Purificazione Della Memoria. Giovanni Paolo II E La Guarigione Intergenerazionale
morte di un figlio e allo stesso tempo la sofferenza del padre,
la causa di questa punizione è il peccato del padre.
Davide commette il peccato e muore suo figlio. Per capire che questo è una grande ingiustizia non ci vuole ne teologo e l’esperto delle Sacre Scritture. Propongo leggere questo brano: “[1] Il Signore mandò il profeta Natan a Davide e Natan andò da lui e gli disse: "Vi erano due uomini nella stessa città, uno ricco e l'altro povero. [2] Il ricco aveva bestiame minuto e grosso in gran numero; [3] ma il povero non aveva nulla, se non una sola pecorella piccina che egli aveva comprata e allevata; essa gli era cresciuta in casa insieme con i figli, mangiando il pane di lui, bevendo alla sua coppa e dormendo sul suo seno; era per lui come una figlia. [4] Un ospite di passaggio arrivò dall'uomo ricco e questi, risparmiando di prendere dal suo bestiame minuto e grosso, per preparare una vivanda al viaggiatore che era capitato da lui portò via la pecora di quell'uomo povero e ne preparò una vivanda per l'ospite venuto da lui". [5] Allora l'ira di Davide si scatenò contro quell'uomo e disse a Natan: "Per la vita del Signore, chi ha fatto questo merita la morte. [6] Pagherà quattro volte il valore della pecora, per aver fatto una tal cosa e non aver avuto pietà". [7] Allora Natan disse a Davide: "Tu sei quell'uomo! Così dice il Signore, Dio d'Israele: Io ti ho unto re d'Israele e ti ho liberato dalle mani di Saul, [8] ti ho dato la casa del tuo padrone e ho messo nelle tue braccia le donne del tuo padrone, ti ho dato la casa di Israele e di Giuda e, se questo fosse troppo poco, io vi avrei aggiunto anche altro. [9] Perché dunque hai disprezzato la parola del Signore, facendo ciò che è male ai suoi occhi? Tu hai colpito di spada Uria l'Hittita, hai preso in moglie la moglie sua e lo hai ucciso con la spada degli Ammoniti. [10] Ebbene, la spada non si allontanerà mai dalla tua casa, poiché tu mi hai disprezzato e hai preso in moglie la moglie di Uria l'Hittita. [11] Così dice il Signore: Ecco io sto per suscitare contro di te la sventura dalla tua stessa casa; prenderò le tue mogli sotto i tuoi occhi per darle a un tuo parente stretto, che si unirà a loro alla luce di questo sole; [12] poiché tu l'hai fatto in segreto, ma io farò questo davanti a tutto Israele e alla luce del sole". [13] Allora Davide disse a Natan: "Ho peccato contro il Signore!". Natan rispose a Davide: "Il Signore ha perdonato il tuo peccato; tu non morirai. [14] Tuttavia, poiché in questa cosa tu hai insultato il Signore (l'insulto sia sui nemici suoi), il figlio che ti è nato dovrà morire". Natan tornò a casa. [15] Il Signore dunque colpì il bambino che la moglie di Uria aveva partorito a Davide ed esso si ammalò gravemente” (2Sm 12,1-15) .
Da questo racconto possiamo capire perché entro in discussione con la decisione dell’Episcopato che riguarda la proibizione della preghiera della guarigione del peccato intergenerazionale o della guarigione intergenerazionale.
Il brano parla in modo chiaro: che il peccato del padre attraverso le sue conseguenze può toccare i figli. In caso di Davide lui è stato punito attraverso la morte del suo figlio. Sembra impossibile, ma in internet in lingua polacca non ho trovato commento di 2Sm12,14. Perché? Sicuramente non è un brano facile da interpretare, e secondo me, scomodo agli avversari della preghiera della guarigione intergenerazionale.
Citandolo non potrebbero negare il senso di questa preghiera, che i peccati degli antenati influenzano la vita delle loro generazioni. Il fatto è, che non possiamo non prendere in considerazione questo brano, perché ci parla di Davide, che è antenato di Gesù. Sappiamo che Gesù proviene dalla discendenza della casa di Davide. Seguire la storia della casa di Davide ha un enorme importanza nel capire la storia di salvezza.
In lingua italiana ho trovato molto interessante interpretazione di questo brano: “Insieme a ciò che ha già fatto nel passato, attraverso Natan Dio annuncia a Davide anche il castigo 24Poi Davide consolò Betsabea sua moglie, entrò da lei e le si unì: essa partorì un figlio, futuro, un castigo duro, che poi diventa ancora più terribile nel momento in cui, dopo che Davide ha riconosciuto il suo peccato, Natan gli dice:
«Il Signore ha perdonato il tuo peccato; tu non morirai. Tuttavia, poiché in questa cosa tu hai insultato il Signore (l'insulto sia sui nemici suoi), il figlio che ti è nato dovrà morire» (vv. 13-14). Qui il racconto sembra contraddire quanto ho detto prima, che il giudizio di Dio è sempre un giudizio di perdono, di misericordia, di salvezza. Qui invece Dio annuncia che la spada non si allontanerà dalla casa di Davide, che conoscerà la sventura. Inoltre anche il figlio concepito da Betsabea dovrà morire. Dunque, Dio sembra castigare il peccato di Davide. Credo che dobbiamo leggere il testo in altro modo: il peccato, il male, non rimangono mai senza conseguenze, producono sempre il loro frutto di morte, generano altro male e altra sofferenza. Il peccato produce sempre una storia di male che colui che pecca non riesce più neppure lui a dominare. Sorge però in noi spontanea
l’obiezione: tutto questo è profondamente ingiusto. Perché deve morire il figlio di Davide e di Betsabea che è innocente. Perché muore lui e non muore Davide, che è colpevole? È allora vero che sono i figli a dover scontare le colpe dei padri?
Forse non possiamo rispondere a questi interrogativi che in questo modo: è proprio vero, tutto questo è ingiusto. Radicalmente ingiusto. Ma il male è proprio così. È un mistero d’ingiustizia e d’iniquità. Se non fosse ingiusto e iniquo, non sarebbe “il male”. Il male colpisce alla cieca, non retribuisce
i buoni e punisce i cattivi, non ha un senso che lo possa rendere comprensibile, porta delle conseguenze incontrollabili proprio là dove non ci aspetteremmo che le portasse sulla base delle nostre attese di giustizia e di significato. Sorge però spontanea un’obiezione ulteriore: nel nostro racconto è Dio stesso che sembra decidere il castigo di Davide e persino la morte di suo figlio. Ma di fatto non è Dio. La parola di Dio porta piuttosto alla luce quali sono le conseguenze del male che altrimenti rimarrebbero nascoste. È il male a generare altro male, in una spirale dalla quale non riusciremmo a liberarci, anzi, che non riusciremmo neppure a vedere in tutta la sua complessità, se non ci fosse la parola di Dio a smascherarla. Come la parola di Dio, attraverso Natan, smaschera e porta alla luce il peccato di Davide, allo stesso modo smaschera e porta alla luce tutte le conseguenze del suo peccato. Inoltre, non dobbiamo dimenticare che riferire il male a Dio, metterlo cioè in rapporto con il mistero di Dio, è l’unico modo che l’uomo biblico ha per sperare che il male possa essere in qualche modo vinto, che non abbia l’ultima parola sulla nostra vita e sulla storia, che ogni cosa venga riscattata dal non senso della sofferenza, della disperazione, del dolore.
1.62 Una speranza di riscatto
È quanto ci mostra anche il capitolo che stiamo leggendo. Il figlio di Davide e di Betsabea muore, ma come raccontano i vv. 24-25: che egli chiamò Salomone. 25Il Signore amò Salomone e mandò il profeta Natan, che lo chiamò Iedidià per ordine del Signore. Dio torna a donare la vita là dove la morte ha manifestato tutta la sua insensata potenza. Non dobbiamo dimenticare che questi racconti nascono nel contesto di un popolo come Israele che non ha ancora maturato pienamente la fede nella risurrezione dei morti e in una vita oltre la morte.
Davide stesso è testimone di questa fede quando, dopo la morte del figlio, al v. 23 esclama al colmo della sua amarezza:
«Ma ora che egli è morto, perché digiunare? Posso io farlo ritornare? Io andrò da lui, ma lui non ritornerà da me!».
Dalla morte non c’è ritorno e allora la potenza di vita di Dio deve manifestarsi, per la fede di Israele, non in un al-di-là della morte, ma ora e qui, nella nostra storia. E si manifesta proprio nel dono di un nuovo figlio. Se il peccato produce la morte, Dio torna a donare la vita. Anzi, come abbiamo visto già altre volte, Dio non solo vince il peccato dell’uomo con tutte le sue conseguenze, ma intensifica il suo amore, reduplica il suo dono, fa del peccato l’occasione per mostrare in modo ancora più evidente la potenza efficace della sua grazia. Infatti, il figlio che ora nasce è Salomone, colui che costruirà quel Tempio che Davide non aveva potuto costruire; colui con il quale Dio stringerà un’alleanza fedele a cui non verrà mai meno, nonostante il peccato di Davide e quello di tutti i suoi discendenti. Sarà proprio da Salomone e dalla sua discendenza che verrà quel Gesù, figlio di Davide e Figlio del Dio altissimo, che libererà per sempre l’uomo dal suo peccato e dalle sue conseguenze, in primis la morte” [54] .