di controllare ogni cosa?»
L’alfa scosse la testa, spingendo il cestino di grissini verso di lei, lo stesso invito silenzioso a mangiare di più che le faceva da tutta la sera. «Tu lo vedi come controllo, ma per un alfa significa prendersi cura. Quando vedo un’omega, qualcosa di prezioso, si accende in me il bisogno di proteggerla. Quando sei in calore, il mio istinto mi dice di soddisfarti. Quando sei affamata, quando il tuo stomaco brontola e ti massaggi le tempie, il mio istinto esige che io ti sfami. Se non lo faccio, se lascio che tu ti senta a disagio o dolorante, sento come un grido nella mia testa. È un dolore fisico, un bisogno costante.»
Era così che si sentivano? Suonava così piacevole, come un mondo perfetto dove omega e alfa erano due facce della stessa medaglia, dove avevano bisogno gli uni degli altri e si fondevano alla perfezione.
Claire scosse la testa. «È una bella idea, ma ci sono moltissimi alfa che non si prendono cura delle omega.» Mentre parlava, fu attraversata dal ricordo di James, dell’alfa che l’aveva rivendicata a diciotto anni.
Claire ebbe un fremito e gli occhi di Joshua si assottigliarono, ma l’alfa fece quella cosa che aveva già fatto diverse volte e piazzò un sorriso piatto sulle proprie labbra, come per mascherare la sua prima reazione. «Vuoi dirmi chi è stato a insegnartelo?»
«È universalmente noto.»
«Uno non sussulta come hai fatto tu per qualcosa di universalmente noto. A uno non compare neanche quello sguardo tormentato negli occhi. No, tesoro, di qualunque cosa si tratti, è dannatamente personale.» Scrollò le spalle, mentre la tensione scivolava via da lui. «Tuttavia, dato che chiaramente non ne vuoi parlare, che ne diresti di cambiare argomento?» Picchiettò le dita sul tavolo e l’azione attirò lo sguardo di Claire su di esse, costringendola a nascondere il rossore, quando ricordò quanto fosse talentuoso con quelle dita.
Come faceva a riportarla indietro al tempo passato insieme con tanta facilità? Dopo anni passati a evitare e a non volere l’attenzione di alcun alfa, il solo picchiettio delle sue dita la stuzzicava e tentava.
«Stai ascoltando?»
Claire alzò lo sguardo di scatto, le guance calde. Non stava ascoltando, ovviamente, totalmente persa nei propri pensieri.
Il suo sorrisetto indicava che ne era consapevole. «Ci sono cose migliori di cui possiamo parlare.»
«Non ricordo di aver mai voluto parlare con te di nulla.»
L’alfa le si avvicinò per far sì che le sue parole non fossero udite e l’azione fece sembrare piccolo il tavolo, che non era in grado di procurarle alcuna delle difese che si era immaginata. «I tuoi occhi continuano a cadere sulle mie dita. Sono certo che ti ricordi la sensazione che hanno procurato su di te, tesoro. Io di certo mi ricordo i suoni che producevi mentre le usavo su di te.»
Claire deglutì, il suono rumoroso persino nel chiasso del ristorante. O forse sembrava rumoroso alle sue orecchie, sopra il martellare nel suo petto. Joshua le faceva notare ogni cosa, rendeva ogni battito del suo cuore e ogni respiro forte ed evidente, come se li stesse studiando tutti, dissezionandola pezzo dopo pezzo.
Ma, era proprio quello il suo gioco. Il modo in cui la guardava le permetteva di intravedere il predatore sotto la maschera gioviale che indossava.
«Vuoi il bis?»
Claire scosse la testa.
L’alfa inclinò la testa e allungò il braccio per far scivolare un dito sul dorso della sua mano, appoggiata sul tavolo. «Ti rendi conto che stai mentendo? Perché stai mentendo, in tutto e per tutto. Le tue pupille si sono dilatate, il tuo respiro ha accelerato e ti stai sporgendo verso di me. Posso persino sentire il tuo profumo. Normalmente non sarei in grado di sentire la tua eccitazione così chiaramente, ma dato che ne sono stato immerso durante il calore, ci sono entrato in sintonia. Mi vuoi, anche se non te ne rendi conto.»
Questa volta Claire mosse la testa di scatto, una singola negazione. «Quello che è successo prima—»
«Quando abbiamo scopato?»
Il calore si diffuse sulle sue guance, giù per la sua gola e sul suo petto. «Quella era biologia. Non potevo evitarlo. Non voglio più niente del genere.»
Joshua sbuffò piano. «Sì che lo vuoi. Non vorresti, ma ciò non cambia il fatto che lo vuoi. Hai avuto un assaggio di qualcosa che ti mancava e ora ti stai chiedendo che cos’altro potresti avere. Lascia che te lo mostri.»
«Mostrarmi cosa?» La voce di Claire suonò così roca che fece fatica a riconoscerla.
Non aveva mai parlato in quel modo, non ne aveva mai avuto il coraggio. Stuzzicare qualcuno, suggerire qualcosa per cui non aveva alcun interesse, era un gioco pericoloso e lei non aveva mai voluto farlo. Ma, non era quello il punto? Aveva forse ragione Joshua?
Sono davvero interessata?
L’alfa si avvicinò ancora di più, finché il suo respiro le scaldò le labbra, finché il tavolo smise di esistere fra loro. «Tutto, tesoro. Ti farò gemere e ansimare fino a che non ti sarai scordata tutte le ragioni per cui credevi di non desiderarlo. Hai una voce fatta per gemere, per ansimare, per tutti quei suoni che ti ho già sentita emettere. Voglio sentirli mentre sei lucida, o tanto lucida quanto puoi esserlo con la mia lingua infilata profondamente nella tua figa.»
Le parole volgari la scioccarono più di qualsiasi altra cosa, come cera calda sulla pelle, un dolore che non faceva che alimentare la sua passione. Joshua non incespicò, non mostrò alcun segnale di nervosismo, come se dirle che voleva – Claire non riusciva nemmeno a pensarlo – fosse la cosa più naturale del mondo.
Anche se non riusciva a pensare le parole, l’immagine non la abbandonava. Ricordava lampi di cose del genere dal suo calore, la pressione di una lingua contro di lei, il modo in cui delle mani forti l’avessero afferrata per i fianchi e costretta ad accogliere ogni colpo.
«Non lo so», sussurrò, la tensione nel petto.
«Beh, è meglio di un no. Dai, fidati di me, solo per pochi minuti. Qui nel retro. Conosco il proprietario e ti prometto che, se mi concederai cinque minuti, non te ne pentirai.» Joshua si alzò, poi le porse la mano.
Non la afferrò, non la strattonò verso ovunque volesse portarla. Se lo avesse fatto, Claire avrebbe opposto resistenza. Si sarebbe tirata indietro, sopraffatta dal nervosismo. Invece, l’alfa rimase in attesa. Immobile, lasciando a lei la scelta. Se avesse detto di no, si sarebbe seduto. Avrebbero finito di mangiare. E poi?
Furono proprio quell’attesa, quell’immobilità, quella domanda che le stava ponendo senza chiederlo a parole a convincerla.
Che cosa voleva?
Claire rispose riponendo la mano nella sua.
Capitolo cinque
Il battito di Claire palpitò sotto il tocco di Joshua, il suo polso sottile incapace di nascondere il modo in cui tremava.
Ma il suo profumo lo attirava più vicino. Voleva inspirarlo, immobilizzarla a terra e respirare il suo profumo fino a che non avesse impregnato il suo corpo.
Quando era stata l’ultima volta che aveva desiderato così ardentemente una donna? Certo, provava desiderio per tutte le donne, ma Claire?
Lei era diversa e Joshua non provava niente del genere da anni. Da anni non incontrava una donna in grado di attirare la sua attenzione per più di una volta.
L’alfa allontanò il pensiero mentre la trascinava nel piccolo retrobottega, un cenno alla guardia, che rispose con un sorrisetto. A volte conoscere persone si rivelava utile e Joshua aveva lavorato abbastanza per il proprietario che, occupare la stanza per tutto il tempo che desiderava, non avrebbe causato alcun problema.
E quando Joshua fece voltare Claire, quando la spinse contro la porta e trovò la sua gola con le labbra, quando la sua lingua assaporò il battito frenetico dell’omega, seppe che avrebbe desiderato decisamente molto tempo.
Fotterla insieme a Bryce e