Блейк Пирс

Se lei vedesse


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aveva idea di dove fosse finito il tempo. E fu lì che saltò fuori il problema: sentiva di essersi persa così tanto della sua vita di madre e moglie per via del suo lavoro, ma sentiva comunque un forte dovere nei suoi confronti. Soprattutto quando sapeva che in quel momento avrebbe potuto essere là fuori, a fare la sua parte per portare un assassino alla giustizia.

      Che razza di persona sarebbe stata se avesse rifiutato l’offerta, permettendo a Duran di scegliere un altro agente che magari non aveva le stesse competenze sue?

      Ma che razza di nonna e madre era se avesse chiamato Melissa per dirle di venire a prendere sua figlia prima e porre così fine alla sua serata perché l’FBI aveva richiamato?

      Kate fissò Michelle per circa cinque minuti; si stese persino accanto a lei e mise la mano sul petto della bambina per sentirla respirare. E vedere quel piccolo raggio di vita, di una vita che non aveva ancora conosciuto il male che esisteva al mondo, rese la decisione più facile per Kate.

      Accigliandosi per la prima volta in quella giornata, Kate prese il telefono e chiamò Melissa.

      ***

      Una volta, quando Melissa aveva sedici anni, aveva fatto entrare di nascosto un ragazzo in camera sua a tarda notte quando Kate e Michael dormivano già. Kate si era svegliata per dei rumori (probabilmente, aveva scoperto dopo, si era trattato di un ginocchio che sbatteva contro il muro della camera di Melissa) e si era alzata per investigare. Quando aveva aperto la porta della figlia e l’aveva trovata senza maglietta con un ragazzo nel letto, lo aveva buttato giù dal letto e gli aveva urlato di andarsene.

      La furia negli occhi di Melissa quella notte fu sovrastata da quella che Kate vide nello sguardo di sua figlia mentre allacciava Michelle al seggiolino della macchina alle 9:30 – solo poco più di un’ora dopo che Duran l’aveva chiamata per il caso di Roanoke.

      «È un casino, mamma» disse.

      «Lissa, scusami. Ma cosa diavolo dovevo fare?»

      «Be’, a quel che ho capito la gente in realtà resta davvero in pensione una volta andata in pensione. Magari provaci!»

      «Non è così semplice» ribatté Kate.

      «Oh, lo so, mamma» disse Melissa. «Non lo è mai stato con te.»

      «Così non è giusto…»

      «E non credo di essere arrabbiata solo perché hai abbreviato la mia unica notte di relax. Di quello non m’importa. Non sono così egoista. A differenza di certe persone. Sono arrabbiata perché il tuo lavoro – con il quale avresti dovuto finire più di un anno fa, ricorda – continua a vincere sulla famiglia. Persino dopo tutto… dopo papà…»

      «Lissa, non facciamo così.»

      Melissa raccolse il seggiolino con una dolcezza che non era presente nella sua voce né nella postura del suo corpo.

      «Sono d’accordo» ribatté Melissa. «Non facciamo così.»

      E con quello uscì dalla porta principale, sbattendosela alle spalle.

      Kate fece per prendere il pomello ma si bloccò. Che cosa aveva intenzione di fare? Avrebbe continuato il litigio fuori, in giardino? Inoltre conosceva bene Melissa. Dopo qualche giorno si sarebbe calmata e avrebbe davvero prestato ascolto alla versione della storia di Kate. Magari avrebbe persino accettato le scuse di sua madre.

      Kate si sentiva una traditrice quando prese il telefono. Dopo che aveva chiamato Duran, lui l’aveva informata di aver organizzato tutto per la sua presenza sul caso comunque. Al momento aveva qualcuno della polizia di stato della Virginia pronto a vedersi con lei e DeMarco alle 4:30 del mattino giù a Whip Springs. Per quanto riguardava DeMarco, aveva lasciato Washington D.C. mezz’ora prima con una macchina dell’agenzia. Sarebbe stata a casa di Kate verso mezzanotte. Kate si accorse che avrebbe potuto tranquillamente tenere Michelle fino all’orario originariamente programmato delle undici ed evitare il confronto con Melissa. Ma non poteva rimuginarci sopra adesso.

      La subitaneità di tutto quanto l’aveva colta leggermente fuori guardia. Anche se l’ultimo caso che aveva accettato era sembrato venir fuori dal nulla, almeno aveva una specie di struttura stabile. Ma era passato un po’ di tempo da quando era stata assegnata a un caso a orari del genere. Era spaventoso, ma Kate era anche davvero entusiasta – abbastanza entusiasta da essere in grado di scacciare momentaneamente nei recessi della mente la rabbia di Melissa nei suoi confronti.

      Eppure, mentre riempiva una borsa in attesa dell’arrivo di DeMarco, un pensiero la colpì. Ed eccola qui – la tua capacità di mettere tutto da parte per il bene del lavoro – che in primo luogo ha causato tanti danni tra voi due.

      Ma anche quel pensiero fu messo da parte.

      CAPITOLO TRE

      Una delle cose che Kate aveva imparato su DeMarco durante il loro ultimo caso è che era puntuale. Un tratto che le venne ricordato quando udì bussare alla porta a mezzanotte e dieci.

      Non ricordo l’ultima volta che ho avuto visite così tardi, pensò. Al college, forse?

      Andò alla porta, portando con sé l’unica borsa preparata. Eppure, quando aprì la porta, vide che DeMarco non aveva intenzione di precipitarsi subito sulla scena del crimine.

      «A rischio di sembrare maleducata, ho davvero bisogno di usare il tuo bagno» disse DeMarco. «Tracannare due coche per restare sveglia per il viaggio è stata una brutta idea.»

      Kate sorrise e si fece da parte per lasciar entrare DeMarco. Data la velocità e l’urgenza che Duran le aveva instillato durante le loro telefonate, i modi spicci di DeMarco furono il tipo di involontario sollievo comico di cui aveva bisogno. La metteva anche a suo agio sapere che persino dopo quasi due mesi di separazione lei e DeMarco stavano recuperando lo stesso livello di agio che avevano condiviso prima di lasciarsi dopo l’ultimo caso.

      DeMarco uscì dal bagno qualche minuto dopo con un sorriso imbarazzato in volto.

      «E buongiorno a te» disse Kate. Forse era per il consumo di caffeina, ma DeMarco non sembrava affatto esausta, apparentemente per nulla disturbata dalla tarda ora.

      DeMarco guardò l’orologio da polso e annuì. «Già, immagino che sia giorno.»

      «Quando ti hanno chiamata?» chiese Kate.

      «Verso le otto o le nove, immagino. Sarei partita prima, ma Duran voleva essere sicuro al cento per cento che tu fossi a bordo.»

      «Scusami» disse Kate. «Stavo facendo da babysitter a mia nipote per la prima volta.»

      «Oh, no. Wise… che brutto. Mi spiace che ti abbia rovinato la cosa.»

      Kate si strinse nelle spalle e fece un gesto con la mano come per scacciare il pensiero. «Andrà tutto bene. Pronta per andare?»

      «Sì. Ho fatto qualche telefonata venendo qui mentre la cosa veniva gestita da quelli di Washington. Abbiamo in programma di vederci con uno del dipartimento di polizia di stato della Virginia alle quattro e mezza alla residenza dei Nash.»

      «La residenza dei Nash?» chiese Kate.

      «L’ultima coppia a essere stata uccisa.»

      Partirono con lo stesso ritmo verso la porta. Mentre uscivano, Kate spense la luce del soggiorno e raccolse la borsa. La entusiasmava quello che poteva esserci davanti a lei, ma si sentiva anche come se stesse lasciando casa sua in modo piuttosto irrazionale. Dopotutto appena poche ore prima sua nipote di due mesi dormiva sul suo letto. E adesso eccola lì, in partenza per andare dritta a una scena del crimine.

      Vide la berlina standard del bureau parcheggiata di fronte a casa, proprio lungo il marciapiede. Sembrava surreale, ma anche invitante.

      «Vuoi guidare tu?» chiese DeMarco.

      «Certo» disse Kate, chiedendosi se la giovane agente le stesse offrendo il ruolo come segno di rispetto o solamente perché voleva una pausa.

      Kate si