è una cosa grossa da assorbire. Ho bisogno di tempo per pensare”.
Lui arretrò verso la porta.
“Devo studiare per gli esami finali.
Ho bisogno di concentrarmi su questo per il momento.
Scusa.
Ti contatterò non appena mi sarà possibile”.
Gli occhi di lei luccicavano per via delle lacrime che stava trattenendo perché non credeva alle sue parole.
“Me lo prometti?”
Ci proverò.
Il ragazzo esitò, non convinto che lo avrebbe fatto una volta che fosse stato fuori della sua portata, una volta che fosse stato al sicuro.
“Sì.
Ehm... buonanotte”.
Abe percorse la strada verso il dormitorio dell’università come se fosse stato ubriaco,
ma non lo era, quantomeno non a causa dell’alcol.
La sua mente non faceva che saltare da un pensiero all’altro, da un sentimento all’altro, come vestiti sporchi sballottati dalla lavatrice.
In che diavolo di paese mi trovo?
L’incontro con Rhoda aveva capovolto il suo intero sistema di convinzioni.
Gli aveva aperto gli occhi.
Glieli aveva spalancati!
Là fuori esisteva un mondo di cui non sapeva assolutamente nulla.
Aveva vissuto nella sua piccola realtà protetta, plasmata dalla sua educazione borghese e dalle sue associazioni.
Rhoda aveva aperto la sua mente oltre i suoi confini sicuri e autocostruiti.
Lo aveva sfidato e turbato e lui amava le sfide, se ne nutriva.
Era naturalmente portato a correre dei rischi, ma si chiedeva se lei fosse una sfida troppo grande, un rischio troppo grande...
Abe si buttò sul letto e iniziò a fissare il soffitto pieno di ombre.
Le sue labbra formicolavano ancora per il bacio di lei.
Che fosse davvero in parte vampiro o no, condividere quel momento intimo con lei era stato incredibile.
E non solo le sue labbra ne avevano sentito la forza, le sensuali conseguenze continuavano a scorrere nel suo corpo sconvolto.
Aveva bisogno di dormire.
Il suo subconscio aveva bisogno di tempo per mettere insieme i pezzi prima di poterle rispondere.
E anche il suo corpo aveva bisogno di ricalibrare.
Desiderava ancora Rhoda nonostante la sua confessione.
Assolutamente ridicolo.
L’attrazione sessuale non dovrebbe mai avere lo stesso peso del pensiero razionale e pratico.
Era già stato colto in fallo, quindi avrebbe dovuto saperlo bene.
In questo caso sembrava diverso, però.
Più intenso, più divorante.
Basta!
La sua mente intervenne cercando di respingerla… panico o autoconservazione? Non voleva essere il tipo di persona che reagiva per paura e ignoranza. Se lei avesse voluto succhiargli il sangue, aveva avuto molte opportunità, ma non ne aveva sfruttata nessuna. Forse era davvero innocua.
A giudicare dalla sua reazione al bacio che si erano scambiati, lui le piaceva; ma a livello romantico o nutrizionale? Come posso scoprirlo? Non aveva nessun amico vampiro con cui confrontarsi. O forse li aveva e semplicemente non lo sapeva.
Abe premette i palmi delle mani sugli occhi chiusi. Cosa fare... Dimenticarla o darle una possibilità? Aveva lanciato un incantesimo su di lui, facendolo impazzire? No. Analizzando razionalmente la situazione, anche lei aveva corso un grosso rischio, confidandogli così presto un segreto così grande. Doveva significare che lei si fidava di lui, eppure lui era ben lontano dal concederle lo stesso trattamento.
Abe si mise a sedere e guardò la notte scura fuori dalla finestra, le luci che costeggiavano la strada verso casa sua. Doveva darle il beneficio del dubbio, no? Lui da lei se lo sarebbe aspettato. Ma valeva la pena rischiare la vita per darle fiducia?
Capitolo Sette
Pensando al peggio
Hobart, maggio 1965
"Wow!" Lo sguardo di Richard studiò su Eva non appena lei aprì la porta. "Sei" - sospirò - "incantevole, con la 'I' maiuscola".
Il suo cuore non si limitava a battere, martellava come se un paio di colombe fossero state liberate nelle sue viscere. "Grazie." Anche lui appariva piuttosto sexy, con un suadente completo nero, camicia bianca e cravatta a motivo cachemire. Molto cool, molto James Bond.
Tirò fuori il suo sorriso sexy e accattivante facendo un gesto verso la sua macchina. "Andiamo".
"Dove mi stai portando?" Lei studiò ancora un po' il suo abbigliamento, sperando che le desse un indizio. In un posto elegante, ovviamente, ma a parte questo, non riusciva a farsi un’idea. Tuttavia, notò una piccola e divertente coincidenza. Il blu elettrico della sua cravatta corrispondeva alla tonalità del suo vestito di velluto aderente, come se si fossero chiamati prima del loro appuntamento per coordinare i colori.
Aprendo la porta dal del lato passeggero, i suoi occhi verde chiaro brillavano. "Te l'ho detto. È una sorpresa".
Hmmm... Nessun bacio o stretta di mano per salutarla, anche se lui sembrava felice di vederla. E poi le aveva mandato quel regalo premuroso e, a quanto pare, costoso. Lei non riusciva a capirlo. Era come uno di quei cruciverba criptici con cui lei aveva sempre difficoltà.
Raggiunsero presto la città e Richard posteggiò nel parcheggio del Theatre Royal. Era ancora un po' presto per vedere uno spettacolo. Il suo misterioso e cavalleresco comportamento suggerivano che aveva pianificato qualcosa di più di una semplice cena di apertura.
Invece di entrare nel teatro proseguirono oltre, attraversarono la strada e si fermarono davanti a una solitaria porta di legno intagliato.
"Eccoci qui", disse Richard con un sorriso sornione aprendole la porta.
L'aroma accogliente della carne marinata le entrò nelle narici e scatenò le sue ghiandole salivari. Inghiottì un improvviso eccesso di saliva mentre il suo stomaco brontolava.
"Dopo di te", disse, insistendo un po’ troppo nel fare il gentiluomo. Ancora una volta avrebbe avuto l’occasione di dare uno sguardo al suo lato B. Dal lampo pieno di desiderio nei suoi occhi a fessura, lei optò per l'opzione 'di dietro'.
Arrivata in cima alle scale, si ritrovò in una sala da pranzo elegante, decorata in oro, crema e rosso, con un grande lampadario incandescente appeso al centro della stanza. Un pianoforte a coda si stagliava in un angolo e uno strano miscuglio di persone, da ragazzi on chiodo e brillantina e ragazze rockettare a modaioli, da hippie a membri dell’alta borghesia, si muoveva intorno, tenendo in mano drink e chiacchierando nei loro gruppi chiusi.
Il palmo caldo di Richard contro la parte bassa della schiena di Eva la fece trasalire come se fosse stata colpita da un fulmine di desiderio. Lui la guidò verso il bar, ordinò un bicchiere di vino per entrambi e infine un cameriere li accompagnò al loro tavolo. Richard le porse una sedia dorata decorata con seduta di velluto rosso e si sedette di fronte.
Finestre a tutta altezza delimitavano il perimetro della stanza, offrendo una spettacolare vista a trecentosessanta gradi sulla città color malva, rosa e oro.
Lui la guardò negli occhi e alzò il bicchiere. "A un'altra meravigliosa serata".
Proprio come l'ultima volta. Eva strinse le gambe nel tentativo di arginare il pungente desiderio che stava nascendo tra di loro e spinse il suo bicchiere