Margherita Guglielmino

Una Bellissima Storia Sbagliata


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operatorio Giorgio l’aspettava nel suo ufficio dove i due medici consumavano i loro incontri clandestini. Luisa gli disse di andare a casa dalla sua famiglia ma lui non volle sentire ragione, erano gli ultimi giorni che avrebbero potuto trascorrere insieme e anziché andare la prese in braccio, la poggiò sulla sua scrivania e iniziò a toglierle il camice di dosso.

       Travolti dalla loro passione, vivevano quegli attimi in un mondo tutto loro, nella loro bolla di sapone, dove ogni respiro, ogni gemito era amplificato e nulla poteva distrarli dal darsi l’uno all’altra, neanche la vibrazione insistente del cellulare di Giorgio che era finito a terra dentro le tasche dei suoi pantaloni. Perché mentre loro erano una fusione di corpo e anima a pochi passi la tragedia si stava consumando.

       L’autista dei Martinelli aveva riaccompagnato Sara e la piccola a casa.

       Salirono in ascensore ed entrarono nell'appartamento al settimo piano in un percorso che Sara conosceva bene, la bimba la guidava attraverso il salone dove c'erano gli scatoloni e un grande albero pieno di luci intermittenti.

       Andarono a dormire abbracciate e Sara prese subito sonno. Asmait era troppo eccitata dal suo primo Natale italiano, così sgattaiolò dal letto e si diresse nel salone.

       Restò li qualche oretta a giocare con il telecomando delle luci, poi vide che in cima la stella che faceva da puntale all’albero era storta ma era troppo in alto per lei che nonostante fosse abbastanza sviluppata per i suoi quattro anni era pur sempre un soldo di cacio.

       Allora avvicinò gli scatoloni all’abete e poggiò quelli più leggeri uno sull’ altro creando una rudimentale scala e vi si arrampicò ma le sue gambette erano ancora troppo fragili per reggere su quell’appoggio di fortuna così precipitò trascinandosi dietro l’albero che le cadde addosso imprigionandola tra gli aghi di pino e gli scatoloni.

       Impaurita e impossibilitata a muoversi iniziò ad urlare mamma mamma.

       Sara svegliata dalle urla si precipitò a tentoni nell’altra stanza dove improvvisamente la presa alla quale era attaccata la spina delle luci, che era fuoriuscita dal pozzetto per l’impatto della caduta, iniziò a fare scintille e a prendere fuoco.

       Furono attimi di terrore, Asmait immobilizzata urlava impaurita dal fuoco, un’altra volta il fuoco come un dejavu della sua vita in Sierra Leone, quella sera in cui i guerriglieri avevano dato fuoco alla sua capanna e le avevano ucciso la mamma e Sara che cadeva ad ogni passo perché ostacolata dagli scatoloni non riusciva a raggiungere la piccola.

       Iniziarono ad urlare finché persero entrambe i sensi.

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