mio supervisore, ti stai tristemente sbagliando. Se dici di no, seguirò questa cosa da sola, incurante delle conseguenze. Sto chiedendo il tuo aiuto, in parte perché sei più bravo di me in questa cosa. Ma in parte anche per salvarmi da me stessa. Non voglio fare la tragica e dire che il mio futuro è nelle tue mani… Ma il mio futuro è nelle tue mani. Cosa dici?”
Garland rimase seduto in silenzio per un momento. Poi si chinò in avanti, pronto a rispondere. Improvvisamente il cellulare di Jessie suonò. Lei abbassò lo sguardo era Ryan. Lei mandò la chiamata alla segreteria e risollevò lo sguardo sull’uomo che aveva di fronte. Poi sentì una vibrazione. Abbassando lo sguardo vide un messaggio da parte di Ryan che diceva semplicemente: “911, rispondi.” Un attimo dopo il telefono suonò di nuovo. Jessie rispose.
“Sto facendo una cosa,” disse.
“C’è stato un omicidio all’Hotel Bonaventure,” le disse Ryan. “Decker ce l’ha assegnato. Ha detto che ha spostato la nostra riunione con lui e vuole che andiamo lì subito. Sto venendo a prenderti. Sarò lì davanti tra due minuti.”
Riagganciò prima che lei potesse rispondere. Jessie guardò Garland.
“Mi hanno appena chiamata sulla scena di un omicidio. Il detective Hernandez sta venendo qui a prendermi. Ho bisogno di una decisione. Cosa dici, Garland?”
CAPITOLO TRE
Jessie si teneva con tutte le sue forze alla maniglia dell’auto.
Ryan aveva acceso la sirena e stava sfrecciando tra le strade del centro, prendendo ogni svolta in modo brusco. A quanto pareva i media erano già stati informati del ritrovamento di un cadavere in un elegante hotel e fuori si stava già formando un discreto affollamento. Ryan voleva arrivare sul posto prima che la scena si facesse troppo caotica.
Jessie era tacitamente riconoscente di essersi accontentata di un toast per colazione, mentre veniva sballottata all’interno dell’auto. Nonostante fosse del tutto scombussolata, una cosa era fissa e chiara nella sua mente: Garland Moses aveva detto di sì.
Questo significava che, se si fosse sforzata di sfruttare al meglio il suo coinvolgimento, non avrebbe dovuto passare ogni momento libero del proprio tempo a dare di matto per la scomparsa di Hannah. Ora c’era qualcuno che se ne occupava e di cui lei si fidava, qualcuno che era certa l’avrebbe effettivamente aggiornata sullo stato del caso. Per mantenere la lucidità mentale, avrebbe dovuto affidarvisi e non fissarsi su quei pensieri ogni singolo secondo.
Cosa altrettanto importante, se intendeva rivelarsi utile in questo caso Bonaventure, o in qualsiasi altro caso futuro, doveva mantenere la mente sgombra. Lo doveva a chiunque fosse la vittima di omicidio in quella stanza d’albergo, doveva essere in grado di fornire la sua analisi più valida e ordinata. Come se le stesse leggendo nel pensiero, Ryan prese la parola.
“Non è stata una mia idea.”
“Cosa intendi dire?” gli chiese.
“Avevo pensato che potessi tornare con calma al lavoro con almeno uno o due giorni di noiose scartoffie da riordinare. Ma il capitano Decker ha insistito per mandarti fuori.”
“Non è da lui,” sottolineò Jessie.
“Normalmente no,” confermò Ryan. “Ma è stato piuttosto esplicito sull’idea di volerti assegnare un caso per tenerti occupata. Non vuole assolutamente che ti avvicini al caso Dorsey, e ha pensato che il modo migliore per evitarlo fosse di teneri occupata.”
“Ha detto così?” chiese Jessie.
“Praticamente. In effetti, penso volesse che ti passassi questo messaggio, una sorta di avvertimento.”
“Ok, ne ho preso nota,” disse Jessie, inizialmente dibattuta se raccontare a Ryan del suo incontro con Garland Moses.
Ryan sapeva che Hannah era la sua sorellastra, ma non conosceva molti altri dettagli. E poi lei non lo aveva informato su chi aveva appena incontrato e del perché. Sembrava dare per scontato che si fosse vista con Kat Gentry, e lei non aveva corretto la sua supposizione. Jessie era preoccupata che più Ryan sapeva sui suoi sforzi di avere dettagli sul caso di Hannah, e più si sarebbe trovato in una posizione vulnerabile professionalmente. Non voleva che fosse costretto a mentire al loro capo per il suo bene, se la questione fosse saltata fuori.
Poi, però, tenerlo all’oscuro le sembrava una sorta di tradimento. Si voltò a guardare Ryan Hernandez, un paio d’anni più di lei, e si chiese tacitamente se glielo dovesse. Dopotutto, anche se lui era un detective e lei era una profiler, lavoravano insieme alla maggior parte dei casi e si frequentavano informalmente, anche se la cosa non era ufficiale.
Oltre a questo, nel corso degli ultimi due anni, la loro relazione era evoluta da puramente professionale a professionalmente amichevole, diventando sincera amicizia e ora qualcos’altro. La moglie di Ryan aveva richiesto il divorzio qualche mese prima, dopo sei anni di matrimonio, e dopo qualche piroetta verbale, Ryan aveva recentemente confessato a Jessie di essere interessato a lei in un senso che andava oltre la collaborazione lavorativa.
Lei provava gli stessi sentimenti da un po’ di tempo, ma non aveva mai preso l’iniziativa. Lo trovava attraente da quanto l’aveva visto la prima volta, quando aveva fatto da insegnante per una lezione che lei aveva frequentato. Questo era successo ancor prima che lei venisse a sapere del suo impressionante curriculum in qualità di detective con un’unità di élite della divisione omicidi con scasso del LAPD, che si chiamava Sezione Speciale Omicidi, o HSS. L’HSS si occupava di casi di omicidio con alti profili o intenso scrutinio mediatico, dove erano spesso coinvolte diverse vittime o serial killer.
Tutto questo non faceva che migliorare ancora di più la figura che già presentava. Ryan era alto un metro e ottantacinque per novanta chili di muscoli ben delineati. Eppure, sotto i capelli neri corti, i suoi occhi castani emanavano un inaspettato calore.
Ora, da soli con le loro montagne di bagaglio personale a impedire loro di fare il passo successivo, si stavano lentamente conoscendo ed esplorando a vicenda. C’era stato un bacio, ma niente di più. A essere onesti, Jessie non era sicura che nessuno di loro due fosse pronto per qualcosa di più.
“Dimmi del caso,” gli disse, decidendo di trattenersi e non raccontargli del suo incontro con Garland, almeno per ora.
“Non so ancora molto,” le rispose Ryan. “Il corpo è stato trovato da una cameriera al piano da circa un’ora: un uomo sulla quarantina. Nudo. Portafoglio vuoto, nessuna identificazione, né carte di credito o contanti. L’iniziale causa della morte sembra essere lo strangolamento.”
“Non possono identificarlo controllando chi ha prenotato la camera?”
“Anche questo è un po’ strano. A quanto pare la carta che è stata usata per fissare la camera è registrata a nome di una società di facciata. E il nome nel registro è John Smith. Sono sicuro che risulterà inesistente, ma per il momento ci stiamo occupando di un John Doe qualsiasi.”
Arrivarono all’enorme Hotel Bonaventure, con le sue numerose torri e i famosi ascensori esterni, quelli resi famosi dal film Nel centro del mirino. Ryan mostrò il suo badge per oltrepassare il blocco della polizia e accostò accanto alla zona di scarico merci.
Un agente li accolse e li accompagnò all’ascensore, quindi da lì all’ampia lobby. Mentre la attraversavano per andare al blocco di ascensori principale, Jessie non poté fare a meno di sentirsi sopraffatta dalle dimensioni e dal numero di atri e intricati corridoi e scale. Era come se quel posto fosse stato progettato apposta per creare confusione.
Jessie seguiva Ryan e l’agente, prendendosi il suo tempo, permettendo alle implicazioni della mattina di dissiparsi dalla sua mente mentre si concentrava sul compito che aveva ora per mano. Il suo lavoro era di dare un profilo del crimine, di determinare potenziali colpevoli. E questo significava avere piena consapevolezza dell’ambiente in cui il crimine aveva avuto luogo, non solo della camera da letto, ma anche dell’hotel nel suo complesso. Non poteva ignorare nulla.
Passarono accanto a un gruppo di turisti che si stavano dirigendo verso una delle uscite, vestiti in modo da suggerire che la loro destinazione fosse un parco divertimenti. Subito dietro di loro, all’interno di una zona