“Ora puoi aprire gli occhi, Kevin,” disse il generale s’Lara.
Kevin sentiva gli occhi pesanti e come incollati. Si sentiva stanco…
“Kevin,” disse Chloe con tono molto meno gentile. “Svegliati.”
Kevin aprì gli occhi di scatto e vide la stanza attorno a sé, le pareti bianche e l’aspetto accogliente. Attorno a lui c’erano alieni dalla pelle blu, con uniformi immacolate che gli parevano familiari. Gli ci volle solo un momento per rendersi conto che si trovava in un altro ospedale. Stava passando un po’ troppo tempo in questi posti. C’era anche il generale s’Lara, e lo guardava con ovvia preoccupazione. Allo stesso modo lo fissava Ro, ed era strano vedere quell’espressione sul volto di una specie aliena che normalmente non provava emozioni.
Poi c’era Chloe. Era vicino a lui e Kevin vide che aveva pianto, anche se adesso le sue lacrime sembravano essere di gioia piuttosto che di dolore. Allungò le mani verso di lui.
“Kevin, pensavo che fossi morto!” disse. “Pensavo che…”
“Anche io pensavo di essere morto,” disse Kevin, cercando di scherzarci sopra, anche se non c’era molto da ridere. Pensava ancora al dolore che gli aveva stritolato il cuore, così schiacciante e pericoloso, praticamente letale. Aveva davvero creduto che sarebbe morto. Aveva pensato a tutte le cose che aveva fatto, a tutte le cose che avrebbe perso.
Mentre Kevin guardava Chloe, però, provò un’ondata di vergogna, perché non era a lei che aveva pensato nel momento in cui era stato certo di trovarsi sul punto di perdere ogni cosa. Era stata Luna a venirgli in mente. Erano stati i tempi passati con Luna che erano apparsi tra i suoi pensieri quando aveva riportato alla memoria ciò che era stato più importante nel suo passato. Era stato al ricordo di Luna che si era aggrappato, tenendoselo stretto nel momento in cui stava per morire. Era stata Luna, e non Chloe, che aveva temuto di perdere. Solo guardando Chloe adesso si sentiva un traditore, anche se non era una cosa che potesse evitare.
“Kevin, cosa c’è?” chiese Chloe. Ovviamente se n’era accorta.
“Niente,” disse Kevin, cacciando quel pensiero. Si alzò invece in piedi e fece un giro della stanza, cercando di valutare le sue sensazioni, pronto a sentire il corpo debole e vicino al collasso per il semplice sforzo di aver tentato di muoversi. In effetti fu un po’ sorpreso che il personale medico gli permettesse di farglielo fare, ma forse anche loro volevano testare la sua condizione.
E invece di cadere si sentì… bene. Kevin non era certo di essersi mai sentito così in salute in nessun momento della sua vita. Respirava senza difficoltà e non aveva male alla testa, nessuna pressione al petto. Con tutti i malanni ora scomparsi dal suo corpo, adesso era davvero in grado di capire quanto spiacevole fosse stata prima la sua condizione.
Era come se prima d’ora non ci fosse mai stato un singolo giorno in cui lui fosse stato veramente bene, perché questo benessere pareva quasi alieno se paragonato a tutto ciò che aveva provato prima.
“Sei sicuro di stare bene?” gli chiese Chloe, e Kevin annuì. Non era sicuro di come poterlo descrivere.
“Non penso di essermi mai sentito così bene in vita mia,” disse. Si voltò a guardare il generale s’Lara e il personale medico. Tutti sembravano guardarlo come se stessero tentando di controllare che le cose funzionassero come avrebbero dovuto. “Cos’avete fatto?”
“Ti abbiamo curato,” rispose il generale. “Abbiamo scansionato il tuo corpo alla ricerca degli schemi difettosi e poi abbiamo usato la nostra tecnologia di cura per riscrivere gli stessi schemi con qualcosa di nuovo. Il tuo cervello è stato stabilizzato, in modo che la tua malattia non possa progredire.”
“E la mia capacità di tradurre i segnali?” chiese Kevin, e poi capì la risposta a quella domanda prima ancora che qualcuno degli altri potesse dire qualcosa. Gli Ilari non parlavano la sua lingua, ma lui li poteva comunque capire, e poteva percepire i segnali delle Intelligenze Artificiali che comunicavano tra loro, riuscendo a tradurre i messaggi quando diventavano più forti.
… sembra essersi ripreso del tutto…
… può essere necessario…
“La procedura non dovrebbe aver influenzato null’altro che la tua malattia,” disse il generale s’Lara dando un’occhiata a uno dei medici, che annuì. Kevin poté vedere il sollievo del generale di fronte a quella conferma.
Kevin avrebbe dovuto provare gioia per quella notizia. Provava gioia, ma c’era anche dell’altro. Si sentiva come se in qualche modo le cose avessero dovuto essere più complicate. Dopo tutto il lavoro che gli scienziati avevano fatto sulla Terra tentando di stabilizzarlo e guarirlo, gli sembrava impossibile che questi alieni lo potessero far stare bene con un così minimo sforzo.
“Voi… mi avete guarito,” disse. “Perché? Perché mi avete guarito? Sapete quello che ho fatto. Sapete che sono responsabile della distruzione del mondo in cui vi nascondevate.”
“E ti abbiamo messo a processo per questo,” disse il generale s’Lara. “Abbiamo concordato di farti restare. Pensi che avremmo evitato la tua guarigione pur avendo la possibilità di aiutarti? Non siamo fatti così. Non è una cosa giusta.”
La bontà e benevolenza di quel gesto travolse Kevin. Come potevano questi alieni essere così buoni? Sembrava impossibile che qualcuno potesse essere tanto generoso con una persona che aveva tentato di fare loro del male. Dopo tutto quello che lui aveva fatto…
“Non è stata colpa tua, Kevin,” disse Chloe.
Kevin avrebbe voluto poterci credere. Ma il massimo che poteva fare era provare un’enorme gratitudine per essere trattato a quel modo.
“Grazie,” disse al generale. “Io… non so cosa dire.”
Gli avevano ridato la sua vita. Lo avevano guarito laddove nessun altro era stato in grado di farlo, e l’avevano fatto quando lui era certo che non avessero alcun motivo per farlo.
“Non serve che tu dica niente,” disse il generale s’Lara. “Noi aiutiamo coloro che ne hanno davvero bisogno. Cerchiamo la pace dove la si può trovare. Perdoniamo.”
Sembrava impossibile da credere. Kevin non era sicuro che sarebbe mai stato capace di perdonare l’Alveare. Se avesse avuto la possibilità di distruggerlo, l’avrebbe fatto. Eppure… si voltò a guardare Ro. Kevin non lo odiava. Si fidava addirittura di lui, eppure l’ex Puro era stato tra coloro che avevano tentato di distruggere il suo pianeta.
“Ho così tanto da imparare,” disse Kevin.
Guardò verso Chloe e di nuovo provò quella sensazione di colpa per aver pensato a Luna e non a lei quando era in punto di morte. C’era stata Chloe con lui sulla navicella spaziale dell’Alveare. Era stata lei ad aiutarlo a fuggire. Lui sapeva ciò che lei provava per lui, e sentiva anche lui qualcosa… ma era il volto di Luna che gli appariva nella mente quando chiudeva gli occhi, era a Luna che pensava in ogni momento tranquillo, anche se probabilmente ora era perduta nella massa dei trasformati.
“Ti è stato donato un nuovo inizio,” disse il generale s’Lara, gentilmente, come se avesse capito l’enormità di tutto ciò che gli stava accadendo. “La domanda è cosa intendi farne.”
Kevin in quel momento non poteva stare nella stanza. Era troppo. Non era solo il fatto che non sapesse cosa dire o cosa pensare, ma voleva respirare un po’ di aria aperta. Voleva ricordare a se stesso cosa volesse dire realmente essere vivo. Che poteva davvero potenzialmente avere un futuro.
C’erano porte che dall’infermeria portavano a una specie di balconata che sembrava essere cresciuta dall’albero stesso. Si curvava attorno al tronco come una specie di grosso fungo cresciuto lì, sufficientemente grande da sostenere lui e una dozzina di altre persone. Kevin vi si portò, trovandosi circondato dall’albero, con la bellezza del mondo dispiegata sotto di sé. Qua e là piccole navicelle sfrecciavano tra gli alberi, agili come uccelli, cantando melodie che riempivano lo spazio di musica, mentre le piante rampicanti pendevano dai rami arrivando quasi a toccare