rese conto che stava pensando come lei.
“Difficile immaginare,” aggiunse, “che io sto morendo.”
Gwen si voltò verso di lui e vide i suoi occhi azzurri e sofferenti, pieni di tristezza. Provò un’ondata di preoccupazione.
“Di quale malattia, mio signore?” gli chiese. “Sicuramente, di qualsiasi cosa si tratti, è qualcosa che i guaritori possono trattare.”
Scosse lentamente la testa.
“Sono stato da ogni guaritore,” le rispose. “I migliori del regno, ovviamente. Non hanno nessuna cura. È un tumore che si sta diffondendo dentro di me.”
Sospirò e guardò verso l’orizzonte e Gwen si sentì oppressa dalla tristezza per lui. Perché accadeva sempre, si chiese, che le persone buone venivano colpite dalla tragedia mentre i malvagi in qualche modo riuscivano a rigogliare?
“Non provo pietà per me stesso,” aggiunse il re. “Accetto il mio destino. Ciò che ora mi preoccupa non è me stesso, ma la mia famiglia. I miei figli. Il mio regno. Questo è tutto ciò che conta adesso. Non posso progettare il mio futuro, ma almeno posso programmare il loro.”
Si voltò verso di lei.
“Ed è per questo che ti ho chiamata.”
Gwen si sentiva spezzare il cuore per lui e sapeva che avrebbe fatto qualsiasi cosa per aiutarlo.
“Per quanto io voglia,” gli rispose, “non vedo come possa aiutarti. Hai un intero regno a tua disposizione. Cosa posso offrire io che non possano fare già gli altri?”
Lui sospirò.
“Abbiamo in comune gli stessi obiettivi,” le disse. “Tu desideri vedere l’Impero sconfitto e anche io. Tu desideri un futuro per la tua famiglia, per il tuo popolo, un luogo di salvezza e sicurezza, lontano dalle grinfie dell’Impero. Lo desidero anche io. Ovviamente abbiamo questa pace qui e adesso, dietro al riparo del Crinale. Ma non è una vera pace. La gente libera può andare ovunque, noi no. Non saremo mai liberi fino a quando ci nasconderemo. C’è una differenza sostanziale.”
Sospirò di nuovo.
“Ovviamente viviamo in un mondo imperfetto e questo potrebbe essere il meglio che abbiamo da offrire. Ma io penso di no.”
Fece silenzio a lungo e Gwen si chiese dove volesse andare a parare.
“Viviamo le nostre vite nella paura come mio padre fece prima di me,” continuò alla fine. “Paura di essere scoperti, che l’Impero ci trovi qui nel Crinale, che arrivino e portino la guerra alle nostre porte. E i guerrieri non dovrebbero mai vivere nella paura. C’è una linea sottile tra sorvegliare un castello ed avere paura di uscire tranquillamente allo scoperto. Un grande guerriero può fortificare i cancelli e difendere il suo castello, ma un guerriero ancora più grande può spalancarli e affrontare senza paura chiunque bussi.”
Si voltò verso di lei e vide la determinazione regale nei suoi occhi, poté sentire la forza che emanava e in quel momento capì perché era re.
“Meglio morire affrontando il nemico, coraggiosamente, che aspettare al sicuro che arrivi alle nostre porte.”
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