li guardò appena. Scuri neri, piccoli, congolesi, probabilmente hutu. Africani sì, ma selvaggi. Eddie Killem Dead era kanuri. Un’eredità di cui essere orgogliosi. Quelli lì erano spazzatura.
“Andiamo,” disse ai suoi. “Finiamo la cosa.”
Aveva un Uzi assicurato alla schiena. Lo prese e svoltò l’angolo. Cinquanta metri avanti, una spruzzata di pallottole mandò in pezzi i muri. La nave da pesca stava ancora mitragliando il fianco del mercantile. Altri due uomini giacevano morti sul passaggio. Oltre c’erano il frastornante cielo azzurro e il mare scuro.
Eddie e i suoi risalirono il passaggio, con gli stivali che producevano un rumore metallico sulla maglia d’acciaio sottostante. La passerella stessa sussultava a ogni passo – pareva che potesse separarsi dalla cornice. Quel mercantile era messo male.
Davanti, da un oblò spuntò fuori un’altra bandiera bianca che si mise a sventolare su un bastoncino. Forse questa era la vera resa, forse no.
Eddie aveva il megafono agganciato alla spalla. Lo abbassò e se lo portò alle labbra. “Gettate fuori le armi!” disse. “Tutte.”
Un AK-47 scivolò fuori dall’oblò successivo. Poi una pistola semiautomatica nove millimetri. Un machete. Un’altra pistola. Sferragliavano con un clangore quando colpivano la passerella.
Eddie fece cenno ai suoi di avanzare.
“Fatelo saltare,” disse.
Il primo prese una granata dalla tasca del giubbotto, tirò la spoletta e la lanciò attraverso l’oblò. Da dentro giunsero urla convulse. Gli uomini di Eddie indietreggiarono. Passò un secondo. Due.
BUUUUM.
Dagli oblò giunse un bagliore rosso e arancio. Adesso dentro c’era qualcuno che urlava. Eddie si portò al primo oblò e ci guardò attraverso. La cabina andava a fuoco. Il pavimento era disseminato di corpi e parti del corpo. Sembravano esserci ancora due uomini vivi. Uno se ne stava in silenzio a respirare pesantemente, col petto che si sollevava. Sarebbe morto presto. L’altro strillava, con occhi da pazzo.
Eddie guardò uno dei suoi e fece il gesto di tagliarsi la gola. Quello annuì e scivolò dentro all’oblò frastagliato. Un attimo dopo, le urla cessarono.
Eddie si mosse rapidamente, scattando su per una serie di scale in ferro. Adesso con sé aveva otto uomini. L’arrembaggio nemico era completo. Nessuno avrebbe tenuto la nave contro di loro. Sorrise al pensiero.
La sua truppa era efficiente, cavoli. Assassini.
Arrivarono alla timoniera, che era tutta finestre. Dentro c’erano tre uomini. Eddie riuscì a guardare dentro e a vederli chiaramente. Non provarono neanche a tenere fuori Eddie e i suoi. A che sarebbe servito?
Eddie si limitò ad aprire la porta e a entrare.
Gli uomini erano piccoli e di mezza età, ciascuno con addosso un’uniforme marrone chiaro. Sembravano agenti governativi di un qualche tipo. Che barzelletta. Erano trafficanti che veleggiavano con un vecchio mercantile decrepito indossando uniformi rubate o finte. La maggior parte dell’attrezzatura della timoniera sembrava scassata, inutile. Eddie sorrise agli uomini.
“Chi è il capitano?”
I tre lo fissarono, incerti.
“Ditemelo o uccido tutti e tre.”
Quello in mezzo, il più piccolo e il più vecchio dei tre, annuì. Era assolutamente calvo. Aveva mani larghe e la pelle nero scuro. Aveva la faccia profondamente rugosa. “Sono io il capitano.”
Eddie annuì. Guardò i suoi.
Risuonarono due colpi, e gli uomini accanto al capitano si afflosciarono istantaneamente a terra, entrambi morti prima di toccare il pavimento.
L’odore di polvere da sparo sorse nella stanza.
“Dove sono i diamanti?” disse adesso Eddie.
Il capitano era calmo. Sembrava appena sorpreso della morte che lo circondava. A vedersi, era in vita e in mare da molto tempo. Probabilmente era abituato a questo genere di cose. Abbassò le mani e scosse la testa.
“Non ci sono diamanti.”
“Niente diamanti?” disse Eddie con il sorriso più ampio che mai. “Ne sei sicuro?”
“Sì. Non c’è niente che potete volere voi.”
“E perché avete combattuto? Che cosa cercavate di proteggere?”
Il capitano fece spallucce. “Noi stessi. Perché voi siete sporchi pirati nigeriani. Sapevamo che ci avreste massacrati se aveste catturato la nave.”
“Che c’è a bordo?” disse Eddie. “Di sicuro qualcosa c’è.”
“Lo ripeterò,” disse il capitano. “Non c’è niente che volete voi. E sareste più felici se la lasciaste dove l’avete trovata. Ve lo assicuro.”
Eddie rise. “Allora qualcosa di importante. Fammi vedere.”
Scesero sotto ai ponti. Il capitano accompagnò Eddie e i suoi da una stiva vuota all’altra, scendendo sempre più nelle viscere della nave. Non c’erano segni di vita, nemmeno topi. Non c’erano neanche segni di merci – solo buie e arrugginite stive vuote e ripulite.
Alla fine entrarono in uno stanzone. Nell’oscurità si profilava un’alta mole. Gli uomini di Eddie non ebbero bisogno di farsi dire che cosa fare. Ci piazzarono su le torce.
Mentre si avvicinavano, la cosa divenne più chiara. Era un ampio box d’acciaio, color canna di fucile. I margini erano saldati insieme. Non era chiaro come si aprisse, oltre forse a tagliarlo con una fiamma ossidrica. C’erano dei segni in cirillico all’esterno – CCCP. Interessante. Le iniziali della vecchia Unione Sovietica. Voleva dire che quel coso vagabondava da più di vent’anni. Torreggiava sopra le loro teste.
“Cos’è?” disse piano Eddie, con la voce che echeggiava per la stiva cavernosa. “Un’arma?”
“Non lo so,” disse il capitano.
Eddie lo guardò severamente. “Non sai che cos’è?”
Scosse la testa. “Sapere non è il mio lavoro. Non sono affari miei.”
Quel coso aveva fatto uccidere tutti sulla nave, e ben presto avrebbe fatto uccidere anche lui. Però non erano affari suoi.
“Chi è il tuo cliente?”
L’uomo lo fissò torvo, forse immaginando la tortura che avrebbe patito finché non avesse risposto in modo soddisfacente.
“Se te lo dico mi uccidono.”
Eddie fece spallucce. “Sì, ma se non me lo dici…”
“Anche tu mi uccidi.”
“Ho ucciso tutti i tuoi uomini,” disse Eddie. “Tu sei vivo solo perché lo dico io. La tua sola speranza è dirmelo. Magari riesci a evitare il cliente. Magari per un pochino, magari per sempre. Ma evitare me? Per questo è troppo tardi.”
“Ti attirerai la morte se te lo dico.”
Eddie sorrise. Quante volte se l’era attirata?
“Dimmelo lo stesso.”
CAPITOLO CINQUE
6:51 ora della costa orientale
Quartier generale dello Special Response Team
McLean, Virginia
Neanche le sette e c’era una mezza dozzina di auto private nel parcheggio, insieme ai quattro SUV neri dell’agenzia. Era già stata spalata la neve una volta, e fuori c’era un guardiano a sgombrare i passaggi.
Questo piaceva vedere a Luke – gente in anticipo sul gioco. Tecnicamente, non aprivano che alle nove.
Portò