arrabbiarsi con noi per averlo fatto. Però non ho scelta, non posso restare a guardare.”
Gli altri annuirono.
“Eccomi, lasciate che vi aiuti con l’armatura,” disse Kay.
Rodry si gettò addosso da solo la cotta di maglia, ma aveva bisogno dell’aiuto dell’amico per le cinghie del pettorale e degli spallacci. Seguirono la gorgiera e i guanti di metallo. Di solito Rodry non avrebbe cavalcato così, ma non voleva avvicinarsi ai rapitori di sua sorella per poi fermarsi e indossare le protezioni.
“Dobbiamo muoverci,” disse. “Non c’è tempo da perdere.”
Gli altri si precipitarono a eseguire i compiti che aveva dato loro, mentre lui raccoglieva le sue armi: spada e lancia, pugnale e mazza ferrata. Si mise in marcia per attraversare il castello e i domestici si spostarono dalla sua strada. Forse percepivano la rabbia che ancora gli ribolliva dentro, spronandolo a procedere.
Quando raggiunse le stalle, Mautlice aveva già raggruppato i cavalli con successo e altri amici stavano accorrendo, insieme a una mezza dozzina di guardie; cosicché erano forse un gruppo di venti in tutto. Alcuni di loro erano armati come Rodry, ma gli altri indossavano solo indumenti di pelle leggera o una cotta di maglia, come si fossero gettati addosso la prima cosa che fosse loro capitata fra le mani. Sarebbe stato sufficiente?
Doveva esserlo, perché il tempo a disposizione era esaurito. Dovevano andare a prendere Lenore.
Il cavallo di Rodry era a capo della fila. Mise un piede nella staffa e montò in sella. I cancelli del castello erano aperti davanti a lui, offrendo una vista dall’alto su Royalsport.
Rodry si voltò verso il suo gruppo di uomini. Per un momento, lì sotto alla luce del sole, sembrava fossero davvero dei cavalieri. Non sapeva come se la sarebbero cavata contro al genere di soldati che aveva mandato Re Ravin, ma non gli restava che sperare che potessero essere abbastanza veloci, che potessero fare abbastanza per salvare sua sorella. Estrasse la spada e la agitò davanti a sé.
“Avanti!”
Mentre gli zoccoli dei loro cavalli rimbombavano al galoppo, Rodry pregava solo che sarebbero arrivati in tempo.
CAPITOLO QUARTO
Devin tornava barcollando verso Royalsport, ancora incapace di credere a ciò che aveva visto, a ciò che aveva trovato. Come poteva aver visto un drago se mancavano da tanto tempo?
C’era dell’altro, però; in quel momento, non era neanche più sicuro di chi fosse. I sogni che aveva fatto gli avevano dato ad intendere che era qualcun altro, qualcuno che proveniva da un luogo misterioso che non era il Regno del Nord. Devin non sapeva cosa pensare al riguardo, non sapeva chi era destinato a essere; e cosa voleva dire ciò che aveva fatto contro quei lupi? Aveva praticato la magia, ma cosa significava tutto ciò?
Mentre raggiungeva la città, i piedi gli si giravano in automatico sulla strada che l’avrebbe portato verso i numerosi ponti che dividevano i regni, verso casa. Fece una dozzina di passi nella folla e realizzò che, in realtà, non aveva una casa dove andare, non più. Non poteva neanche tornare alla Casa delle Armi, dato che lo avevano cacciato, quindi cosa gli restava?
Alzò gli occhi verso la città, avvolta dalla luce del sole di metà mattina; pareva che la nebbia del giorno prima non vi fosse mai stata. Le sue casette in paglia erano sparpagliate fra i corsi d’acqua che formavano un reticolo a coprire tutto il centro, come una ragnatela che fra fili e fessure si espande su uno specchio. Devin riusciva a distinguere i quartieri: nobili, poi poveri, poi ancora più poveri, giù fino al punto in cui giaceva casa sua… o meglio quella che un tempo lo era stata, si corresse.
Le persone laggiù si affaccendavano fra le vie di ciottoli, verso le attività dove lavoravano o verso le grandiose costruzioni delle Case che si ergevano sulla città. La Casa delle Armi stava già eruttando fumo verso il cielo dalle sue fucine, mentre la Casa degli Accademici restava lontana dalla cacofonia della città. La Casa dei Commercianti era posta nel cuore dei mercati della città, mentre la Casa dei Sospiri giaceva silenziosa durante il giorno, poiché anche l’ultimo dei clienti della notte prima se n’era ormai andato. L’odore della città era un misto di fumo e sudore, la calca di persone era tale da risultare opprimente.
Devin guardò oltre a tutto ciò, verso la struttura massiccia dalle pareti grigie del castello. Il principe Rodry doveva trovarsi lì e poteva aiutarlo. Il Maestro Grey poteva essere lì e questa volta Devin avrebbe potuto strappargli delle risposte. Se la Principessa Lenore non era fuori per il suo raccolto nuziale, avrebbe potuto intravederla e il solo pensiero gli dette un colpo al cuore, anche se sapeva che avrebbe dovuto ignorare quella sensazione.
Si incamminò verso il castello, la sua sagoma esile procedeva a zig zag nella folla che popolava le strade. Essendo più alto della maggior parte delle persone, riusciva a scegliere la via giusta abbastanza facilmente, evitando le bancarelle allineate ai margini delle strade principali, dove la calca era più fitta, e guardando avanti verso la rete dei corsi d’acqua che si incrociavano per tutta la città. Devin si spostò i capelli scuri dagli occhi, chiedendosi se quei canali fossero abbastanza bassi a quell’ora da poterli guadare. Pensò che fosse meglio evitare; anche se gli indumenti raffinati che aveva preso in prestito da Sir Halfin erano adesso macchiati del fango della foresta, era meglio non incrostarli ulteriormente. Almeno, non se voleva accedere al castello.
Devin attraversò i ponti, affrettandosi a superare una campata in legno e pietra dopo l’altra e risalendo il percorso che conduceva al castello. Su un altro ponte vide una piccola truppa di cavalieri farsi strada attraverso la città, chiaramente in fretta. Pensò che vi fosse Rodry a capo, ma erano troppo lontani perché potesse chiamarli.
Al contrario, continuò a procedere verso il castello, facendosi strada più su, attraverso i quartieri più ricchi della città. Era abituato alle occhiate delle guardie quando passava di lì, ma adesso sembravano distratte da qualcos’altro. Quello bastò a farlo correre più veloce dato che, qualsiasi cosa fosse successa, il castello era l’opzione migliore per trovare delle risposte.
Raggiunse i cancelli del castello e si fermò, scioccato per la figura che era lì in piedi. Il Maestro Grey lo stava aspettando, vestito in abiti bianchi e dorati impreziositi con sigilli mistici e rune che catturavano la luce mentre avanzava guardandolo dritto negli occhi. Si tirò indietro il cappuccio, scoprendosi la testa rasata e gli occhi penetranti.
“Cosa sta succedendo?” chiese Devin. “Perché le persone sono così frenetiche quaggiù?”
“Non è questo che sei venuto a chiedermi,” disse il Maestro Grey, con un tono che suggeriva che sapeva esattamente ciò che il giovane aveva visto.
“No,” ammise Devin. “Io… Io vi stavo seguendo e poi ho visto… c’era un drago…”
“Vuoi delle risposte,” replicò il Maestro Grey. “Vuoi sapere qualcosa sulla magia.”
Devin annuì.
“Quanto lo vuoi?” chiese lo stregone. “Vuoi davvero conoscere qualcosa che potrebbe annientarti?”
Devin si fermò. Uno o due giorni prima avrebbe potuto dileguarsi a quel pensiero. Adesso però… adesso non gli era rimasto niente da perdere. Nessuna casa, nessuna famiglia…
“Ho bisogno di sapere,” rispose.
“Seguimi allora,” disse il Maestro Grey, voltandosi e camminando come fosse certo che l’avrebbe seguito. Per una volta non sembrò dissolversi nel nulla e Devin, troppo grato per quell’opportunità, si affrettò sulla sua scia e dentro al castello. Gruppi di domestici si separarono, spostandosi di lato per far passare il mago.
“Io… Io ho sognato delle cose strane,” disse Devin mentre camminava. “Ho sognato di non essere chi ho sempre pensato fossi.”
Il Maestro Grey non rispose, continuò solo a camminare verso una serie di scalini che conducevano in basso, nelle viscere del castello. C’erano delle torce che sfarfallavano laggiù, gettando delle ombre sulle pietre che sembravano più antiche del resto del castello, dalla superficie levigata e ricoperta da un accenno della malta che le aveva tenute insieme,