sembrò abbandonata, ma l’ambiguo individuo ci si fermò proprio davanti. Si girò di scatto. Da sotto gli occhiali cominciò a esaminare i dintorni mentre il giovane, accovacciato tra le spighe, si strinse il più possibile per nascondersi.
Dopo essersi convinto che nessuno lo stesse seguendo, decise di entrare. Aprì un grosso cancello dal ferro visibilmente arrugginito e scomparve.
Jack, nascosto in mezzo a due cespugli ai piedi di un grosso albero del sentiero a quasi un centinaio di metri dall’abitazione, si stropicciò nervosamente il viso. Voleva uscire, ma la paura che l’uomo stesse ancora spiando dalle finestre diroccate della fattoria lo bloccò.
Quel luogo lo inquietava. L’immenso terreno di proprietà, recintato da un’alta griglia di ferro arrugginita e cadente, non lasciava presagire nulla di buono. Tutt’intorno, la vegetazione aveva preso il sopravvento, con cespugli ed edera che regnavano sovrani avvinghiandosi al metallo per ergersi alti. C’erano alcuni punti del recinto in cui era assente, garantendo così un'osservazione migliore. Questo però lo spaventò. Anche per il vecchio malato vederlo sarebbe stato più facile.
Aspettò quasi mezzora avvolto nei suoi logoranti pensieri poi, dopo aver dato un’ultima occhiata all’abitazione, si decise e timoroso, si voltò dirigendosi verso la città. Non riusciva a darsi alcuna spiegazione su quella strana quanto terrorizzante mattinata. L’unica cosa che voleva fare era ritornare a casa e salutare sua madre nella speranza che avesse preparato già il pranzo.
5
Erano quasi le due e mezzo del pomeriggio quando raggiunse casa.
I pensieri si erano affievoliti, lasciandogli così più tranquillità.
Aprì la porta ed entrò.
La madre, seduta sul divano, sigaretta accesa e sguardo penetrante.
«Mi ha chiamato la scuola…» disse buttando fuori il fumo dal naso.
Il ragazzo stava per raccontarle tutto, ma poi si bloccò.
«Scusami, questa mattina mi sono svegliato di nuovo tardi. Non ho sentito la sveglia…» rispose il giovane a voce bassa.
Sapeva che le assenze senza motivo facevano infuriare la madre, ma se gli avesse raccontato la verità, la donna lo avrebbe portato sicuramente da uno psicologo.
Decise di salire in camera sua a pensare.
Doveva ritornare in quella fattoria, sapere chi era quell’uomo e se era lui l’assassino del sogno. Una cosa non gli tornava, il tempo.
Nei sogni che aveva avuto, non era definito ma confusionale. Non era riuscito a capire quanto fossero durate le visioni. Nella realtà, si era sentito spiazzato e non a suo agio.
Voleva confidarsi con qualcuno, solo che Max, il suo migliore amico e compagno di classe, era in gita.
Sarebbe arrivato in paese alle cinque. Doveva andarlo a prendere.
Erano quasi le tre e un odore di pesce salì forte dalla cucina.
Il pranzo era pronto. Era consuetudine, durante la settimana, pranzare così tardi. La madre, infermiera nel piccolo ospedale di Sentils, aveva orari massacranti e a volte, grazie ai turni, riusciva ad arrivare a casa per pranzo non prima delle due.
Andò in bagno per lavarsi le mani ma poi, guardandosi allo specchio cominciò a sciacquarsi la faccia velocemente nella speranza che l’acqua gelida lo svegliasse da quell’incubo strano.
La tavola era apparecchiata e il cibo fumava caldo nel piatto.
La donna, già seduta. Per lei, niente piatto, solo un lungo e sottile bicchiere pieno di vino rosso.
Jack sapeva che la madre era infastidita dalla sua assenza a scuola, soprattutto perché avevano pagato anticipatamente la gita.
Era a conoscenza che da un po’ di tempo ormai le spese erano aumentate e che la madre per riuscire ad arrivare a fine mese faceva gli straordinari.
Non gli negava niente, piuttosto lavorava due ore in più al giorno.
Jack consumò il suo pranzo, un delizioso filetto di tonno accompagnato da grosse patate al forno. La donna era un’imbattibile cuoca. Quando finì, si alzò abbracciandola in silenzio.
Anche lei non si pronunciò. L’abbraccio durò pochi secondi nei quali, però, entrambi trovarono sollievo.
Il giovane risalì nella sua camera ricordando ancora il vecchio divenuto ormai un pensiero fisso.
Decise di andare su internet e di cercare informazioni sul terreno dove sorgeva quella tenebrosa fattoria.
La mattina, quando stava ritornando verso casa, aveva letto il nome della zona boschiva su un cartello vecchio e arrugginito ricoperto da una modesta quantità di muschio.
Subito non trovò niente d’interessante, fin quando, dopo aver aperto un sito capitatogli sotto gli occhi per caso, trovò un articolo di giornale:
DAL “NEW SENTILS” DEL 1950
Articolo a cura di Sara Linder.
“TRAGEDIA …
Una terribile vicenda ha coinvolto la giovane comunità di Sentils. Omicidio nella fattoria dei Trevor. La proprietaria è stata trovata sgozzata nel letto della propria casa, il marito è distrutto.
La donna, oltre a lasciare il compagno, lascia due splendidi bambini di neanche un anno. Gli investigatori non hanno alcun indizio, le indagini sono ancora acerbe ma l’intera comunità confida nelle competenze delle forze dell’ordine già impegnate per risolvere il caso al più presto.”
Jack rilesse due volte l’articolo, poi pensò di indagare sul nome della giornalista che lo aveva scritto.
Anche quella ricerca non fu facile. Erano notizie vecchie di oltre mezzo secolo, di un piccolo paesino e a molti sconosciuto.
Dopo una mezzora abbondante di navigazione su internet, il giovane riuscì a trovare l’ultimo indirizzo a carico della giornalista.
Queste due ricerche gli avevano portato via più di un’ora. Erano le quattro e mezza del pomeriggio e a distanza di mezzora, sarebbero arrivate le due classi dalla gita. Doveva parlare assolutamente con Max e il suo non rispondere al telefono lo costrinse a raggiungerlo.
6
Uscì di casa spensierato. Fortunatamente, la madre non lo aveva messo in castigo per non essere andato a scuola.
In fin dei conti era veramente brava, non riusciva mai a essere arrabbiata con lui per più di un’ora.
All’improvviso, un morso al cuore lo bloccò.
Dal nulla, le immagini atroci del sogno che aveva fatto gli invasero la mente. A farlo nuovamente tremare, le uguaglianze con la realtà di quella mattina.
Non riuscì a immaginare un mondo senza la sua adorata e bellissima mamma.
Cercò di scacciare via quegli orribili pensieri scuotendo ripetutamente il capo. L’unica cosa importante era che la madre stava bene, tolta ovviamente l’immensa stanchezza dovuta ai turni massacranti al lavoro. Non poteva arrovellarsi le meningi in preda a una paura irreale dovuta a un sogno maledettamente strano e contorto. Certo, avrebbe continuato a indagare, voleva sapere chi era quel vecchio e cosa voleva da sua madre, ma doveva pensare in modo positivo.
L’unica cosa che non riusciva a spiegarsi, e che non si era ancora chiesto, era come fosse possibile l'aver sognato proprio quello che poi era successo. Questo voleva dire che aveva salvato la vita a sua madre?
O magari era stata solo pura coincidenza?
Una cosa era certa, la donna godeva di ottima salute. Quindi, in qualche modo aveva cambiato il futuro?
Doveva approfondire le indagini sui sogni e sui loro significati e dopo aver parlato con l'amico, avrebbe spulciato il web alla ricerca di nuove risposte.
Immerso nei suoi pensieri, arrivò nel piazzale davanti alla scuola, dove, nell’arco di dieci minuti, sarebbero arrivati i due pullman. L’edificio scolastico, che grazie agli sforzi del comune era sempre in buono