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Rimatori siculo-toscani del dugento. Serie prima - Pistoiesi-Lucchesi-Pisani


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me e 'l mio e 'l me' piacer t'assegna,

       non per merto di tu' don (ch'i' non quegli

       son che 'l possa sodisfar, né s'avegna),

       ma per lo tu' valor, che m'ha pres'egli,

       il faccio, ch'amor me far ciò si degna.

       Deo! com'el tu' don a me piac'egli,

       che, fòr dimando, mel desti 'n insegna,

       piena d'amor e senz'alcuna giostra.

       Or qual è dunque l'om che 'l tuo conseglio

       lassasse? Non so, sed elli 'n ben pesca.

       Unde mi piace l'amistá, poi giostra

       tanto con le du' l'una per pareglio,

       fresch'e veglia fra noi sia con bon' ésca.

       Indice

      Prega Dio che lo liberi dal dolore che l'affanna.

      Del dolor tant'è 'l soverchio fero,

       che l'alma e 'l corpo e 'l core mio sostene,

       che, lasso! qual fusseme piú crudero,

       se 'l vedesse, cordoglio avria di mene.

       Ahi Deo! perché fuste me piagentero,

       donando voi me gioi' con ogni bene?

       Che però il dolor m'è troppo altero:

       chi piú gioi' ha, poi doglia li è piú pene.

       Vorria ch'al vostro piacere piacesse

       pietade, per merzé; sí che la doglia

       mia crudel oramai tranquilla avesse.

       Ed è ragion; ché 'l core ho in bona voglia,

       como di prima era, nelle duresse:

       Padre pietoso, di pena lo spoglia.

       LEMMO ORLANDI

       Indice

       Indice

      Si duole con Amore che la sua donna, da benigna, sia ora diventata con lui crudele.

      Gravoso affanno e pena

       mi fa' tuttor sentire,

       Amor, per ben servire

       quella, di cui m'ha' priso e servo dato.

       Tutta mia forza e lena 5

       ho misa in te seguire;

       di lei fermo ubidire

       non son partito, ma leale stato.

       E tu pur orgoglioso

       ver' me spietato e fèro 10

       se' mostrato e crudero,

       poi che 'n bailía avesti lo mio core.

       E' convensi a signore

       d'essere umile in meritar servente:

       tu pur di pene mi fai star sofrente. 15

       Sono stato sofrente,

       e son, di gran tormento,

       Amor, poi che 'l talento

       di quella ch'amo cangiasti per vista

       ver' mei; ché primamente 20

       facesti mostramento

       di far meo cor contento

       di lei, di quella gioi' ch'or disacquista.

       Sí che, per tal sembianza,

       misi 'l core e la mente 25

       a servir fermamente

       tua signoria, Amor, pur'e leale.

       Ma non è stato tale

       ver' me 'l suo cor, come mostrar sembianza

       tu mi facesti, Amor; und'ho pesanza. 30

       Amor, merzé ti chero,

       poi che son dimorato

       in sí gravoso stato,

       com' mi tenesti, sí lunga stagione.

       Non si' ver' me sí fèro, 35

       ch'assai m'hai affannato

       e forte tormentato,

       seguendot'a tuttor fòr falligione.

       Mòvet'ormai merzede,

       lei voler, che disvole 40

       (unde 'l meo cor si dole),

       fa' 'l meo servir, ché sol ciò ti dimando.

       E, se, merzé chiamando,

       tu non m'aiuti, Amor, altro non saccio

       ch'aitar mi possa che la morte avaccio. 45

       Donna, mercé dimando

       a voi, che di beltade

       fior e di nobeltade

       siete, sovr'onni donna, e di piagenza,

       ch'agiate provedenza 50

       sovr' al mio stato grave e doloroso:

       in ciò, mercé! sia 'l vostro cor pietoso.

       Indice

      Adducendo il triste esempio di se medesimo, che, senza saper perché, fu abbandonato dalla sua donna, esorta chi voglia aver ricompensa del proprio amore, di scegliere una donna piacente e saggia.

      Fèra cagione e dura

       mi move, lasso! a dir quasi forzato

       lo doloroso stato,

       nel qual m'ha miso falsa ismisuranza;

       non giá per mia fallanza, 5

       ma per quella di cui servo mi misi,

       e per cui mi divisi

       di tutt'altro volere e pensamento,

       dandomi intenzione

       che, fòr di falligione, 10

       dovesse lei amar, leal servendo,

       la cui vista, cherendo — meo servire,

       mi fe' servo venire

       de la sua signoria disideroso.

       Poi che servo divenni 15

       de la sua signoria e disioso

       del dilett'amoroso

       che nel meo cor di lei immaginai,

       addesso mi fermai

       in tutto d'ubidir lo suo comando, 20

       per vista dimostrando

       me ch'era su' fedel serv'ubidente.

       Und'ella per sembianza

       mi fece dimostranza

       ch'allegrezza mostrava 'n suo coraggio, 25

       poi che 'n suo signoraggio — m'era miso;

       und'è che 'n gioi' assiso

       i' fui manta stagion, sol ciò pensando.

       Dimorando 'n tal guisa,

       perseverando in lei servir tuttora, 30

       non fu lunga dimora,