Amy Blankenship

Mai Sfidare Il Cuore


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a svegliare il nonno, io vado ad aiutare Toya.» disse, poi prese la balestra e uscì dalla stanza, lasciando Tama da solo.

      Corse in giardino a piedi nudi, pronta a scoccare già una freccia eterea. Cercando di individuare il bersaglio, rimase scioccata nel vedere non uno, ma ben due guardiani, e si bloccò di colpo.

      «Shinbe…» sussurrò, mentre lo vedeva accasciarsi contro il muro del santuario. Le sembrò quasi di sentire l’impatto, che le provocò una fitta al cuore. Notò un movimento laterale e si voltò, era Toya che si preparava ad attaccare di nuovo.

      Kyoko abbassò la balestra e tese una mano per lanciare l’incantesimo che funzionava soltanto con lui. «Toya! No!» urlò.

      Lui stava saltando quando cadde a terra all’improvviso come una tonnellata di mattoni, finendo a faccia in giù.

      Kyoko corse da Shinbe, scivolando sull’erba per la fretta. Inginocchiandosi accanto a lui, si spaventò per le condizioni in cui era. «Shinbe, stai bene?».

      Lui aprì un occhio e guardò suo fratello. «Fa un po’ male.» rispose, cercando di sorridere, ma svenne prima di riuscirci.

      Toya guardò Kyoko e ringhiò per la sua espressione preoccupata. Come osava prendere le difese di quel pervertito?

      Kyoko si voltò verso di lui con le lacrime agli occhi, «Che cos’hai fatto?».

      Lui non riuscì a rispondere mentre il fratello e il nonno di Kyoko li raggiungevano. L’uomo teneva in mano le sue pergamene di incantesimi, pronto a distruggere tutto ciò che osasse minacciare sua nipote.

      Kyoko iniziò a singhiozzare, non sapendo cosa fare, «Aiutatemi a portare Shinbe in casa.».

      Tama e il nonno non fecero domande e obbedirono. L’uomo si limitò a guardare Toya con gli occhi socchiusi, mentre Tama non lo degnò neanche di un rapido sguardo. Si allontanarono lasciandolo ancora steso a terra e lui non si preoccupò di muoversi. Sapeva che Kyoko era così arrabbiata che, se avesse osato entrare in casa, probabilmente avrebbe usato quel maledetto incantesimo altre mille volte. Non era giusto, perché non capiva che la stava solo proteggendo?

      La luce della luna illuminò i riflessi argentati dei suoi capelli neri mentre si girava, con il cuore pesante. Poi si alzò e attraversò il portale.

*****

      Mentre il sole era ormai alto sul santuario della vergine, Toya stava ancora camminando avanti e indietro nella radura, cercando di capire cosa diavolo fosse successo. Come aveva fatto Shinbe ad attraversare il portale? Non era possibile. Quella domanda continuava a ronzargli nella testa, facendolo quasi impazzire.

      Suki arrivò insieme a Kamui e Kaen, erano andati a cercarli. Vide Toya e gli fece un cenno con la mano.

      “Accidenti, ci mancavano anche loro.” pensò lui imprecando. Suki si fermò e lo fissò per un momento, cogliendolo di sorpresa con la propria espressione preoccupata.

      «Toya, stai bene? Cos’è successo?» gli chiese sfiorandogli il viso, e lui sussultò. Suki notò le ferite in via di guarigione e il sangue sui vestiti e sulle mani. Toya non si sporcava mai le mani in quel modo, che stava succedendo?

      «Di chi è tutto quel sangue?» insistette. Quando lui non rispose e si voltò di spalle, Suki si guardò intorno per cercare Shinbe, certa che lui le avrebbe detto qualcosa. Non vedendolo, andò nel panico e spalancò gli occhi, «Dov’è Shinbe?».

      Kamui era rimasto indietro con Kaen, poi percepì l’agitazione di Toya e si avvicinò. Aveva sentito la domanda e pregava di sbagliarsi sulla risposta. Sperando di calmare entrambi, cercò di sdrammatizzare: «Avanti, non vorrai farci credere che hai ucciso Shinbe?».

      Toya digrignò i denti e sbottò: «Non ho ucciso nessuno, stupido bastardo, quindi chiudi la bocca!», poi si guardò le mani insanguinate… non se n’era neanche accorto.

      “Che cos’ho fatto?” si chiese. L’ultimo colpo doveva aver ferito gravemente Shinbe, si ricordò dei suoi artigli che gli affondavano nella carne mentre lui lo scagliava contro l’albero. Sapeva che quegli artigli potevano essere letali quando si allungavano in battaglia… letali non solo per i demoni ma anche per gli immortali, compresi i guardiani.

      Non avrebbe dovuto combattere contro suo fratello, ma era così furioso che non era riuscito a fermarsi. Perché aveva perso il controllo in quel modo, rischiando che il suo sangue demoniaco affiorasse? Di solito faceva più attenzione, accidenti. Se Kyoko non fosse arrivata in quel momento, chissà cosa sarebbe successo. Non aveva mai combattuto con Shinbe… che diavolo gli era preso?

      Il panico lo assalì quando sentì gli sguardi di Suki e Kamui su di sé. Shinbe era suo fratello… era un guardiano… che cosa aveva fatto? Senza guardarli, strinse i pugni e gridò: «Io non ho fatto niente!». Sentendo il bisogno di allontanarsi, schizzò via verso i boschi.

      Kaen e Kamui si guardarono a vicenda con aria preoccupata.

*****

      Kyoko era seduta alla scrivania con ago e filo in mano. Stava cucendo il soprabito di Shinbe, che era strappato in alcuni punti. Con Toya scomparso e Shinbe svenuto, aveva bisogno di tenersi occupata… non c’era neanche qualcuno a cui chiedere cosa fosse successo. E aveva la sensazione di essere lei la causa di quella rissa.

      «Era solo uno stupido bacio.» borbottò con aria colpevole.

      Dopo che il nonno aveva tolto i vestiti a Shinbe, lei li aveva presi per lavarli, mentre Tama gli aveva dato una mano con le ferite. Se Shinbe non fosse stato un guardiano e non avesse avuto anche la capacità di guarire in fretta, sarebbe morto dissanguato in pochi minuti. Guardando la stoffa strappata, Kyoko immaginò gli artigli di Toya e rabbrividì.

      Shinbe era messo piuttosto male, ma il bernoccolo in testa era la cosa peggiore. Il nonno aveva detto che, probabilmente, ci avrebbe messo un po’ per riprendersi; e le aveva anche detto che la lotta tra due guardiani era più pericolosa di una tra due umani. Ah, il nonno e le sue leggende… ma a lei non serviva una leggenda per capire che era una brutta situazione. Sperava solo che Shinbe non riportasse danni cerebrali, non era un buon segno che non si fosse ancora svegliato. Pregò che si svegliasse presto e le dicesse che stava bene.

      Si era seduta accanto a lui dopo che il nonno aveva finito di medicarlo e lo aveva sistemato nel suo letto. Non si era più addormentata per paura che si svegliasse senza che lei se ne accorgesse.

      Shinbe aprì lentamente gli occhi alla luce fioca della stanza. Dove si trovava? Fissò il soffitto bianco in confusione, gli faceva male tutto. Cercò di guardarsi intorno, ma provava dolore anche così. Vedeva tutto rosa, che posto era?

      «Ahi!» esclamò Kyoko quando si punse con l’ago, e si succhiò il dito. Si girò leggermente e Shinbe la vide, con la luce della scrivania che le illuminava il viso.

      «Devo essere in paradiso.» sussurrò, e la vide voltarsi verso di lui con gli occhi spalancati. Cercò di sorridere, ma la testa gli faceva troppo male e chiuse di nuovo gli occhi.

      Kyoko quasi rovesciò la sedia per andare a sedersi sul letto accanto a lui. «Shinbe no, ti prego, non addormentarti di nuovo.» lo implorò con voce tremante, mentre iniziavano a scenderle le lacrime. Lui percepì il loro odore nell’aria e riaprì gli occhi… ma perché stava piangendo? Cercò di mettersi a sedere ma un dolore lancinante gli esplose in una tempia.

      Kyoko gli mise una mano sulla spalla, «Non muoverti, sei ferito.». Si passò una mano sulla guancia bagnata e sorrise.

      «Dici davvero?» disse lui cercando di ricambiare il sorriso, ma il dolore ancora non glielo permetteva, e si portò una mano dietro la testa. “Che bernoccolo.” pensò, guardando Kyoko confuso.

      Lei non riuscì a trattenersi: «Sei un idiota, avresti potuto farti ammazzare.», e iniziò a singhiozzare, coprendosi il viso con le mani.

      Shinbe allungò una mano e le accarezzò una guancia, «Mi dispiace. Spero che Toya sia ridotto male quanto me.».

      Lei abbassò le mani e rispose: «Non lo so.», poi si voltò e andò alla scrivania per versargli un bicchiere d’acqua. All’improvviso si sentiva arrabbiata con entrambi. Avrebbero dovuto cercare il talismano insieme, non combattere