come sai ho la capacità di vedere avvenimenti non ancora accaduti. Quando mi hai preso le mani, ho visto chiaramente qualcuno che moriva; l'immagine è stata molto forte ed è sicuramente legata alla tua presenza qui. Quindi, anche se è probabile che io mi sia sbagliato, è meglio non correre rischi. Ora, per favore…» Matteo si dirige nuovamente alla porta.
«Chi hai visto morire?»
«Non lo so, non la conosco.»
«Allora era una donna. E come moriva?»
Eri tu, dannazione!
«Ora basta, vattene per favore!»
Il pensiero di Matteo è stato così forte da confondersi con le sue parole. Jessica sente chiaramente la sensazione di orrore che il giovane ha provato Ora è davvero spaventata.
«Va bene, vado. Ti chiamerò nei prossimi giorni, abbiamo entrambi bisogno di riflettere.»
«Ok, ok. Ma ora, per favore, lasciami solo.»
«Ti lascio il mio biglietto, chiamami appena ti sentirai pronto.»
Jessica gli lascia un biglietto con il numero corretto a penna e va alla porta, mette la mano sulla maniglia e si rigira verso Matteo.
«Hai mai avuto la visione di questo nostro incontro?»
«No.»
Lei vorrebbe aggiungere qualcosa, tipo "è stato un piacere" o "ci vediamo presto", ma non trova nulla di adatto.
«Ciao, Matteo.»
Lui accenna una risposta al suo saluto con un gesto del capo, ma non dice nulla.
Nell'uscire sotto il porticato, Jessica s’imbatte in un uomo sulla quarantina, con barba non curata, capelli troppo cresciuti e in disordine e un generale aspetto trasandato. Emana un puzzo di fumo misto a whisky o a qualche altro superalcolico, ma non pare ubriaco; probabilmente, è il suo vecchio cappotto alla tenente Colombo che si porta appresso i ricordi della notte precedente. È molto più alto di lei, e pur stando un gradino più in basso la potrebbe guardare dritta negli occhi, ma in realtà la sta esaminando dalla testa ai piedi.
Ma che bella topolina. «Buongiorno, signorina, si è persa?»
«Buongiorno. Cosa glielo fa credere?»
«Solo il fatto che non avevo mai visto una ragazza così graziosa da queste parti.»
«Forse non è mai stato qui nel momento giusto.»
E bravo, Matteo. I pensieri dell’uomo sono nettissimi.
Lui la saluta di nuovo ed entra senza bussare. Jessica gli risponde con un sorriso: essere definita “graziosa” l'ha divertita almeno quanto essere considerata una topolina. Incuriosita, si ferma a origliare, ma riesce unicamente a percepire alcuni pensieri: il nuovo arrivato è contento di essere lì, ma le cose cambiano dopo il primo scambio verbale che lei non può sentire, e i sentimenti dei due sono unicamente di contrasto; adesso entrambi paiono seccati di trovarsi insieme nella stessa stanza.
Quando non le arriva più nulla, scende i gradini del portico. Di fianco alla sua auto c'è una vecchia Mazda verde che, a giudicare dalla stato della carrozzeria, non pare passarsela bene; c'è anche Obelix sdraiato al sole che l'aspetta per ricevere una grattatina sulla pancia, e Jessica nonostante tutto sorride. Mentre si avvicina al cane dà un'occhiata nell'auto verde e, sui sedili posteriori, vede una scatola di cartone piena di libri, saranno almeno una ventina.
Incuriosita, prova a leggere qualche titolo; ci riesce solo con uno di quelli appoggiati più in alto che mostra la copertina. Und dann gabs keines mehr.
«Ma guarda, abbiamo gli stessi gusti in fatto di gialli.» dice piano, poi si accovaccia per accarezzare Obelix che uggiola di contentezza. E mentre è china sull’animale sente ancora quella sensazione strisciante di quando è arrivata: qualcuno la sta osservando dal bosco.
Si alza e osserva il paesaggio, poi, seguendo un istinto che conosce bene, chiude gli occhi. Un manto gelido l'avvolge, vede una ragazza intenta a proteggersi dal freddo con una coperta grigia, prova un brivido intenso di paura e solitudine e poi più nulla.
***
Nico appoggia la giacca sulla poltrona in pelle e osserva Matteo seduto al tavolo che si massaggia le tempie; è sorpreso di non vederlo come sempre in perfetta forma.
«E tu che ci fai qui?» gli chiede Matteo, che sembra accorgersi di lui solo in quel momento.
«Guarda che sei tu che mi hai fatto venire, visto che mettere piede nel mio ufficio sembra ti faccia venire l'orticaria.»
«Solo tu puoi chiamare ufficio uno sgabuzzino in un magazzino abbandonato.»
«Almeno io un ufficio ce l’ho.»
«Anch’io, ci sei dentro.»
«Ok, ok, lasciamo perdere. Piuttosto, dimmi, chi è la topolina che è appena uscita?»
Dalla finestra osserva Jessica fare le coccole a Obelix.
«Nulla che potrà mai avere a che fare con te.»
Nico continua a guardare la ragazza; lei si alza di scatto e si guarda intorno, fa qualche passo verso la staccionata e si ferma a osservare il bosco come stesse cercando qualcosa. Torna indietro, sale in macchina e lascia la proprietà. Lui si volta verso Matteo.
«Che ti è successo? Sei malato? Hai un aspetto che fa paura.»
«E tu hai usato il cognac invece del dopobarba?»
Matteo muove la mano davanti al naso, come per cambiare aria, e l'altro si annusa con fare indifferente il collo della pesante camicia da boscaiolo lasciata cadere sopra i jeans.
«Nico, dobbiamo parlare del caso Motta.»
«Cosa cosa? Vuoi parlare con me di Francesca Motta? Ma non mi avevi detto di starne alla larga, che avrei messo la polizia su false piste, in agitazione il rapitore, se non addirittura in pericolo la vita della ragazza?»
«E la penso ancora così; tu sei un problema e lo abbiamo già visto in passato con il caso Elia. Se esiste anche una sola possibilità di salvare questa ragazza, non voglio che la bruci.
Questo è un colpo basso; risveglia il rancore che accompagna i due, da quando i genitori di Elia avevano ingaggiato Nico per ritrovare il ragazzo. Lavoro che lo aveva portato a uno scontro frontale con Matteo, incaricato ufficialmente dalla polizia quale consulente.
«Allora, se è così che la pensi, credo che non abbiamo nulla da dirci. Ti saluto.»
«Aspetta, non sono io che ti voglio tra i piedi. Vuoi ascoltarmi?»
Nico lo osserva. «Vai avanti.»
«Edo e Silvia vogliono tentarle tutte per ritrovare la figlia; sono disposti a buttare via un po' del loro denaro per provare anche con te.»
«Ah, ora la situazione è più chiara. Temi che ti rubi il palcoscenico, vero?»
«Non ti montare la testa. Se accetterai il caso, sarò io a gestire tutte le informazioni: quelle che andranno alla polizia, quelle che saranno da comunicare ai genitori di Francesca e quelle da buttare. E solo la polizia potrà passare notizie alla stampa.»
«Ridicolo. E come farai a impedirmi di parlare con la polizia o con i genitori di Francesca? Scordatelo. Io non sono il tuo sottoposto» Gli occhi neri di Nico brillano di orgoglio ferito. Si passa una mano tra i capelli, anch’essi scuri, e aggiunge: «perché è sempre così maledettamente difficile avere a che fare con te, eh?»
«Queste sono le condizioni. Sono tutte in questo accordo tra te e i Motta.» Matteo gli mostra un foglio che ha appena preso dalla sua elegante cartella di pelle e lo appoggia sul tavolo, invitandolo a leggerlo, cosa che però Nico non fa.
«Se non ti sta bene, rinuncia al caso. Se invece accetti le condizioni e firmi, dovrai rispettare alla lettera quanto c’è scritto o non riceverai un soldo; inoltre, potresti beccarti una denuncia per intralcio