Giovanni Haas

Jessica Ek


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scuola per ragazzi con delle doti più sviluppate della norma, sai cosa intendo… come le nostre, insomma.»

      Una piccola pausa in attesa di una reazione; nulla, si sente solo il rasoio picchiettare sul lavandino.

      «Ho sempre saputo che il dr. Magnus Ek era il mio padre adottivo, e credo che abbia sempre cercato di fare bene il suo lavoro. Comunque, non avevo idea di chi fossero i miei veri genitori, fino a qualche settimana fa, quando ho scoperto che mia madre… nostra madre, è una donna che ha lavorato alla Pem fino a quando avevo quasi diciotto anni.

      Non è stato facile trovarla, ma ci sono riuscita e sono andata da lei. Mi ha raccontato molte cose sull'istituto dove sono cresciuta e dove ho lavorato fino alla scorsa settimana. Cose che inizialmente ho faticato a credere, ma che in realtà hanno dato una risposta a molte delle domande che mi sono sempre posta e a cui nessuno ha mai voluto dare una spiegazione in modo sincero.

      «Non ho mai sentito parlare di questa Pem. Cosa significa esattamente?» La domanda di Matteo lascia trasparire scetticismo. Jessica immagina che lui stia pensando che voglia fregarlo o vendergli qualcosa.

      «È un acronimo, il nome completo è PEMH School & ISR: significa Pre-Elementary-Middle-High School & Institute for Superior Research. Più semplicemente, Pem.»

      «Caspita, bisogna essere superdotati solo per ricordarsi il nome.» Anche se non può vederlo, percepisce che Matteo non la sta prendendo sul serio. «E si trova a Zurigo questa Pem?»

      «A Küsnacht, per essere precisi, un bellissimo paese sul lago di Zurigo; lì c'è la sede europea, mentre la direzione generale è in California. Non ci sono ragazzi più intelligenti, ma dotati di capacità che sono considerate molto speciali. Si calcola che una persona su centomila sviluppi in modo involontario delle capacità oltre la norma, ma solo l'uno per cento ne diventa consapevole, e di questi unicamente una minima parte metterà in pratica delle tecniche per perfezionare al meglio la propria “superdote”. Per questo motivo esiste la Pem, per trovare questi ragazzi speciali così da invitarli a sviluppare le loro capacità.»

      «Invitarli?»

      «Sì, esatto, non esiste la possibilità di iscriversi autonomamente, sono i professori e i ricercatori dell’istituto che cercano e contattano i genitori di possibili candidati a frequentare i corsi presso il centro. Più che ragazzi si tratta sempre più di bambini, anche molto piccoli; come saprai, questo tipo di capacità prima viene esercitata e più grandi sono i risultati che si possono raggiungere. Per questo motivo, l’istituto è dotato di tutti i gradi scolastici.»

      Jessica attende un cenno, che però non arriva; riprende allora il discorso da dove è stata interrotta.

      «Ovviamente, di tutto quello che mi ha raccontato nostra madre, la cosa che mi ha davvero sconvolta è stata sapere della tua esistenza. Tua e... del tuo gemello. Un vero shock, Matteo.»

      L'acqua smette di scorrere.

      «Gemello?» Il tono di Matteo è chiaramente irritato adesso. Si affaccia per guardarla bene: «Ma che stai dicendo?»

      «Fammi finire, ti prego.»

      Che stupida che sono. Aveva previsto un modo più delicato per rivelargli che aveva anche un gemello, ma quando le emozioni sono così forti è difficile seguire i piani. «Nostra madre è stata costretta a darci tutti in adozione. Fortunatamente, ha avuto la possibilità di conoscere me lavorando alla Pem, mentre di voi due non ha potuto tenere le tracce. Lei è una cartomante specializzata nella lettura del pendolino sai, per fare le ricerche e avere delle…»

      Il suo racconto viene interrotto da un pensiero di Matteo più forte degli altri.

      So cosa fa una cartomante.

      Jessica percepisce anche una forte diffidenza nei suoi confronti.

      «Scusa, è ovvio che lo sai.» dice. Poi alza lo sguardo dalla tovaglia e lo vede; Matteo è in piedi appena oltre la porta, e ha un'espressione esterrefatta. Indossa un vestito grigio con camicia azzurra e cravatta bordeaux scuro; così vestito non sembra lo stesso ragazzo di qualche minuto prima, eppure non ha perso nulla del suo fascino.

      «È grazie al suo aiuto che è riuscita rintracciarti, e a scoprire cosa fai per vivere. Purtroppo, però, non ha trovato nulla su Ronaldo. Non sa neppure se il nome che aveva scelto per lui è stato cambiato.»

      Jessica accenna un sorriso e solleva leggermente le mani dal tavolo, a indicare di aver finito.

      «Scusami, Matteo. Mi rendo conto che tutto questo appaia sconvolgente, è stato così anche per me. Mi scuso anche per la mia incapacità di essere delicata ma… come vedi l’argomento non è dei più semplici da affrontare e noi due siamo praticamente degli estranei. Non mi stupirebbe se mi cacciassi via, sono sincera.»

      Lui tace scuotendo la testa piano, quasi fatichi a prendere una decisione.

      «Caspita, Jessica» dice infine, «il tuo racconto è incredibile e mi dispiace che tu stia vivendo tutto questo praticamente da sola.»

      «Da sola fino a ora, ma adesso che ci siamo ritrovati potremmo riuscire dove non è riuscita nostra madre, e scoprire dove si trova nostro fratello.»

      «Piano, piano. Nostra madre, nostro fratello… ascolta: io non credo tu stia parlando con la persona giusta.» Matteo usa un tono gentile, quasi parlasse con una bambina o con qualcuno molto disturbato. «Io non sono stato adottato e so di non avere sorelle o fratelli.»

      Jessica resta seduta e accusa il colpo. Ovvio che dica così: è sconvolto. Non si era aspettata di vederlo correrle incontro e abbracciarla gridando “sorellina mia!”.

      Matteo si siede di fronte a lei. Il suo sguardo è accomodante ora. «Mi spiace, ma credo che quella che chiami “nostra madre” ti abbia raccontato un sacco di frottole o, perlomeno, abbia letto male il suo pendolino e si sia sbagliata nel ritenere me uno dei suoi gemelli.»

      «Matteo, so che è difficile da accettare, ma ti assicuro che non può essersi sbagliata. Come ti ho detto, è brava in quello che fa. La migliore.»

      «Senti, io non ho idea quali siano le vostre capacità, ma so per certo…»

      Lei allunga le braccia sul tavolo e prende le sue mani.

      «Lo sento, ne sono certa. L'ho capito subito, da come è stato facile connettermi con i tuoi pensieri.»

      Nello stesso istante, con una forza inaspettata, quasi violenta, Jessica viene invasa da una sensazione di angoscia e paura. Matteo sta fissando un punto indefinito ed è immobile, pare in stato di trance.

      «Matteo? Mi stai ascoltando?»

      Lui si riprende, rimette a fuoco la stanza e sfila le mani dalle sue.

      «Senti, Jessica, ora devi proprio andartene. Sto aspettando una persona e non ho davvero tempo da dedicare a questa storia.»

      «Ma cosa è successo?»

      «Adesso non ho tempo. Per favore.» Matteo si alza e va verso la porta. «Torna da dove sei venuta, dimentica me e tutta questa questa strana storia che ti porti dietro. Non ha senso.»

      Jessica sente una fitta di dolore percorrerle la mente. Il cuore le batte forte nel petto mentre asseconda la richiesta di Matteo e si alza. «Allora tornerò quando avrai un po' più di tempo e potremo…» non vuole arrendersi.

      «No» fa lui, perentorio «lo dico per il tuo bene. Devi uscire da questa casa e non tornarci più.»

      Jessica resta in silenzio a fissarlo.

      «Ok, me ne vado, ma solo se mi dici cosa è successo. Ho letto delle tue capacità, so che vedi il futuro.»

      «Cos’altro sai, sentiamo.»

      «Che da queste parti sei piuttosto famoso, hai aiutato la polizia a risolvere un paio di importanti casi di ragazzi scomparsi. Hai una rubrica su una rivista settimanale e sei spesso ospite di talk show televisivi e radiofonici. Non è un caso, lo capisci?»

      Matteo riflette un momento. «Va bene, ma poi te ne devi