che... Cosa avrebbe detto la gente vedendola al drive-in con un tizio appena conosciuto?
Non che le importasse, non aveva una famiglia per cui mantenere una certa reputazione.
Nessuna madre, né fratelli, zii, zie o cugini.
Solo un’ombra di padre, per quanto ne sapeva.
Ma la sua reticenza non riguardava la posizione sociale.
Cosa sarebbe accaduto se la connessione con Richard non fosse andata oltre l’attrazione fisica?
Come avrebbe potuto troncare la serata facendosi riportare a casa senza urtare i suoi sentimenti?
Non avevano parlato molto, per cui non sapeva se fossero compatibili a un livello più profondo.
Ma nonostante tutto, ogni cellula del suo corpo gravitava attorno a lui, come se in qualche modo inesplicabile sapessero che erano sulla stessa lunghezza d’onda.
Doveva fidarsi del suo intuito?
Non importava cosa sentiva, solo la realtà conosceva la verità e Richard poteva essere la persona sbagliata.
In ogni caso, il sabato sera il drive-in era piuttosto affollato, se lui avesse tentato di andare troppo oltre avrebbe sempre potuto attirare l’attenzione di qualcuno, giusto?
“Eva?”
Qualcosa nel suo timbro di voce la diceva fidati di me.
“Sì... Ok, va bene.
Mi sembra una buona idea”.
Poco dopo, Eva si stava guardando nel grande specchio del bagno mentre applicava l’eyeliner nero, un po’ di mascara e un tocco di gloss sulle labbra, sorpresa della stabilità delle sue mani, dato che avrebbe incontrato Richard nel giro di pochi minuti.
Il campanello infine suonò e una marea di suspense le invase lo stomaco.
“Arrivo!”
Corse in camera da letto, afferrò il cappotto nero nel guardaroba e diede uno sguardo alla sveglia: le sei e venticinque.
“Affidabile e puntuale”, mormorò correndo lungo il corridoio.
Aprì la porta trovando Richard in piedi sotto il portico, con indosso una giacca di pelle nera, una camicia rossa, jeans neri e un sorriso bagna mutande.
“Sei pronta?”
Per l’appuntamento o per lui?
Eva spostò gli occhi pieni di desiderio da quel corpo da urlo verso il suo sguardo magnetico.
“Sì”.
Per entrambi.
Raggiunsero l’auto, e Richard aprì lo sportello per lei, un vero gentiluomo.
“Grazie”.
Si sedette sul freddo vinile e allacciò la cintura di sicurezza.
Aveva intenzione di fare il gentiluomo tutta la sera o aveva in mente di arrivare in seconda base?
Lei non ancora poteva credere che fossero già arrivati alla prima!
Il ricordo di quelle labbra fameliche sulle sue, la sua lingua tentatrice e le mani che le accarezzavano il fondoschiena invase la sua mente per la millesima volta.
Un piacevole calore le si diffuse fra le gambe e salì fino alle sue guance.
Si spostò sul sedile, alla ricerca di un punto freddo che l’aiutasse a spegnere il fuoco che ardeva nel suo nucleo centrale.
Eva non voleva che lui smettesse di baciarla la notte precedente e il suo corpo reagì con delusione quando lui lo fece.
Quindi forse gli avrebbe permesso di essere fortunato.
Ma non troppo... ancora.
Richard si voltò verso di lei dal lato del guidatore, con gli occhi verdi che brillavano nella luce fioca.
“Metterò la capote,
spero non ti dispiaccia,
ma fa un po’ troppo freddo per tenerla aperta”.
La vicinanza di lui fece schizzare il suo termostato interiore su cocente rendendole facile dimenticarsi del freddo che c’era all’esterno.
In effetti in quel momento una fresca brezza che le raffreddasse un po’ la temperatura corporea le avrebbe fatto comodo.
“Per non parlare il disastro che farebbe dei miei capelli”, scherzò, cercando di distrarre entrambi da quella fortissima tensione sessuale.
Lui ridacchiò.
“Esattamente.
Dunque, ho prenotato al Café Destino per cena.
È l’unico posto in città dove cuociono la bistecca come piace a me.
Per te va bene?”
“Di nessun tipo.
Adoro una buona bistecca”.
Qualcosa di rosso, raro e al sangue,
Quando arrivarono al ristorante, un cameriere li guidò verso un angolino intimo, accanto a una finestra che si affacciava sul mare color smeraldo.
Eva studiò il menù e quando sollevò gli occhi, lo sguardo di Richard era puntato su di lei.
“Scusa se continuo a fissarti, ma i tuoi occhi sono incredibili.
Quel blu-violetto è così straordinario, così insolito, così bello”.
“Oh... Ehm, grazie”.
Eva guardò in basso, con le guance che passavano da calde a bollenti.
Di nuovo.
“Quindi... Cosa ti piacerebbe assaggiare?” chiese lui, come se avesse sentito il suo bisogno di cambiare discorso.
Te.
Eva fissò così intensamente il menù che quasi poteva vedere del fumo spuntare fuori.
Ma le parole erano sfocate, a causa della sua mente invasa da immagini vietate ai minori di Richard e lei, nudi, impegnati in ogni tipo di posizione erotica.
Ma che diavolo...?
I suoi pensieri dovevano aver imboccato la strada dell’immoralità.
Per lei era normale fantasticare su un uomo, ma mai a livello ho-bisogno-di-un-bagno-freddo-che-mi-distragga-da-certe-sconcezze.
“Eva?”
Resistendo all’impulso di detergersi la fronte con il tovagliolo rispose:
“Oh, scusa.
Per un attimo mi sono persa nei miei pensieri”.
Pensieri osceni, per la verità.
“Qualcosa che desideri condividere?”
Le guance di lei andarono completamente a fuoco, come una fornace a pieno regime.
“No, non per il momento”.
Richard sorrise e lei avrebbe giurato che le leggesse nella mente.
“Che c’è di tanto speciale nelle bistecche qui?” chiese, tentando disperatamente di cambiare argomento.
“Beh, mi piace al sangue, al contrario della maggioranza che la preferisce ben cotta.
Gli chef qui riescono ad assecondare la mia richiesta.
Ho scoperto che in molti posti non lo fanno”.
“Non ci credo!
Sei la prima persona che incontro a cui piace la bistecca esattamente come piace a me. Normalmente la cucino a casa perché la maggior parte delle persone pensano sia insolito mangiarla al sangue”.
“So esattamente di cosa parli”.
Lo sguardo di lui indugiò nel