Giovanni Mongiovì

Le Tessere Del Paradiso


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andare e vi farò avere quanto chiedete.» rispose con un filo di ingenuità la giovane.

      Vittore scoppiò a ridere.

      «Con quale motivazione tornereste a portarmi quanto vi chiedo? Allora non si tratterebbe più di un riscatto, ma di una vera e propria opera pia da parte vostra. Poco fa, sulla spiaggia, avete chiesto dove si rintanano quelli come me… ma so che intendevate dire dove si rintanano “le bestie” come me. Conosco la considerazione che la gente come voi ha verso il popolo.»

      «Vi giuro che non intendevo appellarvi a quel modo. E poi, credete che la mia gente riceva meno disprezzo?»

      «Voi lo meritate! Avete spadroneggiato su questa terra per secoli. Tanta prosperità e tanta rovina adesso; la vostra bilancia è colma! Che possiamo dire invece noi poveri cristi? Messi in croce da sempre… noi che conosciamo il sapore delle suole dei sandali saraceni così come dei calzari normanni. Ad ogni modo, affinché sappiate che una bestia, un lupo come me, può anche non sbranare un innocente agnellino come voi solo perché ne ha l’occasione, vi assicuro che non vi torcerò un capello e che vi lascerò andare non appena smetterà di piovere.»

      «La vostra anima è trasparente e la vostra fama vi precede. So bene chi siete: Vittore, il venditore di conchiglie! Di voi si parla in bene, perciò non ho creduto un solo momento alla vostra recita.»

      «No, invece vi sbagliate… non sulla mia identità, sono davvero Vittore. Voglio però darvi una lezione. Non lasciatevi ingannare dalla fama della gente… un altro non vi avrebbe trattato con lo stesso rispetto, dal momento che l’occasione è veramente ghiotta. Giudicate invece la fame, quella che io non possiedo perché ho troppo orgoglio per dire che mi manca qualcosa che non mi sia riuscito a guadagnare.»

      «Vi comprerò le conchiglie più belle!» esclamò d’impulso lei, toccata nel cuore dai discorsi di Vittore.

      Tali parole distesero la conversazione, provocando sui visi di entrambi una perpetua espressione di serenità. Fuori intanto il cielo sembrava volersi congiungere col mare per come imperversava il temporale.

      «Ecco come fare del bene a qualcuno come me! Come vi chiamate, Madonna?» chiese lui, tornando a sedersi sul sasso lasciato poco prima e invitando le due donne a fare lo stesso di fronte.

      «Naila.»

      «Cosa ci fa una delle figlie dei saraceni così lontano da casa?»

      «Sfuggo alla noia.»

      «Godete di un’inusuale fiducia da parte di vostro marito.»

      «Egli è in viaggio.»

      «Foste stata mia moglie…» accennò la sua contrarietà Vittore.

      «Forse vostra moglie non si sarebbe annoiata. Voi non partite in lunghi viaggi di affari…»

      «Io però non posso darle lunghi abiti di seta prodotta negli opifici reali e monili in metallo pregiato.»

      «Ma forse quello che basta a vostra moglie sono le vostre forti braccia e la vostra intraprendenza.»

      «Dite così solo per farmi piacere.»

      «Non sminuite la mia analisi. Oggi avete ospitato due povere donne spaventate nella reggia più consona alla situazione. E sappiamo che con la vostra presenza non può accaderci nulla di spiacevole. Vostra moglie, qualora l’aveste davvero, dovrebbe sentirsi molto fortunata.»

      La serva si accostò dunque all’orecchio di Naila e le disse preoccupata qualcosa. Giudicava quelle lusinghe eccessive, in quanto rivolte ad un uomo, a qualcuno appartenente ad un partito non alla sua altezza, e per giunta facente parte dei miscredenti.

      Naila allora posò delicatamente le dita della mano sulle labbra della serva, indicandogli in tal maniera di tacere.

      Vittore aveva già compreso di avere dinanzi a sé una testa calda, una donna raffinata nell’aspetto, ma anche priva di controllo. Una donna rischiosa quindi, di quelle che riescono ad ammaliare gli uomini per poi trascinarli nella pericolosità della loro natura. Vittore provò un misto di attrazione e sospetto. Per certo si trattava di una di quelle donne alla ricerca di svago, ma che non bisogna mai fare entrare nel proprio cuore.

      «Venite a trovarmi al mercato. Potrete comprare le conchiglie che mi avete aiutato a raccogliere… collane, bracciali e orecchini. Vi farò un ottimo prezzo.»

      Naila accolse l’invito ad uscire da casa per recarsi al mercato dei pescivendoli come la cosa più eccitante che le fosse accaduta negli ultimi tempi. Vittore certo era un bell’uomo e a Naila non erano sfuggiti i robusti bicipiti e i lineamenti virili, tuttavia non le sarebbe mai saltato in mente di guardarlo come se fosse più di un conoscente. Amjad non le avrebbe perdonato neppure quelle poche ore passate insieme a causa del maltempo, figuriamoci se avesse supposto che ci fosse dell’altro… E poi Naila non era così ingenua da non considerare tutte le differenze che intercorrevano tra lei e quell’uomo del popolo. Non fu quindi l’ingenuità la causa che pochi mesi dopo avrebbe fatto deragliare interamente i sentimenti della sorella dell’eunuco e pure il suo buonsenso. Naila era completamente consapevole di dove stesse andando a parare volta dopo volta nelle sue frequentazioni al mercato del porto. Per certo l’assenza di educazione genitoriale aveva formato un carattere poco incline alle inibizioni e alle proibizioni. Inoltre Amjad l’aveva viziata e con il suo esempio l’aveva resa vulnerabile alle tentazioni. Dopo anni passati ad ascoltare le confidenze lussuriose del fratello, a poco erano serviti gli sforzi fatti negli ultimi tempi per impartirle la retta via della fede. Naila aveva infatti recepito con entusiasmo intellettivo il risveglio islamico di Amjad, ma nel suo cuore non avevano mai smesso di albergare i desideri mai sopiti del suo risveglio come donna. Naila sognava l’amore e le forti braccia di un uomo sin da quando aveva compreso che l’affetto per Amjad fosse solo un pallido surrogato del sentimento di passione che nasce tra due esseri umani in età adulta… ora il venditore di conchiglie ricalcava perfettamente ciò che aveva desiderato.

      Vittore, d’altro canto, ritenne dapprima innocue le timide visite di Naila al mercato, e successivamente, ormai preso da quella costante presenza, non seppe né volle più respingerle in cuor suo.

      Così Naila imparò a disfarsi della presenza della serva e Vittore cominciò ad invitare la sorella dell’eunuco del Re ad incontrarsi in luoghi più appartati e ad orari in cui era più difficile essere visti.

      I primi giorni di novembre la coscienza di Naila parlò poi per la prima volta al suo buon senso. Fu allora che comprese che la presenza dei cospiranti in casa sua avrebbe potuto minacciare la vita di Vittore e che l’amore con l’uomo delle conchiglie avrebbe potuto compromettere la posizione di Amjad tra coloro che seguivano la rivolta. Decise perciò di disfarsi della cosa a cui le era più facile rinunciare e pose fine alle riunioni del fratello. Tuttavia, nascondere qualcosa a Palermo, città in cui a tutte le ore e i luoghi vi erano occhi indiscreti ed orecchie testimoni, era impossibile… Le cose erano andate storte e l’amore di Naila e Vittore aveva innescato la gelosia di Amjad.

      Capitolo 13

      Notte del 10 Novembre A.D. 1160, Balermus

      Ignaro di quale sorte fosse toccata alla sua amata, Vittore fece un passo avanti verso Majone e richiese:

      «Vostra Eccellenza, il greco ci ha a lungo pregato di lasciarlo andare; che avremmo riscosso da lui la nostra ricompensa. Tuttavia a noi è parso giusto onorare la legge del nostro rispettato Ammiraglio.»

      Majone finì di guardare Alessio scomparire dietro l’angolo, dunque sorrise e rispose:

      «Perché me lo dite? Non è stato forse il vostro dovere?»

      «Anche gli uomini in armi di Sua Maestà assolvono il loro dovere, tuttavia ricevono il soldo.»

      A ciò Majone, stizzito, guardò i suoi, i quali intanto si erano avvicinati al suo livello.

      «Il nostro amico chiede il soldo dei mercenari!» esclamò, rivolgendosi proprio agli uomini della sua guardia personale.

      Majone era molto nervoso… a giudizio di chi lo conosceva da vicino, più del normale.

      «Chiediamo solo l’offerta dei