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Rimatori siculo-toscani del dugento. Serie prima - Pistoiesi-Lucchesi-Pisani


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che non será diporto

       tant'adunato parte per natura, 45

       for pietate: non dura

       orgoglio in gentil cosa sí finita,

       ma l'umeltá fiata onne compíta.

       Como risprende in iscura partuta

       cera di foco apprisa, 50

       si m'ha 'llumato vostra chiara spera.

       Ché, prim'eo 'maginasse la veduta

       de l'amorosa intisa,

       non era quasi punto piú che fèra. 55

       Ora, ch'empera — mevi amore 'n core,

       sento ed ho valore,

       e ciò che vaglio tegno dall'altura,

       complita in voi figura

       d'angelica sembianza e di merzede, 60

       per cui la pena gioi' lo meo cor crede.

       Indice

      I

      A fra Guittone

      Se possiamo spegnere gli stimoli della generazione, non astenendoci dal bere e dal mangiare.

      Se 'l filosofo dice: — È necessaro

       mangiar e ber, e luxuria per certo: —

       parmi che esser possa troppo caro

       lo corpo casto, se 'l no sta 'n deserto.

       Ché nostri padri santi apportâro

       lor vita casta, como pare aperto,

       erba prendendo ed aigua, refrenâro

       luxuria, che ci fier tropp'a scoperto.

       Ché, per mangiare e ber pur dilicato,

       nel corpo abonda molto nodrimento,

       che per natura serve al gennerare.

       Vorrea saver, da saggio regolato,

       como s'amorta cosí gran talento,

       non astenendo il bere ed il mangiare.

      II

      Al medesimo

      Tornato di Francia, espone le sue miserie.

      Vacche né tora piò neente bado,

       che per li tempi assai m'han corneggiato:

       fata né strega non m'hav'allacciato,

       ma la francesca gente non privado.

       Se dai boni bisogno mi fa rado,

       doglio piò se ne fosse bandeggiato.

       Signor, non siate ver' me corucciato,

       ché lo core ver' voi umile strado.

       Sacciate, nato fui da strettoia:

       quanto dibatto piò, stringe, non muta

       la rota di Fortuna mio tormento.

       Non son giá mio, né voglio mia sentuta:

       se mi volless', arei tristo talento,

       e di quello che vòl mia vista croia.

      III

      Al medesimo

      Se Dio possa usare misericordia verso di lui peccatore.

      Onesto e savio religioso frate Guittone, Meo Abracciavacca. A ciò che piú vi piace e' son sempre con volontá di servire.

      S'amore crea solo di piacere, e piacere solo di bono, temo di convenire a vostra contanza, perché non è fòr d'amore amistate, ned amore fòr simile di vertú infra li amici. Mò, sostenendo veritá, conoscenza e bono desio, sono costretto a desiderare per ragione; unde conforto che 'l sano di voi gusto sosterrà lo mio amaro cibo: ché non fôra benignitá scifare bono volere d'alcuno che l'have in servire, ma pare dirittura di sovenire a colui che si vòle apressare a quello che porge e sovene a privadi e a strangi. Perciò vi dimando che sia brunito lo mio ruginoso sentore de la quistione di sotto per sonetto hovvi scritto.

      Poi sento ch'ogni tutto da Dio tegno,

       non veggio offensa, ch'om possa mendare,

       ché alma e corpo e tutto mio sostegno

       mi die' per lui servendo fòr mancare.

       Ed eo contr'esso deservendo vegno,

       di che non saccio u' lui deggia pagare:

       aldo mi drá misericordia regno,

       perché lo credo nol posso avisare.

       Però che pur Dio è somma iustizia,

       misericordia contra me par sia,

       ch'omè opra ver' me salute nente.

       Ditelmi saggio, e poi de lor divizia,

       chi tene inseme Dio per sua balía

       assettata ciascuna e 'n sé piacente.

      IV

      Al medesimo

      Sul medesimo argomento.

      Onesto e savio religioso frate Guittone, lo Meo Abracciavacca, ch'è vostro, vi si racomanda.

      Se veritá cannoscenza sostene e bono amore, convene che ogni fine elezione da canoscenza mova ed amore lo confermi. Dunque, se, per vera dimostranza di bono, sento me apriso d'amore, e poi diletto disiando servir e veder voi, non meraviglio, ma laudo, conoscendo ciò ch'amare ed elegere si dee in esta parte, e purificando e sanando. Amore, non in ozio, ma in continua operazione regna. E quinde intendo vostra benignitá, sovenendo e svegliando me, ne la grave e fortunosa aversitade, in gioia alcuna, di che fue alquanto brunita la ruginosa mia intenzione. Ora sperando sanare la mente in veritá, mò vo' dimando risposta di fina sentenzia di ciò ch'i' ho dubbio, mandandolovi dichiarando per lo sonetto di sotto scritto. Consimil è la lettera e 'l sonetto a l'autro in sentenzia, ma non in voce.

      Pensando ch'ogni cosa aggio da Dio,

       non so di che mendar lui possa fallo;

       ché alma e corpo e vita e mondo 'n fio

       mi die' per lui servire a fermo stallo.

       Ed eo 'l diservo, in che tegna disio,

       non sento di che dica: — Esso disfallo. —

       Aldo misericordia dir: com'io

       creder lo possa, non veo, sí n'avallo.

       Ché pur somma giustizia è fòr defetto.

       Al vero Dio misericordia come

       chede contr'essa e m'opera salute

       vorrial sapere; e poi di loro assetto,

       avendo pieno ciascuna su' nome

       dal Signor nostro, ch'è tutto vertute.

      V

      A Bindo d'Alessio Donati

      Rimprovera l'amico d'essersi perduto in vizi carnali.

      Amico Bindo, Meo Abracciavacca ciò che piú ti sia bono.

      L'amistá fredda, celata d'amici lungiament'è veduta: però convene ad essa socorso di parole, almeno visitazione. Unde pesamevi non poco non di tuo stato inteso per te alcuna cosa, e ponderosa via piú mi grava odita quasi di pubrica voce non bene aconcia in tuo pregio. Di che bono comincio torna, per sentenzia di troppo avacciata natura, lá dove pregio montato avalla, poi suo podere nol sostene. Di che fôra minore assai male no aver cominciato che partir di bono comincio. Ché rasa scrittura di carta peggio