Edmondo De Amicis

La vita militare: bozzetti


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      Tutti tacquero e si guardarono l'un l'altro in viso.

      —Qua!—gridò improvvisamente il padrone colla voce commossa, strappando di mano al soldato il suo pane e battendolo forte sulla tavola;—lo mangeremo assieme; sedete.—

      Quell'atto, quella voce, quel volto erano improntati di un affetto e d'un'emozione così viva e così risoluta, che al soldato non parve più possibile di ricusare, e sedette.

      Non sapeva dove metter le mani, non s'attentava a levar gli occhi in volto a nessuno, non ardiva nemmeno di guardare sulla tavola; guardava fisso il piatto che gli stava davanti, teneva le ginocchia strette e i piedi indietro indietro sotto la seggiola, e gingillava colle dita intorno ai bottoni del cappotto. Comunque ei nol guardasse, pure tutto quel cristallame svariato e luccicante lo abbarbagliava; quel bel tovagliolo fine, bianco, che odorava ancora di bucato, non aveva il coraggio di toccarlo, con quelle sue mani ruvide e nere. E gli si cominciarono a svegliare nella mente certi ricordi vaghi e confusi e da lungo tempo sopiti, di certi modi, di certe consuetudini, di certe norme di buona creanza e di cortesia, di cui molti anni addietro, quand'egli era ancora ragazzo, sua sorella maggiore, che avea soggiornato un pezzo in città, gli soleva fare in fretta un po' di scuola su per le scale della casa del fattore, quei giorni di festa solenne ch'essi erano invitati a desinare da lui. E cercava di richiamarsele a memoria quelle norme, quelle consuetudini, e si sforzava di metterle in pratica con quel miglior garbo che per lui si potesse, e guardava tratto tratto colla coda dell'occhio il padrone di casa che gli era seduto accanto per regolarsi da lui sul modo di tenere il tovagliolo, e di spezzare il pane, e di maneggiare il coltello, e via via. A ogni piatto che gli s'offerisse ei si credeva in dovere di dire di no, e diceva no due o tre volte, e faceva atto di respingerlo colla mano e torceva il capo dall'altra parte, finchè accettava a stento, mormorando:—Grazie!—e facendo un certo viso compunto che voleva dire:—È troppo. È troppo!—E tagliava certi bocconcini così minuti che gli andavan giù senza farsi sentire; e ad ogni centellino d'acqua o di vino che bevesse si forbiva due o tre volte la bocca tenendo il tovagliolo, con tutt'e due le mani, e con gran sollecitudine porgeva alla donna di servizio i piatti ch'essa andava intorno a raccogliere, e si guardava bene dal gettar pure un'occhiata alle pietanze recate in tavola prima che gli fosser messe dinanzi; e quando il padrone gli offriva del vino egli non si contentava di dir di no, ma turava il bicchiere colla palma di una mano, spingendo in là la boccia coll'altra. Del pepe, del sale, dell'oliera, di tutto rendeva grazie particolari, come se l'offrirgli ciascuna di quelle cose fosse una particolare degnazione, un favore affatto distinto dagli altri.

      Se egli avesse guardato qualche volta i suoi commensali, questi si sarebbero astenuti dal guardar lui, per non metterlo in più suggezione, per lasciarlo mangiare in pace, per non farlo penare. Ma come ei non guardava nessuno, così tutti guardavano lui; ne notavano tutti i moti, tutti gli atti; gli leggevano sulla fronte ciò che gli passava nell'anima, e di quella sua rozzezza ingenua e peritosa, di quel suo stupore, di quel suo sbalordimento, di quella tenera e reverente gratitudine che tratto tratto gli lampeggiava in un lieve sorriso o in uno sguardo fuggevole, provavan tutti un senso come di pietà e di compiacimento soave. Il padrone di tempo in tempo l'interrogava delle vicende della guerra, delle marcie, dei campi, del reggimento, ed egli rispondeva con dei sì, con dei no, con dei sorrisi, con qualche gesto cominciato e non saputo finire, e tra una domanda e l'altra, quando supponeva che tutti gli occhi fossero volti sopra di lui, pigliava in mano e fingeva di osservare attentamente il coltello o la forchetta. In fin di tavola, sorbendo il caffè, ne lasciò cadere una goccia sulla tovaglia.—Oh! Dio!—sclamò tutto turbato—scusi, sa: non l'ho fatto apposta.—E volgendosi al padrone si mise una mano sul petto. Povero giovane! disse tra sè la sorella; e portò il bicchiere alla bocca per nascondere quel po' d'alterazione che quel senso fugace di pietà avrebbe potuto produrre sull'altera gravità del suo volto.

      S'alzarono da tavola.

      —Adesso.... disse il soldato, e restò in asso.

      —Adesso?... domandarono gli altri e stettero in atto di aspettare ch'ei finisse.

      —Mi rincresce....

      —Che cosa?—interrogò amorevolmente il padrone.

      —Mi rincresce; bisogna ch'io me ne vada.

      —Oh!

      —Per forza.

      —Come! Come! E perchè? proruppero vivamente il padrone e i figliuoli:—bisogna che restiate qui con noi questa notte; non siete ancora in grado di rimettervi in strada; avete bisogno di dormire; e poi con questo tempo è impossibile....

      —Ma scusino....

      —Ma con questo tempo è impossibile che voi vi rimettiate in cammino. Sentite.—

      E tutti tacquero. La pioggia veniva giù a catinelle; la si sentiva batter forte contro i vetri delle finestre e tirava un vento d'inferno.

      —Avete sentito? Come volete partire con cotesto diluvio? E con cotesto buio che non ci si vede un palmo più in là del naso?...

      —Ma sentano; io sono stato anche troppo qui con loro; sa il cielo se non ci rimarrei ancora volentieri.... magari per sempre (e sorrise); ma se domattina di buon'ora io non mi trovo a Piacenza, mi metteranno in prigione.... e adesso, camminando di buon passo, sarei ancora in tempo a raggiungere il reggimento...; se tardo anche un poco....

      —Ma voi non vi sentite bene; vi si vede in viso....

      —Sì che mi sento bene; davvero; mi sento proprio bene adesso; mi lasci andare....

      —Ma no, ma no; io farei molto male a lasciarvi andare, ve lo dico schiettamente; e se smarriste la via? E se vi mancassero le forze a mezza strada? E se vi venisse male? Restate; seguite il mio consiglio; ve lo do pel vostro bene; se credessi che voi poteste partire senza pericolo, sarei io il primo a consigliarvi di partire; ma stanco e malato come siete, con questo tempo, a quest'ora, credetemelo, non vi conviene d'uscire. Restate qui con noi, via; fateci questo piacere; ve ne preghiamo pel vostro bene.—

      Il soldato stette un momento sopra pensiero.

      —No, no,—proruppe poi tutto ad un tratto;—non posso, mio buon signore; domattina per tempo bisogna ch'io sia col mio reggimento; lo posso ancora raggiungere; mi scusi, non posso, bisogna ch'io vada.—

      E corse nella stanza d'ingresso; dietro a lui la famiglia co' lumi. S'infilò il cappotto, si mise il cheppì, si allacciò il cinturino, si gettò in spalla lo zaino...; ma all'improvviso le ginocchia gli si piegarono sotto, lasciò cader lo zaino in terra e s'appoggiò alla parete.

      —Vedete? vedete?—s'affrettarono a dire tutti gli altri; vedete che non vi sentite bene? che non siete ancora in grado di camminare? che avete bisogno di dormire?—

      Egli tacque.

      —Restate, restate; riprese il padron di casa pigliandolo per un braccio; dormite in casa nostra; domattina vi desteremo per tempo; vi faremo noi una lettera pel colonnello per giustificare il vostro ritardo....

      Il soldato sorrise.

      —Restate; ve ne preghiamo per la vostra salute; è necessario che restiate. Non è vero che restate?—

      Il soldato stette un po' di tempo sopra pensiero e poi, levandosi il cheppì e il cinturino, mise un sospiro e disse:—Resterò!—

      —Sia lodato il cielo!—esclamò il padrone; e gli strinse la mano. Povero giovane! pensò la sorella, e, prevedendo uno sguardo del fratello, volse il capo verso la finestra come per sentire se pioveva ancora.

      Pochi minuti dopo, il padrone di casa, precedendo il soldato con un lume in mano, lo condusse alla porta d'un'elegante cameretta, l'aperse e gli disse:—Entrate.—

      Il soldato entrò e, girato attentamente lo sguardo intorno, si volse al suo ospite e gli fissò gli occhi negli occhi in aria d'interrogarlo.

      —Dormirete qui,—gli disse con un sorriso il buon vecchio.

      —Qui?

      —Già.—