Aidan Fox

La Figlia Dell’Acqua


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e invisibile.

      Qual era l’ultima frase?

      “Ci serve per vivere”.

      Che cosa era indispensabile per vivere?

      Dormire.

      Mangiare.

      E bere.

      Il suo viso si illuminò. Ma certo! Era l’acqua! Debole e flessibile in piccole quantità, ma spaventosa quando si accumulava, invisibile sotto forma di gas, unica perché la si chiamava “l’acqua”, ma allo stesso tempo composta da miliardi di piccole gocce, milioni di molecole! Come era possibile che lei, che aveva una simile affinità con questo elemento, non l’avesse indovinato prima?

      Fece ricorso ai suoi poteri per captare l’umidità del luogo e concentrò quest’ultima per spezzare il muro. L’ostacolo si sciolse senza rumore, lasciando apparire un nuovo tunnel. A parte che questa volta, non si trattava di una galleria di pietra e terra.

      Era una galleria di ghiaccio. Un tunnel affascinante che si stendeva qualche metro sotto la superficie di quello che poteva essere un piccolo lago.

      Naëli ci si addentrò, affascinata.

      In mezzo alla galleria c’era una roccia umida, sulla quale era posato un piccolo libro. Naëli se ne impossessò, intrigata, e percorse in diagonale il suo contenuto. Il titolo era sorprendente: Sull’origine del potere e sui Maestri dell’Acqua. Era un’ opera storica che descriveva in qualche pagina la storia dei Sette Principati.

      Aggrottò le sopracciglia, poi scosse la testa.

      Lassù, Joan la aspettava. Il tempo era contato, avevano già accumulato troppo ritardo.

      Aveva di meglio da fare che consultare un vecchio manoscritto.

      Mise l’oggetto in tasca, poi sgattaiolò verso l’altra parte del tunnel, che sfociava sulla riva del lago.

      Era libera.

      Ritrovò rapidamente le proprie tracce.

      Qualche secondo più tardi, trovava il Lupo di mare nel mezzo della boscaglia. In quel preciso momento, Joan uscì come un pazzo dai cespugli.

      -Finalmente! Sbottò. Sono delle ore che giro in tondo, questa foresta diabolica mi rende pazzo!

      Naëli sogghignò, imbarazzata, e scelse di nascondere una parte della sua recente avventura. Il suo amico non era dell’umore giusto per parlare di rifugi di terra e gallerie di ghiaccio. E sentiva di avere vissuto un’esperienza intima, riservata solo a lei.

      -Anche io, rispose semplicemente. In marcia, abbiamo perso abbastanza tempo.

      Joan assentì e raddrizzò il Lupo di mare, prima di sedersi per ripartire, maledicendo colui che aveva inventato le foreste con dei nomi che Naëli non avrebbe osato ripetere.

      ***

      Qualche tempo dopo, emergevano dalla foresta con sollievo. Joan si girò per controllare il limitare del bosco per un breve istante, respirò profondamente, poi rilanciò i motori con forza rendendosi conto del vantaggio che avevano perso.

      -La fine della tappa non è più molto lontana, ormai, disse Naëli con una voce che voleva essere rassicurante.

      Sapeva che lui era frustrato per essersi fatto catturare dalla trappola nella foresta del Sole. Era un grande classico dei tranelli sull’itinerario della Coppa! Anche lei non ne era molto fiera, anche se la misteriosa esperienza l’aveva incantata. Non poteva impedirsi di riflettere su ciò che aveva visto.

      Il riparo che aveva visitato era stato costruito da un potere simile al suo. E se non ci fosse finita per caso?

      Si ripromise di gettare un colpo d’occhio al libro che aveva recuperato quella sera stessa.

      Davanti a lei, Joan borbottò e seguì il corso del Turchese fino a ritrovare la pista.

      Non avevano alcuna idea della loro posizione in classifica, così come del risultato dei loro compagni di squadra. Fu quindi con apprensione che superarono la linea che rappresentava la fine della tappa meno di un miglio dopo.

      Arrivarono ad un piccolo accampamento costruito in fretta e furia ai piedi della catena dell’Arco, nel cuore delle pendici rocciose che segnavano l’inizio dell’ascensione, nel quale tende e spazi di riposo erano stati messi a disposizione dei concorrenti. Un lusso inusuale secondo Joan, certamente per proteggerli in quei primi giorni di corsa. Anche se “proteggere” non sembrava veramente la parola adatta per quello che avevano vissuto oggi. Naëli l’avrebbe piuttosto considerata una ricompensa per la tappa del giorno.

      Scrutò il campo da cima a fondo, alla ricerca dell’Oncia di ebano. Nessuna traccia del veicolo. D’altronde, mancava un buon contingente di partecipanti, ne contava una trentina al massimo. Appena un quarto.

      -Non siamo messi così male, vedi, disse a Joan, Vien da pensare che non siamo stati solo noi ad essere stati intrappolati nella foresta.

      Il viso del suo amico tremava di una tensione contenuta. Si fermò davanti ad un posto ornato da un grande ventisette tracciato sulla sabbia, posteggiò il Lupo di mare e collassò a terra, stremato.

      -Non gridare vittoria troppo presto. Gli altri non sono ancora arrivati. E poi, non è così brillante.

      Naëli sapeva che le tappe terrestri erano di vitale importanza per Joan, perché erano l’occasione di dimostrare la sua abilità al volante. Era per questo che giustificava la sua posizione nel gruppo. Non si sarebbe mai considerato soddisfatto finché non fosse arrivato primo…

      -Ma grazie a te, aggiunse. Non saremmo mai arrivati ad un simile risultato senza di te.

      Naëli apprezzò il complimento con umiltà e guardò Joan con uno sguardo affettuoso. Era di una bellezza mozzafiato nonostante i suoi tratti dolci, le sue guance delicate che sormontavano una mandibola ostinata corredata da un naso fine e da due pupille marroni dai riflessi dorati, nelle quali lei leggeva sempre la sfilata di emozioni come se fossero un libro aperto. Joan era glabro e non era muscoloso, ma le sue spalle si allargavano con l’età ed i suoi capelli castani tagliati corti gli conferivano una certa autorità, come se il suo corpo tentasse di eliminare i residui dell’infanzia che ci si aggrappavano.

      Si stese di fianco a lui e sospirò, lo sguardo perso nell’infinito dei cieli illuminati. La pressione accumulata nel corso della giornata se ne andò di colpo, liberandola da un grande peso. Si dimenticò addirittura del libro schiacciato contro il suo petto.

      Sapeva che questa avventura l’avrebbe fatta crescere.

      Molto prima dell’epoca dei Principi commercianti, molto prima dei Regni Antichi, tre civiltà antiche segnarono la storia del mondo: quella dei K’il, quella dei naga, e quella degli elfi dei ghiacci. Se la prima è sopravvissuta e si è integrata al mondo attuale, le altre due oggi sono scomparse. La loro eredità si è trasmessa discretamente, e la loro memoria vive ancora attraverso i loro discendenti. Il Principe Vesperil, ad esempio, discende dai re antichi di Sarkoth, e possiede sangue elfico nelle vene.

      Antoni Fergus, All’ora dell’industrializzazione

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