Морган Райс

Una Canzone Per Gli Orfani


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stesse risposte.

      Udì della fuga di Sofia e della servitrice attraverso la città da una serie di paesani così sporchi che in altre circostanza mai li avrebbe degnati della sua attenzione. Ricordavano il fatto perché era stata la cosa più entusiasmante che fosse successa nelle loro misere vite in settimane. Forse lei e Sebastian sarebbero diventati per loro un altro gradito pettegolezzo. Angelica sperava di no. Dalla moglie pettegola di un pescatore che le si inginocchiò davanti al suo passaggio, Angelica udì di un inseguimento tra le vie cittadine. Da un monello così arruffato da non poter dire se fosse maschio o femmina venne a sapere che si erano nascoste nei barili caricati su un carro.

      “E poi la donna con il carro ha detto loro di andare con lei,” le disse la lercia creatura. “Sono partite tutte insieme.”

      Angelica gli lanciò una monetina. “Se mi stai raccontando una bugia, appurerò che tu venga gettato da un ponte.”

      Ora che sapeva del carro, era facile rintracciare il loro avanzamento. Si erano dirette verso l’uscita più settentrionale della città e da lì appariva chiaro dove fossero andate: Monthys. Angelica accelerò, sperando che le informazioni della vedova fossero corrette, anche se si chiedeva cosa la vecchia le tenesse nascosto. Non le piaceva fare da pedina nel gioco di qualcun altro. Un giorno quella megera l’avrebbe pagata cara.

      Per ora doveva raggiungere Sebastian.

      Angelica non aveva pensieri riguardo al tentativo di fargli cambiare idea, non ancora. Sarebbe bruciato per il bisogno di scoprire che… che… Angelica non riusciva a pensare a parole sufficientemente dure per descrivere una delle vincolate che fingeva di essere ciò che non era, che seduceva un principe che doveva essere di Angelica e che non era stata altro che un ostacolo fin dal suo arrivo.

      Non poteva permettere che Sebastian la trovasse, ma certo non si sarebbe lasciato dissuadere dalla ricerca solo se lei gliel’avesse chiesto. Questo significava che lei doveva agire, e agire in fretta, se intendeva far funzionare le cose.

      “Via dai piedi!” gridò prima di speronare il cavallo spingendolo avanti a una velocità che avrebbe garantito una disastrosa caduta a qualsiasi stupido si fosse messo in mezzo. Si diresse fuori dalla città, ipotizzando la via che doveva aver preso il carro. Attraversò i campi, saltando le siepi e sentendo lo sfregamento dei rami contro gli stivali. Doveva fare tutto il possibile per arrivare davanti a Sebastian prima che lui andasse troppo lontano.

      Alla fine vide un incrocio davanti a sé e un uomo appoggiato al segnavia con un bottiglione di sidro in mano e l’aria di chi non intende muoversi.

      “Tu,” disse Angelica. “Sei qui tutti i giorni? Hai visto un carro con tre ragazze passare di qua diretto verso nord qualche giorno fa?”

      L’uomo esitò e guardò il suo bottiglione. “Io…”

      “Non importa,” disse Angelica. Sollevò un borsello e il tintinnio dei Reali che conteneva si rivelò inconfondibile. “Ora diciamo di sì. Un giovane di nome Sebastian ti farà la stessa domanda, e se vuoi le monete dirai di sì. Che le hai viste. Tre ragazze, una con i capelli rossi, una vestita come una servitrice a palazzo.”

      “Tre ragazze?” chiese l’uomo.

      “Una con i capelli rossi,” ripeté Angelica con quello che sperava fosse un buon livello di pazienza. “Ti hanno chiesto la strada per andare a Barriston.”

      Era la direzione sbagliata, ovviamente. E inoltre era un viaggio che avrebbe tenuto occupato Sebastian per un po’, e che avrebbe raffreddato il suo sciocco desiderio di Sofia vedendo che non la trovava. Gli avrebbe dato la possibilità di ricordare il suo dovere.

      “Tutte queste cose?” chiese l’uomo.

      “Tutte se vuoi il denaro,” rispose seccamente Angelica. “Metà adesso e metà quando avrai finito. Ripeti, così posso capire che non sarai troppo ubriaco quando sarà il momento.”

      Riuscì a ripetere tutto, e anche abbastanza bene. Angelica gli diede il denaro e andò avanti, chiedendosi quanto ci avrebbe messo a capire che lei non sarebbe tornata con l’altra metà. Sperava che non ci arrivasse se non un bel po’ dopo il passaggio di Sebastian.

      Per quanto la riguardava, a quel punto avrebbe dovuto trovarsi ben lontana. Non poteva permettersi che Sebastian la vedesse, altrimenti avrebbe capito ciò che aveva fatto. E poi aveva bisogno di tutto il vantaggio possibile. Era una lunga strada quella che portava a Monthys, e Angelica doveva finire tutto quello che aveva bisogno di fare prima che Sebastian capisse il suo errore e tornasse al seguito.

      “Ci sarà abbastanza tempo,” si rassicurò Angelica mentre avanzava verso nord. “Farò tutto e tornerò ad Ashton prima che Sebastian capisca che va tutto storto.”

      Farcela. Un modo così delicato di metterlo a parole, come se fosse ancora a corte, fingendo lo shock e lo stupore mentre sentiva le indiscrezioni di qualche nobile minore nella cerchia dei pettegolezzi. Perché non dire quello che intendeva veramente? Che una volta trovata Sofia ci sarebbe stata solo una cosa da fare per assicurarsi che non interferisse più con lei o con la vita di Sebastian. Solo una cosa che avrebbe chiarito che Sebastian era suo, e che avrebbe mostrato alla vedova che Angelica era intenzionata a fare tutto ciò che fosse richiesto per assicurare la sua posizione. C’era solo una cosa che avrebbe mantenuto Angelica al sicuro.

      Sofia doveva morire.

      CAPITOLO QUATTRO

      Sebastian non aveva alcun dubbio, mentre cavalcava, che ci sarebbero stati problemi per quello che stava facendo. Andarsene a quel modo, contro gli ordini di sua madre, evitando il matrimonio che aveva predisposto per lui? Per un nobile di un’altra famiglia sarebbe bastato per garantire di essere diseredato. Per il figlio della vedova era pari al tradimento.

      “Non arriverà a questo,” disse Sebastian mentre il cavallo galoppava in avanti. “E anche se fosse, ne vale la pena per Sofia.”

      Sapeva a cosa stava rinunciando comportandosi a quel modo. Quando l’avesse trovata, quando l’avesse sposata, non sarebbero potuti tornare ad Ashton trionfanti, prendendo residenza nel palazzo e dando per scontato che tutti fossero felici. Se fossero stati capaci di tornare, sarebbe accaduto sotto la nube della disgrazia.

      “Non mi interessa,” disse Sebastian al suo cavallo. Preoccuparsi di disgrazie e onore era stato ciò che l’aveva messo in quel casino, tanto per cominciare. Aveva messo Sofia da parte per quello che credeva che la gente avrebbe pensato di lei. Non aveva neanche aspettato che alzassero le loro voci di disapprovazione, sapendo quello che avrebbero detto.

      Era stata una cosa debole e codarda da fare, e ora lui intendeva risolverla, se poteva.

      Sofia valeva più di una decina delle nobili con cui aveva passato il tempo crescendo. Più di cento di esse. Non importava che avesse il marchio della Dea Mascherata tatuato sul polpaccio: era l’unica donna che Sebastian avesse mai sognato di sposare.

      Di certo non Milady d’Angelica. Era tutto ciò che rappresentava la corte: vana, vuota, manipolatrice, concentrata sul proprio benessere e successo piuttosto che su quello degli altri. Non importava che fosse bellissima, o della giusta famiglia, che fosse intelligente o ideale per sigillare un’alleanza all’interno del paese. Non era la donna che Sebastian desiderava.

      “Sono stato duro con lei quando me ne sono andato,” disse Sebastian. Si chiedeva cos’avrebbe pensato un qualsiasi spettatore, e per molti aspetti il cavallo era un ascoltatore migliore della maggior parte delle persone che lo circondavano quando stava a palazzo.

      Sapeva come funzionavano le cose lì. Angelica non aveva tentato di ingannarlo: aveva semplicemente tentato di descrivere nel miglior modo possibile qualcosa che sapeva lui avrebbe trovato spiacevole. Aveva guardato la cosa attraverso gli occhi di un mondo dove tutti e due non avevano scelta su chi sposare, e questo poteva addirittura apparire come un gesto gentile.

      Solo che Sebastian non voleva più pensare così.

      “Non voglio restare incastrato in un posto dove il mio unico dovere