disse Allen. «Pensavo di dirti che sono arrivato. Ho visto uno dei tizi dell’azienda che sono venuto a incontrare e lui ha i prossimi tre giorni tutti programmati. Comunque… sulla base dell’unica conversazione che abbiamo fatto, dice di avere una buona sensazione.»
«Ottimo.» Ma persino lei sentiva la distanza nella sua voce. E se la sentiva lei, sapeva che la sentiva anche lui.
«Scusa… sei occupata, vero?»
«Sì. Due omicidi, zero piste.»
Il sospiro in arrivo dall’altro capo poteva pure tradursi con una parolaccia nei confronti di Kate. «Mi spiace di averti disturbata.»
«Che tono malevolo.»
«Non era mia intenzione.»
«Come sta andando la riunione?» chiese Kate per sembrare supportiva e non dare l’idea di non avere tempo da passare al telefono.
«Bene. Sono solo nervoso. Finora le cose sono andate bene ma… la sai una cosa? Aspettiamo. Tu sei occupata e…»
«Lo sono. Ma non c’è problema.»
«È solo che se la riunione va bene potrei andare in pensione con un gran bel bonus. Lo sai, no?»
«Sì. E voglio solo il meglio per te e spero che tu lo capisca. Ma anch’io ho da fare.»
«Sì, ci sono abituato e… la sai una cosa? Non vale la pena litigare. Sentiamoci una volta tornati a casa. Va bene? Tu vivi la tua vita, io la mia, e teniamole il più separate possibile.»
«Allen, stai…»
«Devo andare.»
E con ciò la telefonata era finita. Kate fissò il telefono un attimo, cercando di ricordare se era mai capitato prima che Allen le riappendesse in faccia. La rabbia che le si accese dentro fu solo momentanea, sovrastata dal senso di colpa per aver ancora una volta scelto il lavoro al posto suo.
Mise in tasca il telefono e tornò in sala conferenze. Armstrong e DeMarco erano ancora sulla mappa e Armstrong faceva passare un dito lungo un certo percorso.
«Scusatemi» disse Kate.
«Nessun problema» disse Armstrong. «Cosa stava dicendo prima di uscire?»
Kate dovette riavvolgere il nastro mentale per riprendere il corso dei pensieri. Quando lo ritrovò, le emozioni riguardanti Allen scivolarono via rapidamente, soffocate dall’entusiasmo dovuto al tentativo di risolvere quel puzzle che costituiva il caso.
«Volevo dire che mi farebbe piacere avere la lista di proprietà disponibili situate tra le due case in cui sono avvenuti gli omicidi. Se la teoria dell’abusivo ha senso, direi che ci sono buone probabilità che si stia studiando quella zona in particolare.»
Armstrong annuì, apparentemente contenta dell’idea. «Ottimo inizio… ma perché quella zona? Perché l’assassino – o persino un semplice abusivo – dovrebbe essere interessato a quella zona?»
«Non ne ho idea» disse Kate. «Quindi immagino che si tratti di una delle cose che dobbiamo capire.»
CAPITOLO SEI
Alle tre ci volle una ventina di minuti per individuare le proprietà dalla lunga lista che le tre agenzie immobiliari del posto avevano consegnato al dipartimento. Altri dieci minuti e Armstrong ne aveva segnata ciascuna sulla mappa. Nella zona contenuta tra le due case ce n’erano undici in vendita e due in affitto. Mentre Kate e DeMarco si preparavano a uscire per indagare su ciascuna di esse, Armstrong formò una piccola forza alla stazione. Lei avrebbe guidato quel gruppo nella ricerca dell’età di ogni proprietà e del relativo lasso di tempo di permanenza sul mercato. Inviò anche altri due agenti fuori per snellire la perlustrazione delle proprietà.
L’orologio si era lentamente avvicinato a mezzogiorno quando Kate e DeMarco arrivarono alla prima casa della lista. Era situata a un miglio e mezzo dalla nuovissima costruzione in cui era stata uccisa Bea Faraday. Quella casa non era di nuova costruzione e nella lista dell’agenzia immobiliare veniva detto che era stata costruita nel 1995. Situata in un rione più vecchio, non era neanche lontanamente costosa come le due scene del crimine. Come le altre, però, era pensata per il lago o la spiaggia, con molto legname, dollari della sabbia e arredi color tè blu.
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