parte della stanza fluttuò fino alle sue orecchie; l'aroma delicato della verbena di Cordelia gli toccò il naso, come quando si cibava di lei; le venature nel tavolo di marmo nero sembravano brillare e quelle fratture sottili come un capello divennero visibili per la sua nuova vista.
Angus si voltò verso Rasheed, pulendosi la bocca con un fazzoletto. “Perché non sono riuscito a leggergli nella mente? Perché non ho potuto ritrovare tutti i suoi ricordi?”
Cordelia sogghignò e strinse i pugni lungo i fianchi, con gli occhi illuminati dalla gioia. “Perché il mio sangue governava il suo corpo. Non puoi cogliere quei ricordi da un altro Vamsyriano, Angus. Volevi avere un vantaggio tale su Broderick da riuscire a sapere tutto di lui, ma non hai potuto, perché lui era il mio Schiavo di Sangue.” Sembrava eccitata da una rivelazione particolare. Broderick sobbalzava e si contorceva a terra, mentre i due enormi Vamsyriani interrompevano di colpo il momento di esultanza di Cordelia. Le si affiancarono, la afferrarono per le braccia e la portarono fuori dalla stanza. “Mio signore,” protestò e cercò di liberarsi dalle loro mani che le stringevano i polsi. “Per favore, mio signore!”
Le proteste di Cordelia svanirono dietro la porta chiusa, lasciando la stanza in un silenzio pesante, mentre Broderick rifletteva sul coinvolgimento di Cordelia in quella messinscena. Lei sapeva che Angus avrebbe effettuato la trasformazione, anche se forse non ne conosceva i risultati. Perché quell'informazione le aveva provocato una tale euforia?
Rasheed fissò con gli occhi socchiusi Broderick, sdraiato sul pavimento di pietra. Dopo un lungo istante, gli Anziani uscirono in fila dalla stanza, attraverso la stessa porta dietro alla quale era scomparsa Cordelia, e nessuno di loro pronunciò una parola. Angus era chino sul corpo di Broderick scosso dalla febbre a causa del sangue Vamsyriano. che stava eliminando gli ultimi resti della sua umanità. L'odore del suo nemico- un ben distinto odore speziato e muschiato- aleggiò intorno a Broderick, che impresse quell'aroma nella memoria.
“Ora saremo fratelli per tutta l'eternità, legati per sempre dal sangue.” Angus si inginocchiò davanti a Broderick e sussurrò, “Ti concederò questo tempo, Rick, per capire cosa sei diventato. Usa il tempo saggiamente. Quando sarà finito, inizierò a darti la caccia.” Annuì, alzandosi, poi si voltò verso l'uscita.
“No, se ti troverò io per primo.” Broderick sogghignò, continuando a tremare, e fulminò con lo sguardo Angus, che uscì a passo di marcia dalla Sala Grande.
Stewart Glen, Scozia—Tardo autunno 1505—Diciannove anni dopo
Gli occhi di Davina Stewart danzavano di gioia intorno alle tende colorate e ai carrozzoni dell'accampamento degli zingari. Così tanti profumi esotici le pervasero i sensi che ebbe per un attimo l'acquolina in bocca e l'attimo dopo trasse un sospiro di piacere. Tra le torce tremolanti e i falò, gli acrobati facevano capitomboli, i giocolieri lanciavano per aria bastoni infuocati e i mercanti mostravano ai passanti le merci provenienti da tutto il mondo. Parlan, il padre di Davina, e suo fratello Kehr, si scusarono e si incamminarono lentamente verso la carne di cavallo che gli zingari mettevano in vendita.
“Davina.” Sua madre Lilias posò la mano sul braccio di Davina, poi indicò una tenda in lontananza. “Io e Myrna andiamo in quella tenda. Voglio prendere un regalo per tuo padre, prima che lui e tuo fratello siano di ritorno. Resta vicina a Rosselyn e non allontanarti.”
“Sì, mamma.” Davina strinse la mascella per trattenere l'eccitazione, mentre guardava sua madre e Myrna prendersi sottobraccio e allontanarsi.
Rosselyn era rimasta a bocca aperta.
Davina si schiarì la gola. “Se vuoi restare qui a fissare le nostre madri, allora lo farai da sola. Per quanto mi riguarda, non sprecherò questa rara opportunità di godermi la mia libertà.” Davina si voltò e scappò nella direzione opposta, per mettere una certa distanza tra se stessa e sua madre.
Rosselyn si affrettò a raggiungerla e prese Davina sottobraccio. “In qualità di tua ancella e guardiana fidata, devo ricordarti che lei ti ha detto di non allontanarti?”
“Riesci a credere che ci abbia permesso di esplorare?” Un senso di leggerezza stava crescendo dentro Davina e le sue risate sgorgarono attraverso le sue mani, quando si coprì la bocca.
“Non hai già esplorato abbastanza, quando sei andata in visita a Corte con tuo fratello?” Rosselyn nascose un ricciolo castano ribelle sotto la cuffia.
“Bah!” Davina sbuffò, imitando l'esclamazione preferita di suo fratello. “Ho scoperto che la Corte è un posto orribile. Le donne si fingono amiche ma si calunniano a vicenda, e non fanno altro che parlare dello svolazzare delle gonne e degli incontri segreti con qualche bel ragazzo in giardino.” Il calore pervase le guance di Davina per quelle affermazioni audaci.
Rosselyn ridacchiò. “Davina Steward, stai arrossendo! E fai bene! Tua madre ti prenderebbe a frustate, se ti sentisse dire queste cose.”
“A Corte, la mamma mi tiene vicina a lei, quindi no, non posso esplorare molto neppure lì. Mi godrò la mia libertà questa sera!” Davina scoppiò a ridere, ma la sua gioia svanì, quando si rese conto di come dovevano suonare quelle parole. “Oh, non fraintendermi. Adoro la mamma, ma...”
“E' vero, non ti lascia mai allontanare dalla sua portata, figurati dalla sua vista.” Rosselyn aveva due anni più di Davina, che aveva tredici anni, ed era cresciuta nella loro famiglia. Naturalmente, era diventata l'ancella di Davina, visto che sua madre Myrna era l'ancella di Lilias. Anche se Rosselyn svolgeva molto bene quel compito, Davina amava l'altra ragazza più come una sorella.
Prendendo in prestito l'idea di sua madre, Davina trascinò Rosselyn con sé, per esaminare le merci nelle tende e cercare dei regali da acquistare per la sua famiglia. Un pugnale da stivali particolarmente bello attirò la sua attenzione. Il gitano estrasse la piccola lama dal fodero. “Una splendida lama per una donna bella come voi,” la incalzò.
“Oh, non è per me, ma per mio fratello,” replicò Davina.
“Ah, un'arma molto bella, da infilare nello stivale! Avete visto le incisioni d'argento lungo la lama?”
“E' veramente argento?” Davina sollevò il pugnale da stivale ed osservò le incisioni celtiche, decorative, che scendevano a spirale lungo la stretta lama.
“Sì! Un'opera d'arte.” Quando l'uomo le disse il prezzo, Davina contorse le mani. “Vero argento. Lo giuro.”
Lei gli restituì la spada, ma il fabbro non voleva prenderla. Si guardò intorno, poi sussurrò un prezzo più basso con fare cospiratorio. Non molto più basso, ma abbastanza. Davina si arrese e gli diede la moneta.
Rosselyn tirò Davina per la manica. “Guarda,” disse indicando una donna anziana. La zingara aveva una lunga treccia argentata e una sciarpa scarlatta le copriva la testa.
La donna fece un cenno verso di loro. Era seduta davanti a una tenda dipinta con la figura impressionante di una donna dai capelli chiari, seduta dietro a un tavolo sul quale erano sparpagliate delle tavolette. Stelle, lune ed altri strani simboli che Davina non riconobbe fluttuavano intorno alla cascata di capelli biondi della donna. “Quali servizi offre, secondo te?” Davina sussurrò intimorita.
Rosselyn rivolse lo sguardo oltre il cerchio di tende e carrozzoni, in direzione delle loro madri. Lilias e Myrna erano ferme davanti a un mucchio di nastri drappeggiati sulle braccia di un uomo. Rosselyn afferrò la mano di Davina, mentre un ampio sorriso si allargava sulle sue labbra sottili e una scintilla birichina le accendeva gli occhi nocciola. “Vieni!”
Davina si sforzò di stare al passo quando Rosselyn la tirò per la mano, quindi corsero fino a ritrovarsi senza fiato davanti alla zingara.
“Vedo che siete impazienti di farvi predire la sorte,” intervenne la gitana nel suo bell'accento francese, poi mosse la mano rugosa verso l'apertura nella tenda. “Solo una alla volta, s'il vous plaît.”
“Vai tu per prima, Roz,” la incoraggiò Davina.
Rosselyn fece un passo verso l'ingresso della tenda, poi si fermò. Si voltò indietro e passò