Данте Алигьери

La Divina commedia / Божественная комедия. Книга для чтения на итальянском языке


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troverai, non dopo molte carte,

      103 che l’arte vostra quella, quanto pote,

      segue, come ’l maestro fa ’l discente;

      sì che vostr’ arte a Dio quasi è nepote.

      106 Da queste due, se tu ti rechi a mente

      lo Genesì dal principio, convene

      prender sua vita e avanzar la gente;

      109 e perché l’usuriere altra via tene,

      per sé natura e per la sua seguace

      dispregia, poi ch’in altro pon la spene.

      112 Ma seguimi oramai che ’l gir mi piace;

      ché i Pesci guizzan su per l’orizzonta,

      e ’l Carro tutto sovra ’l Coro giace,

      115 e ’l balzo via là oltra si dismonta».

      Canto XII

      Era lo loco ov’ a scender la riva

      venimmo, alpestro e, per quel che v’er’ anco,

      tal, ch’ogne vista ne sarebbe schiva.

      4 Qual è quella ruina che nel fianco

      di qua da Trento l’Adice percosse,

      o per tremoto o per sostegno manco,

      7 che da cima del monte, onde si mosse,

      al piano è sì la roccia discoscesa,

      ch’alcuna via darebbe a chi sù fosse:

      10 cotal di quel burrato era la scesa;

      e ’n su la punta de la rotta lacca

      l’infamia di Creti era distesa

      13 che fu concetta ne la falsa vacca;

      e quando vide noi, sé stesso morse,

      sì come quei cui l’ira dentro fiacca.

      16 Lo savio mio inver’ lui gridò: «Forse

      tu credi che qui sia ’l duca d’Atene,

      che sù nel mondo la morte ti porse?

      19 Pàrtiti, bestia, ché questi non vene

      ammaestrato da la tua sorella,

      ma vassi per veder le vostre pene».

      22 Qual è quel toro che si slaccia in quella

      c’ha ricevuto già ’l colpo mortale,

      che gir non sa, ma qua e là saltella,

      25 vid’ io lo Minotauro far cotale;

      e quello accorto gridò: «Corri al varco;

      mentre ch’e’ ’nfuria, è buon che tu ti cale».

      28 Così prendemmo via giù per lo scarco

      di quelle pietre, che spesso moviensi

      sotto i miei piedi per lo novo carco.

      31 Io gia pensando; e quei disse: «Tu pensi

      forse a questa ruina, ch’è guardata

      da quell’ ira bestial ch’i’ ora spensi.

      34 Or vo’ che sappi[9] che l’altra fiata

      ch’i’ discesi qua giù nel basso inferno,

      questa roccia non era ancor cascata.

      37 Ma certo poco pria, se ben discerno,

      che venisse colui che la gran preda

      levò a Dite del cerchio superno,

      40 da tutte parti l’alta valle feda

      tremò sì, ch’i’ pensai che l’universo

      sentisse amor, per lo qual è chi creda

      43 più volte il mondo in caòsso converso;

      e in quel punto questa vecchia roccia,

      qui e altrove, tal fece riverso.

      46 Ma ficca li occhi a valle, ché s’approccia

      la riviera del sangue in la qual bolle

      qual che per violenza in altrui noccia».

      49 Oh cieca cupidigia e ira folle,

      che sì ci sproni ne la vita corta,

      e ne l’etterna poi sì mal c’immolle!

      52 Io vidi un’ampia fossa in arco torta,

      come quella che tutto ’l piano abbraccia,

      secondo ch’avea detto la mia scorta;

      55 e tra ’l piè de la ripa ed essa, in traccia

      corrien centauri, armati di saette,

      come solien nel mondo andare a caccia.

      58 Veggendoci calar, ciascun ristette,

      e de la schiera tre si dipartiro

      con archi e asticciuole prima elette;

      61 e l’un gridò da lungi: «A qual martiro

      venite voi che scendete la costa?

      Ditel costinci; se non, l’arco tiro».

      64 Lo mio maestro disse: «La risposta

      farem noi a Chirón costà di presso:

      mal fu la voglia tua sempre sì tosta».

      67 Poi mi tentò, e disse: «Quelli è Nesso,

      che morì per la bella Deianira,

      e fé di sé la vendetta elli stesso.

      70 E quel di mezzo, ch’al petto si mira,

      è il gran Chirón, il qual nodrì Achille;

      quell’ altro è Folo, che fu sì pien d’ira.

      73 Dintorno al fosso vanno a mille a mille,

      saettando qual anima si svelle

      del sangue più che sua colpa sortille».

      76 Noi ci appressammo a quelle fiere isnelle:

      Chirón prese uno strale, e con la cocca

      fece la barba in dietro a le mascelle.

      79 Quando s’ebbe scoperta la gran bocca,

      disse a’ compagni: «Siete voi accorti

      che quel di retro move ciò ch’el tocca?

      82 Così non soglion far li piè d’i morti».

      E ’l mio buon duca, che già li er’ al petto,

      dove le due nature son consorti,

      85 rispuose: «Ben è vivo, e sì soletto

      mostrar li mi convien la valle buia;

      necessità ’l ci ’nduce, e non diletto.

      88 Tal si partì da cantare alleluia

      che mi commise quest’ officio novo:

      non è ladron, né io anima fuia.

      91 Ma per quella virtù per cu’ io movo

      li passi miei per sì selvaggia strada,

      danne un de’ tuoi, a cui noi siamo a provo,

      94 e che ne mostri là dove si guada,

      e che porti costui in su la groppa,

      ché non è spirto che per l’aere vada».

      97 Chirón si volse in su la destra poppa,

      e