Powell Michael

Quattro Destini


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fra poco la porteremo giù.”

      “Sto bene,” disse Ernest – non sentendosi bene per nulla.

      “Bravo. Tenga duro.”

      Gli assistenti che arrivarono per trasportarlo portarono una barella. Fecero scivolare una coperta sotto di lui, sollevando con attenzione prima le sue gambe e poi il busto. Si trattenne dall’urlare quando toccarono le sue bruciature. Quando la coperta fu a posto, quattro uomini lo alzarono con attenzione e lo portarono sulla barella che sollevarono e portarono fuori dal reparto verso il ponte all'esterno. Dovettero piegare la barella per scendere lungo la passerella per arrivare al molo e salire sull'ambulanza in attesa e lui non poté fare a meno di strillare quando le bende sfregarono contro la sua pelle rovinata.

      Dopo una corsa fortunatamente breve, Ernest fu tirato fuori, trasportato in ospedale e portato in un reparto con i sopravvissuti delle altre navi britanniche – troppo pochi se paragonati al numero di marinai che erano morti in azione. Le loro sofferenze trasparivano dai loro volti grigi e dalle loro smorfie di dolore. Fu trasportato su un letto. Di nuovo il movimento della coperta fu molto doloroso ma Ernest, guardando il pover’uomo nel letto vicino al suo, si rese conto che il suo dolore non era peggiore di quello di chiunque altro. Il marinaio aveva un telo che impediva di vederne le gambe ed entrambe le mani vistosamente bendate, come pure la testa. Era disteso lì, in silenzio, privo di conoscenza, bianco come le lenzuola sopra di lui, respirando a malapena. Più tardi quella notte, quando Ernest lo guardò, i suoi respiri si fecero ancora più superficiali e meno frequenti fino a quando Ernest si rese conto che aveva semplicemente smesso di respirare. Al mattino un'infermiera arrivò. Diede un'occhiata al poveretto, uscì e chiamò gli assistenti che arrivarono e senza tante cerimonie sollevarono il corpo su una barella e lo portarono via. Solo quando il telo fu rimosso Ernest si rese conto che non c’erano entrambe le gambe.

      Per molto giorni Ernest rimase nel letto d'ospedale, le sue ferite periodicamente pulite e disinfettate. In alcuni giorni il dolore era così forte che ebbe il desiderio di mollare – ma i ricordi dell'equipaggio che era morto lo fecero andare avanti. “Non morirò, non morirò – non avranno anche me” fu il suo mantra.

      Più tardi fu trasferito in un ospedale a Londra specializzato nel trattare le ustioni come le sue. Il suo corpo era sfregiato ma stava guarendo. Il dolore stava diventando un ricordo sbiadito, anche se la rigidità delle cicatrici sulla sua pelle bruciata, che tiravano le ferite che stavano guarendo, continuava a fargli compagnia.

      All'inizio del 1918 fu in grado di tornare dalla sua famiglia a Deal nel Kent, per completare la convalescenza. Anche se provava ancora dolore per le ustioni, che dovevano essere medicate ogni giorno, i tagli erano guariti e le sue ammaccature era tutte scomparse.

      Come gli avevano detto i medici prima di dimetterlo, ogni giorno, per stare in forma e recuperare, camminava per un paio di chilometri da casa sua lungo il Church Path – un bel sentiero tranquillo che attraversava solo un paio di strade prima di arrivare al mare. All'inizio questa camminata gli richiese più di due ore faticose e dolorose. In ospedale gli erano stati dati dei bastoni da passeggio e vi si appoggiò con forza. Era completamente preso dallo sforzarsi nel fare un passo doloroso dopo l'altro. A poco a poco, però, la forza ritornò e fu in grado di godersi il tepore quando arrivò l’estate.

      Aveva un controllo settimanale presso un medico, il dottor Field, di stazza presso la caserma della Marina a Walmer. All'inizio Field aveva dovuto controllare le bende e assicurarsi che le ferite stessero guarendo bene. In seguito, tolse i punti e disse a Ernest che non c'era più bisogno di vederlo ogni settimana. “Sta facendo buoni progressi, Tenente. Lei come si sente?”

      “Piuttosto bene nel complesso, dottore. Ma continuo ad avere gli incubi.”

      “Sì, me ne ha già parlato. Non è sorprendente visto quello che ha passato.”

      “Sento che mi cedono completamente i nervi. Mi sveglio la maggior parte delle notti madido di sudore freddo e non riesco a tornare a dormire. Vedo i marinai che scompaiono in una palla di fuoco davanti a me e io sono come bloccato al suolo. Voglio aiutarli ma sono terrorizzato.”

      “Come le ho detto, non è per nulla sorprendente. Sia paziente, sta andando veramente bene. Ha ancora bisogno dei bastoni?”

      Ernest indicò l'unico bastone vicino alla sua sedia. “Come vede, ora sono passato a uno. Suppongo di non averne realmente bisogno ma è rassicurante averlo con me.”

      “Credo che una volta che smetterà di usarlo, si sentirà molto meglio.”

      All'inizio dell'estate, smise di usare i bastoni. Ogni giorno, arrivato al mare, camminava lungo il molo in mattoni dove le barche dei pescatori ondeggiavano sul mare attaccate a grosse funi collegate a grossi argani ancorati sulla spiaggia. Il rumore delle onde sulla spiaggia di ciottoli divenne il suo compagno e apprezzò molto la vista al di là dell'acqua grigia verso Goodwin Sands dove, in una giornata limpida, si potevano chiaramente vedere gli alberi delle navi affondate.

      “Grazie a Dio anche io non sono lì” pensò.

      I suoi appuntamenti con il dottor Field erano ora a cadenza mensile e nell'agosto del 1918, ebbe il suo controllo finale.

      “Come si sente ora?” chiese il medico.

      “Fisicamente bene. Ho camminato molto e anche fatto qualche breve corsetta sul bagnasciuga. Non sono riuscito a convincermi ad entrare in acqua – troppi brutti ricordi.”

      “Bene, credo che lei sia pronto per tornare in servizio. Tuttavia, suggerirei che lei faccia un lavoro d'ufficio per alcuni mesi fino a quando saremo realmente sicuri che è fisicamente in forma. Non mi ha detto che una volta lavorava in Ammiragliato?”

      “Sì, esatto. Parlo tedesco e traducevo documenti – codici, quel genere di cose.”

      “Bene. Suggerirò che lei torni per ora a far quello. Se più avanti si sentirà forte a sufficienza forse potrà riprendere il servizio in mare. Ora però ci sono gli americani e dubito che durerà molto a lungo.”

      Così, a settembre, fu richiamato a svolgere servizi leggeri presso l'Ammiragliato, giusto in tempo per vedere la sconfitta delle forze tedesche nel novembre di quell'anno. Venne a sapere poi di essere stato solo uno dei tre che erano stati così fortunati a sopravvivere al catastrofico affondamento della ‘Indefatigable’ nella battaglia dello Jutland. In realtà, visto che era stato assegnato a quell'incarico in una data così ravvicinata a quel terribile giorno, lui non compariva neppure nella lista degli uomini imbarcati sulla nave. Nonostante la sua terribile esperienza, almeno era sopravvissuto alla guerra, contrariamente a molti dei suoi compagni.

      Non tornò mai più di nuovo in mare, fino all’ultima volta.

****

      Il superiore di Ernest entrò nel suo ufficio poco dopo l'Armistizio. "Lei parla tedesco piuttosto bene, vero?" Non aspettandosi una risposta – la domanda era completamente retorica – proseguì "ci serve che vada in Francia. La commissione dell'Armistizio si sta riunendo per discutere i termini della resa. Dobbiamo decidere cosa fare per quanto riguarda la marina tedesca e dobbiamo trarne il massimo vantaggio. Si sente in grado di farlo? So che era nello Jutland, è in grado di reggere questa situazione?"

      "Sì, credo di sì. Ormai l'ho superata."

      Non era vero, stava ancora dormendo male e si svegliava spesso da un sogno in cui sentiva i terribili rumori della nave che scompariva sotto il mare. Le ustioni e le ferite erano guarite, ma le cicatrici tiravano dolorosamente la sua pelle per ricordargli la sua disavventura. Doveva andare avanti – e cosa c’era di meglio se non aiutare a costruire la pace?

      Il suo viaggio a Parigi da Cricklewood, in un giorno tetro, nuvoloso e umido, fu la prima volta che salì in aereo. Il bombardiere Handley Page riconvertito non era molto confortevole – freddo e rumoroso. Il suo sedile era un pezzo di tela sopra a una montatura di metallo, che scavava nelle sue cosce e di cui poteva sentire il freddo del metallo anche attraverso il suo caldo pastrano della marina. I motori andarono su di giri, e sentì l'aereo rilasciare i freni. Poi sbandò lungo la pista in erba e sentì la coda alzarsi mentre accelerava. Si aggrappò al sedile quando l'aereo si mosse pesantemente lungo il terreno, temendo che potesse proseguire fino a colpire gli edifici che aveva visto alla fine della pista. Con i