sorso di brandy, pensò a quello che lo stava aspettando nell’altra stanza.
Non era di gran lunga la prima volta che faceva questa cosa, ma la donna che aveva portato su nella camera 1441 dell’Hotel Bonaventure, poteva essere considerata la più impressionante. Il vestito viola che indossava era sofisticato ed elegante, ma tanto aderente da lasciar ben immaginare l’abbondanza nascosta al di sotto. In parte si chiedeva cosa ci facesse una donna così in quel settore lavorativo. Era tanto bella da poter essere una modella o un’attrice, o almeno una pornostar.
Ma Gordon non aveva intenzione di arrovellarsi a lungo sulle prospettive lavorative a lungo termine della ragazza. In questo momento era qui e avrebbe fatto tutto quello che lui voleva, anche se avesse dovuto tirare fuori dei soldi dal fondo illegale che teneva da parte, quello che usava per fare in modo che sua moglie non si imbattesse nei sui vari peccatucci.
Entrò nella stanza ben arredata, con le pareti tinte di bianco e decorate con quadri di arte moderna, la moquette spessa e i comò rifiniti con ripiani di marmo, e fu sorpreso di vedere il letto vuoto. Per un secondo, pensando che se la fosse svignata con la prima metà del pagamento, fece per incamminarsi verso la porta.
“Dove stai andando, ragazzone?” mormorò una voce suadente dall’angolo della stanza.
Lui si girò a guardare e la vide, la ragazza alla quale aveva chiesto di non usare nomi. Stava seduta su una sedia dallo schienale alto nell’angolo accanto alla finestra, con indosso solo un bustino nero e un paio di mutandine in tinta. Le sue curve la facevano quasi assomigliare a una Barbie, e molto presto avrebbe appurato se le misure corrispondessero.
I lunghi capelli biondi erano sciolti e le arrivavano quasi ai gomiti. La sua pelle era abbronzata come la ragazza californiana media, cosa che le donava una delicatezza e una sofisticatezza che sembravano in un certo senso esotiche in quella terra di sole e surf. Gli occhi erano azzurri, simili alle acque caraibiche dove Gordon aveva trascorso la sua luna di miele.
Subito cacciò quel pensiero dalla propria mente e si concentrò sulla creatura che aveva di fronte.
“Sto venendo verso di te,” le rispose, certo di avere un tono ammaliante.
“Prima però ti ho versato un altro bicchiere,” disse la ragazza, indicando il ripiano sopra al minibar, e sorseggiando nel contempo il proprio drink. “Ho deciso di non aspettare.”
“Maleducata,” disse lui, fingendo di essere offeso, mentre afferrava il bicchiere.
“Spero di potermi far perdonare,” gli rispose lei con voce allegra e scherzosa.
“Sono sicuro di avere in mente qualcosa,” le disse. Poi prese un sorso. “Mmm, è brandy?”
“Hai detto che era il tuo preferito quando eravamo di sotto,” gli rispose.
“Wow, sei stata attenta,” commentò meravigliato, prima di prendere un’altra sorsata. “La maggior parte delle ragazze che fanno il tuo lavoro non prestano attenzione a nient’altro che ai soldi.”
“Mi stai dicendo che non sono la prima ragazza con cui sei stato?” La giovane fece la finta imbronciata spingendo in fuori il labbro inferiore con un tale impeto che lui fece fatica a contenersi.
Questa è brava.
Ricordò a se stesso di aggiungere un piccolo extra se il resto della prestazione fosse andato secondo le premesse.
“Perché non ti levi la maglietta e ti metti comodo?” gli suggerì la donna, alzandosi in piedi e permettendogli di guardarla.
“Non ti preoccupare,” mormorò lui in risposta, tirandosi via la maglietta con gesti più goffi di quanto avrebbe gradito.
In effetti, mentre se la sfilava dalla testa, perse l’equilibrio e barcollò leggermente. Fortunatamente atterrò sul letto, dove riuscì finalmente a liberarsi dell’indumento, anche se sentì che così facendo i capelli si spettinavano completamente. Era irritato dalla sua mancanza di fluidità, ma ricordò a se stesso che di certo alla ragazza bionda non poteva interessare.
Ora lei era in piedi accanto a lui, l’accenno di un sorriso sul volto. Magari trovava simpatica la sua goffaggine.
“Molto maldestro,” gli disse con tono adorante mentre andava verso la sedia dove lui aveva posato i pantaloni, infilandosi nel mentre quelli che sembravano dei guanti di plastica. Gordon la guardava muoversi, ma faceva leggermente fatica a concentrarsi.
La giovane donna prese il suo portafoglio dalla tasca dei calzoni e lo aprì lentamente, tirando fuori tutte le sue carte e facendole cadere in un sacchettino di plastica. Lui intanto cercava di tirarsi su appoggiandosi ai gomiti per poter vedere meglio, ma le sue braccia non rispondevano più agli ordini inviati dal cervello.
“Eeehi…” cercò di dire, anche se la lingua impastata e si muoveva a fatica.
La ragazza si voltò a guardarlo e gli sorrise con dolcezza.
“Ti senti rilassato?” gli chiese mentre andava alla sua borsetta e vi infilava dentro il sacchettino di plastica.
Da qualche parte nei meandri del suo cervello, a Gordon venne in mente che la ragazza potesse tentare di derubarlo. Pensò anche che poteva avergli messo qualcosa nel bicchiere. Era ora di mettere fine a questa messinscena.
Con tutta la forza che riuscì a raccogliere, Gordon si spinse su e si mise a sedere. La sua testa si reclinò floscia di lato mentre cercava di fissare lo sguardo sulla ragazza.
“Tu… fermati,” cercò di gridare, ma ne venne fuori solo un indistinto biascichio. Era come se nella sua bocca ci fosse un mucchio di biglie.
Mentre lei gli si avvicinava, iniziò a vedere doppio, poi triplo, incapace di capire quale immagine fosse la vera ragazza.
“Sei carino,” disse l’immagine al centro mentre lo spingeva nuovamente in posizione sdraiata. “Incominciamo?”
Gli si mise a cavalcioni. Il corpo di Gordon era pesante e indolenzito, e quasi non sentì il peso della giovane. Vide che aveva ancora sulle mani i guanti di plastica.
Nella sua mente sempre più frastornata, sentì suonare un campanello d’allarme. Questa era più di una rapina con narcotizzazione. Qualcosa nel modo tranquillo e noncurante in cui la donna si stava muovendo gli suggeriva che non fosse interessata solo ai suoi soldi e ai suoi averi. Si stava divertendo. Il modo in cui si strusciava contro il suo torso lo fece pensare a un serpente che si arrampica lentamente risalendo il tronco di un albero.
“Cosa… facendo?” riuscì a bofonchiare.
Lei parve capirlo perfettamente.
“Sto rispettando una promessa,” rispose spensieratamente, come se stesse parlando del tempo atmosferico.
Gordon fissò i suoi occhi azzurri e vide che tutta la giocosità di prima era svanita. Ora erano freddi e concentrati. Capì di essere nei guai. Quella consapevolezza gli fece scorrere nel corpo un’ondata di adrenalina. Gli bastò per alzarsi dal letto.
Si aspettava di essere scattato in piedi facendo cadere la donna sul pavimento, invece si era alzato sì e no di dieci centimetri dal letto, e lei lo spinse nuovamente giù con la semplice pressione dell’indice contro il petto. Poi la donna si chinò su di lui e i loro volti si trovarono a pochi centimetri di distanza. I suoi capelli gli caddero negli occhi, ma non c’era niente che potesse fare per evitarlo.
“È finita per te, Gordon,” gli sussurrò in un orecchio. “Qualche ultima parola?”
I suoi occhi, l’unica parte del corpo che riusciva apparentemente a controllare, si sgranarono.
“Argh…” cercò di gridare.
“Non ti preoccupare,” disse lei bruscamente, interrompendolo. “Non che mi interessi sul serio.”
Gordon la guardò mentre si rimetteva dritta sopra di lui e gli stringeva le mani attorno al collo. Non poteva effettivamente sentire le dita che gli stringevano la gola, ma capì che stava succedendo perché respirare divenne improvvisamente difficoltoso. Gli occhi iniziarono a sporgere dalle orbite, come se potessero schizzare fuori dalla testa. Gordon cercava disperatamente di respirare,