Джек Марс

Regno Diviso


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alle ragazze non fa bene spostarsi continuamente così. In più, non è che a me sia indifferente che il giudice le abbia detto non lasciare la Virginia; si è trasferita il più lontano possibile pur rimanendo nello stato. Mi facevo un viaggetto di venti miglia per vedere le ragazze, e adesso sono più di duecento.”

      “Cassandra è una donna bellissima,” disse Luke. Mai dette parole più vere. L’ex moglie di Ed era alta e statuaria. Era come se Naomi Campbell non fosse mai stata scoperta, non fosse mai diventata una top model, e Ed se la fosse sposata. E ci avesse avuto dei figli insieme.

      Per poi divorziare.

      Adesso Ed sorrise. “È così che ti fanno finire in trappola.”

      “È la cosa più naturale del mondo,” disse Luke.

      “È così dall’inizio dei tempi,” disse Ed. “Ma immagino che non mi hai interrotto l’allenamento per discutere dei calvari nelle relazioni tra uomini e donne.”

      Luke scosse la testa. “No. Hai sentito dello schianto aereo che c’è stato in Egitto?”

      “Come avrei potuto non sentire niente?” disse Ed. “Però non hanno detto molto. Si può perdonare allo spettatore medio di pensare che si sia trattato di un normale schianto aereo. Solo una di quelle disgrazie che a volte succedono.”

      “Non lo è stato,” disse Luke bevendo il caffè nero.

      Ed sorrise. “Dimmi qualcosa che non so.”

      “Stamattina sono stato alla Casa Bianca.”

      Adesso il sorriso gli andava quasi da un orecchio all’altro. “Ho detto, dimmi qualcosa che non so.”

      “C’è stata una riunione di emergenza,” disse Luke. “Kurt Kimball pensa che l’aereo sia stato abbattuto da un attacco tramite razzi che nello specifico aveva come obiettivo Marshall Dennis. Stava per aprire un hotel sul Mar Rosso.”

      Ed fissò il suo caffè, pensandoci su. Gli si oscurò il volto. Continuava a mescolare l’olio di cocco.

      “Ok.”

      “Alla riunione c’era il generale Loomis.”

      “Frank Loomis?” disse Ed. “JSOC?”

      “Lo conosci?”

      Ed scrollò le spalle. “Una volta gli sono stato prestato dalla Delta. L’operazione è andata peggio che poteva. Ha quasi fatto ammazzare un po’ di noi. Un giorno te lo racconterò.”

      Luke annuì. “Stamattina faceva lo schivo. Ha detto che i suoi dell’intelligence gli hanno detto che l’attentato è stato un diversivo, una copertura per qualcosa di più grosso. Quando la presidente lo ha incalzato per sapere come facesse a dirlo, o quale potrebbe essere il prossimo attacco, lui ha detto che…”

      Ed finì la frase per lui. “Non aveva la libertà di discuterne.”

      “Esatto,” disse Luke.

      “Allora noi qui che ruolo abbiamo?”

      “C’è un tizio a Baltimora. Trudy e Swann pensano che sia sporco, e che stia per scappare dalla città. Vorrei beccarlo oggi prima che scompaia. Vedere che cos’ha da dire. Non otterremo mai un mandato di arresto, almeno non con breve preavviso, quindi…”

      Ed sorrise. “Vuoi che ci vada io, a prenderlo?”

      Luke scrollò le spalle. “Direi che dovrebbe farlo una squadra di sei persone. Parti con un paio dei tuoi migliori per assicurarti che vada tutto a buon fine. Però portati anche un paio dei tuoi novellini. Mi piacerebbe vederli in azione, vedere che cosa abbiamo davanti.”

      “La situazione com’è?” disse Ed.

      “È una casa. I dettagli ce li ha Swann. Ci sono due donne e due bambini. Tre maschi adulti. Tutto ciò che vogliamo è il soggetto, che ha passato i sessanta. Io direi entrata turbolenta, azione rapida, lo beccate e lo portate fuori. Cercate di non rompere niente.”

      “In altre parole,” disse Ed, “non uccidete nessuno.”

      Luke annuì. “Esatto.”

      “Sei proprio delicato,” disse Ed.

      Luke sorrise. “Ci provo.”

      “Ok. Consideralo fatto.”

      CAPITOLO SEI

      8:40 ora della costa orientale

      Westgate

      Baltimora, Maryland

      “Vedi il posto?” disse Ed nel microfono.

      La profonda voce gutturale di Mark Swann si fece sentire nella cuffia. “Vuoi dire in tempo reale?”

      Ed scosse la testa. “No, voglio dire nel 1978. Sì, in tempo reale, Swann.”

      “Certo che no. Non vedo niente. Oggi non ho un drone in volo, e anche se potessi metterne su uno, le nuvole sono troppo basse. Tutto ciò che vedo viene dalle telecamere che avete addosso.”

      “Quindi non vedi che cosa succede sul retro.”

      “No, non al momento. Ma tu hai la mappa aerea, no? E la pianta?”

      Ed sospirò. “Sì.” Sarebbero entrati alla cieca.

      “Allora dovresti essere a posto.”

      Ed sedeva sul retro di un furgone bianco parcheggiato in strada a trenta metri dalla casa in cui viveva Mustafa Boudiaf. Il mezzo aveva su un logo arancione, giallo e verde della SMECO, con nel mezzo un lampo. SMECO era l’acronimo di Southern Maryland Electrical Cooperative, un’azienda elettrica che quella zona non la serviva nemmeno.

      Nel furgone con lui c’erano tre persone, i membri della sua squadra. Erano vestiti come lui – maglie di lana nere a maniche lunghe, pesanti giubbotti tattici e pantaloni cargo foderati di un Dragon Skin leggero. Sopra ai giubbotti tattici c’erano giubbotti gialli riflettenti con il logo della SMECO – proprio come quelli che indosserebbero operai usciti per sistemare un’interruzione elettrica in una giornata nevosa. Sulla testa avevano caschi bianchi da combattimento con maschere a cerniera, attualmente tirate su. Una persona non certa di quello che stava guardando avrebbe potuto immaginare che i caschi fossero elmetti protettivi.

      Ed lanciò un’occhiata fuori dal lunotto. Era un quartiere relativamente benestante. La casa era di stucco marrone chiaro, anonima, a due piani, situata lontana dalla strada, oltre un ampio prato. Un bovindo dava sulla strada, accanto a un portone rosso. Sul lato destro c’era un vialetto con sul davanti una Town Car nera della Lincoln e forse una specie di Toyota dietro. Sul lato sinistro c’era uno stretto viale tra le proprietà. Una lunga siepe costeggiava il marciapiede davanti.

      Tutto – la siepe, i due alberi sul prato anteriore – era marrone e spoglio. La neve scendeva piuttosto fitta.

      Ed era calmo. Guardò i suoi.

      Due erano giovani, al massimo venticinquenni. Rodriguez e Stamos. Ed aveva insegnato alla Rodriguez a Quantico – era tra i suoi migliori studenti. Era la persona più in forma lì, poteva fare più pull-up dello stesso Ed. Poteva correre un miglio in cinque minuti per poi fare cento push up e un altro miglio in cinque minuti. Inoltre era seria – seria da morire. Forse un po’ troppo. Voleva disperatamente mettersi alla prova.

      In quel momento, aveva occhi come dischi. Sembrava che dovesse andare in bagno.

      “Rodriguez, tu sei con me, ragazza. È un giochetto. Siamo solo addetti alle utenze che bussano alle porte durante un’interruzione del servizio. Abbiamo un portablocco. La porta si apre, e chiunque ci sia dietro noi lo blocchiamo. Tu li metti in sicurezza, io procedo. Capito?”

      Annuì. “Capito.”

      “Stamos, Anderson, voi risalite quel vialetto e arrivate insieme a Marshall e King sul portico posteriore. Stamos, tu e King siete i martelli. Ricevete l’ordine, e voglio