lo scarico di una nave da carico che consegnava materiali per la costruzione. Aveva dieci anni, un ragazzo serio e studioso, piuttosto alto per la sua età – specie rispetto ai ragazzi grechi meno ben nutriti – con l’aspetto piuttosto scuro di suo padre e la figura magra sormontata dai capelli chiari ereditati dalla madre.
Uno dei camion di passaggio stava trasportando pile di mattoni di cemento. Quando venne verso Giuseppe e Marco, dovette frenare all'improvviso e sterzare per evitare un gruppo di persone che stavano andando verso uno degli idrovolanti in attesa. Uno dei blocchi in cima alla pila scivolò e si schiantò sul molo sfiorando Giuseppe e Marco. “Ma che…” urlò Giuseppe, mentre Marco, saltando per spostarsi, cadde dal molo direttamente in mare. “Marco”, urlò suo padre. “Non sa nuotare – aiuto!” C'era un salvagente appeso nelle vicinanze e corse per gettarlo in acqua.
Yiannis, che era seduto in cabina, vide quello che stava accadendo. Senza pensarci, aprì lo sportello, saltò sul molo e si gettò in acqua. Nuotò verso il punto dove Marco aveva cominciato ad affondare e si immerse per afferrare la camicia di Marco, proprio come aveva recuperato la Croce. Lottò con il ragazzo che si agitava in preda al panico. Ansimando, tornò in superficie, prese un bel respiro prima che Marco lo tirasse giù di nuovo. Di nuovo si sforzò di tornare in superficie e sentì il pesante salvagente di sughero tirato da Giuseppe colpirlo dolorosamente sulla testa mentre riemergeva. Riuscì ad afferrarlo con la sua mano libera e a tirare Marco in superficie dove emerse facendo un sacco di schizzi alla ricerca di aria. “Calmati – Ti ho” disse, mentre Marco scalciava e muoveva le sue braccia freneticamente.
Gli spettatori sul molo applaudirono quando Yiannis tirò il ragazzo a riva dove Giuseppe e il guidatore del camion stavano aspettando per aiutarli a uscire.
“Che diavolo stava facendo?” urlò Giuseppe al guidatore mentre abbracciava suo figlio. “Avrebbe potuto ucciderci. E chi ha caricato quei blocchi? Avrebbero dovuti essere legati!”
Yiannis alzò lo sguardo “Li ho caricati io. Mi dispiace veramente, quelle persone ci si sono parate davanti all'improvviso.”
“Tu? Chi sei tu?” Si rivolse al ragazzo greco piuttosto trasandato, che vide essere robusto ma più piccolo di suo figlio di una testa.
“Sono Yiannis Raftopoulos. Mio papà sta costruendo i nuovi alloggi militari laggiù” indicò lungo il molo. “Mi ha detto di consegnare questi blocchi.”
“Spiros. Sei il figlio di Spiros?”
“Sì.”
“Lo conosco, è un brav'uomo. Ma non dovrebbe permettere a un ragazzo di fare questo tipo di lavoro. Quei blocchi non erano messi in sicurezza adeguatamente.”
“Lo so, mi dispiace, non me ne ero reso conto.” Yiannis trattenne una sensazione infantile che poteva farlo scoppiare in lacrime. “Non sarebbe caduto se non avessimo dovuto sterzare così improvvisamente.”
Giuseppe ora si stava calmando. “Beh, stai più attento la prossima volta. Comunque, devo ringraziarti. Almeno hai salvato Marco.”
Marco, a cui era stata data una coperta da uno degli steward dell’idrovolante, disse “grazie. Credo che sia giunto il momento di imparare a nuotare!” Porse la mano a Yiannis, “Sono Marco e lui è mio papà.”
“Potrei insegnarti se ti va. Prometto che non ti getterò in mare.”
Giuseppe, ora completamente calmo disse “Sembra una buona idea. Stai bene ora figliolo?”
“Sì, sto bene.”
“Bene, andiamo a casa. Possiamo parlarne domani quando Spiros sarà qui.”
Spiros voleva incoraggiare Yiannis a fare amicizia con i figli degli italiani con cui aveva a che fare. Stava incoraggiando Yiannis a imparare la lingua in modo che non avesse lo svantaggio che lui aveva provato quando gli italiani erano arrivati per la prima volta a Lero, quindi fu felice che Yiannis avesse incontrato il figlio di Giuseppe, nonostante le circostanze. Il giorno successivo i padri e i loro figli si incontrarono. Spiros si scusò molto ma Giuseppe lo riassicurò. “Va tutto bene, siamo stati fortunati, nessuno si è fatto male e il suo ragazzo avrà imparato una lezione.”
“Sì. Lo so. Gli ho dato una bella ripassata di botte. In futuro starà più attento.”
Giuseppe si allarmò un po’ nel sentirlo. “É stato solo un incidente.”
“Certo, ma il piccolo bastardo deve imparare. Non succederò ancora.”
“Bene, vorrei accettare la sua offerta. Può dare a Marco qualche lezione di nuoto?”
“Non so. Abbiamo molto lavoro e per farlo mi serve Yiannis.”
“Guarda, quanti anni ha il ragazzo?”
“10 – perché me lo chiedi?”
“La stessa età di Marco – ma non è un po' troppo giovane per lavorare così duramente? Sono affari tuoi, credo, ma suppongo che imparerebbe meglio la lezione se dovesse fare qualcosa per rimediare. Ecco perché vorrei che desse qualche lezione a Marco. Cosa ne pensi?”
A denti stretti, Spiros acconsentì e si accordarono affinché i ragazzi si incontrassero più tardi alla spiaggia della baia.
Yiannis si dimostrò un insegnante bravo quasi quanto suo padre e aiutò velocemente Marco a superare le sue paure e a imparare a nuotare. Dopo le lezioni, se Yiannis non era desiderato da suo padre per produrre o consegnare i blocchi, andavano a pescare, portando il pesce dal mare sul molo usando dei fili cu cui avevano legato sottili spilli piegati come ami. Come esca mettevano dei pezzi di pane o, se li trovavano, i corpi magri dei mitili che crescevano sugli scogli. Yiannis insegnò a Marco come uccidere velocemente un pesce mettendo le dita nelle branchie e spezzandogli il collo e come rimuovere la lisca e sviscerarlo.
Quando crebbero, cominciarono a “fare le vasche” lungo l’ampia strada sul lungomare della città nuova, flirtando con le ragazze che incrociavano e unendosi agli altri giovani per pavoneggiarsi. La città si stava sviluppando rapidamente ed era piuttosto diversa rispetto a qualsiasi altra città greca. Grandi strade curve ci correvano attorno, racchiudendo futuristici edifici di cemento, curvi a loro volta per adattarsi alle strade. Grandi isolati erano stati costruiti, sia a Porto Lago sia dall’altra parte della baia, per ospitare il personale della base navale e aeronautica. Marco, visto che suo padre lavorava per i militari italiani aveva maggiore accesso alle nuove strutture rispetto agli altri ragazzi e introduceva di nascosto Yiannis per vedere le aree proibite – la postazione antiaerea, il cannone, le torri di avvistamento sulle colline e i tunnel che erano stati costruiti per proteggere il personale militare in caso di guerra.
Marco cominciò ad appassionarsi al volo. Guardava gli idrovolanti andare e venire dal porto ed era in grado di identificarli tutti. Desiderava diventare un pilota – sembrava una vita così esotica. Gli aerei portavano passeggeri dall’Italia verso l’isola e spesso da e per le nuove colonie italiane che si stavano aprendo in Africa.
Venne in possesso di un libro americano che descriveva come costruire un modellino di aliante fatto di balsa e le ali coperte di carta “truccata”. Era piuttosto difficile procurarsi della balsa, ma suo padre ne aveva alcuni fogli rimasti dai suoi modelli di architettura e permise a Marco di usarli. Marco con fatica tagliò il legno nelle forme necessarie per fare le ali, i supporti e la fusoliera. All’inizio lo trovò un lavoro piuttosto frustrante perché, se non stava attento quando tagliava il morbido legno, lo rompeva lungo la venatura e rovinava il pezzo modellato costringendolo a gettarlo via e a ricominciare di nuovo.
Una volta che ebbe tagliato tutte le forme di cui aveva bisogno, chiese a Yiannis di aiutarlo a incollarle. “Vedrai come state tagliati i pezzi delle ali. Devono essere uniti a questo lungo pezzo. Si adatta ai buchi che ci sono in cima.”
Yiannis cercò di mettere i pezzi insieme, ma era troppo maldestro. “Che senso ha tutto questo comunque?” chiese.
“Stiamo costruendo un modellino di aliante” spiegò Marco pazientemente.
“Ma perché? A che scopo? Perché non andiamo a pescare?”
“OK, levati dalle palle Yiannis, lo farò da solo. Va’ a pescare.”
Yiannis,