Regina + Giuseppe De Facendis

Presidents


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amichetti!»

      Ora il suo tono era da confessionale, anche se mi guardava divertita. Mi mossi imbarazzato sulla sedia, non avevo mai pensato di poter essere preso per un gay.

      «Nooo… mio Dio! No… niente contro i gay, ma preferisco la normalità!»

      «Meno male…» con gesto elegante prese tra le dita il calice con il vino portandolo delicatamente alle labbra, un breve sorso, poi guardandomi seria negli occhi continuò «… che tu non abbia niente contro i gay, poiché io lo sono!»

      «Sei cosaaa?»

      Ora ero un po’ arrabbiato! Mi sporsi verso di lei.

      «Senti, Annie, è tutta la sera che ti diverti a prendermi in giro, sì… molto elegantemente e discretamente, ma sempre in giro. Pensi davvero che possa credere a una cosa del genere?»

      Ora era lei a essere stizzita.

      «È perché no?»

      «Perché… perché… ma ti sei vista? Sei la più bella ragazza che abbia mai conosciuto, la femminilità fatta persona e vorresti ora farmi credere che sei invece un maschietto! Ma dai… per favore!»

      «Per favore cosa …?» un lieve rossore le colorava ora le guance «e poi non sono un maschietto!» precisò protendendosi a sua volta verso di me sempre più accalorata.

      «Sono una donna, solo che invece di preferire voi, veri maschi, sempre pronti a tirar fuori il vostro strumento per infilarlo nella prima apertura disponibile, preferisco… ma che strano… le carezze di un’altra donna, magari lei sì, un po’ mascolina ma infinitamente più dolce e sensibile di voi! » continuò pungente. «E se te l’ho detto ora, è solamente perché, prima che s’inizi a lavorare come dici tu… gomito a gomito, le cose tra di noi siano chiare, punto e basta! Se poi la cosa ti crea un problema, chiederò a mio zio di trovarti un altro grafico… magari più normale.»

      Le ultime parole erano avvolte di un lieve sarcasmo.

      Ora la rabbia mi era sbollita. Con un sorriso che voleva essere rappacificatore, dissi:

      «Senti…Annie, una cena così per essere perfetta non può che terminare con un caffè espresso e un bicchierino di grappa invecchiata in fusti di rovere. Che ne dici?»

      «Facciamoci la vecchia allora, anche se non so cosa sia!» Anche lei ora sorrideva. Pace fatta, almeno per il momento! La serata in pratica terminò qui! Dopo averla accompagnata a casa, tornai nel mio appartamento.

      Per quanto mi sforzassi, non riuscivo a non riandare con la mente agli ultimi avvenimenti e ad Annie in particolare. Mi diressi al piccolo bar e mi versai un generoso bicchiere di Chianti, quindi, aperte le tende e spente le luci, mi accomodai sul divano davanti alla grande vetrata a contemplare le luci della città. n genere, questo piccolo rituale riusciva a mettermi in pace con il mondo intero. Assaporai con gusto l’ottimo vino e, cosa molto rara, presi dal tavolino adiacente una sigaretta e l’accesi. Niente non funzionava! Le scene della serata continuavano a girarmi in testa come spezzoni di un film… in particolare le parole di Annie sugli uomini e sul loro… come aveva detto? Strumento?

      Mi sembrava quasi un’accusa diretta verso di me e non mi pareva giusto! Sarò tutto, ma non sono di certo mai stato uno che salta addosso alla prima gonnella che incontra, e non mi sono nemmeno, almeno che io mi ricordi, mai comportato come un trapanatore assatanato. Anche le poche relazioni avute si erano svolte nel massimo rispetto reciproco e quando erano finite, per un motivo o per l’altro, era stato sempre amichevolmente tant’è vero che con alcune si era poi stabilito un rapporto di sincera amicizia. E poi, non mi conosceva che da cinque ore!

      Tutto questo continuavo a ripetermelo mentalmente… ma una cosa era certa, anche se non volevo ammetterla: quella strana ragazza aveva cambiato qualcosa in me! Finito il terzo, abbondante, bicchiere di Chianti mi decisi ad andare a letto. Nonostante l’aiuto dell’alcool, sul quale confidavo, non riuscii a dormire molto bene.

      3

      La mattina dopo, alle otto in punto, feci il mio ingresso nel centro operativo del progetto P. Avevo anche considerato l'ipotesi di usufruire dell'appartamento messomi a disposizione ma non volevo rinunciare, almeno per il momento, alle mie comodità. Del resto ero sempre stato un tipo abitudinario.

      Dopo un rapido controllo dell’elettronica, decisi che tutto era pronto per partire: stava per scoccare l’ora x! Mi avvicinai all’interruttore generale pronto ad attivarlo quando una voce che riconobbi immediatamente mi fermò:

      «Aspetta… non puoi farlo senza di me!»

      Mi girai e non credetti ai miei occhi: Annie in accappatoio e con un asciugamano avvolto intorno alla testa si stava precipitando alla mia volta. Raggiuntomi, si eresse sulla punta dei piedi nudi, mi diede un bacino veloce sulla guancia, e disse allegra:

      «Questo lo dobbiamo fare insieme!»

      Quindi appoggiò il suo dito indice sul mio, ancora adagiato sull’interruttore, e spinse. Immediatamente i server presero vita, il ronzio delle ventole di raffreddamento e dei dischi riempì con il suo fruscio la sala. Ero ancora esterrefatto quando lei scappò via dicendo:

      «Vado a vestirmi, torno tra un momento.»

      Poi, improvvisamente si fermò, voltò la testa alla mia volta e con aria innocente esclamò:

      «Beh…mi sono trasferita qui! E bellissimo vivere sotto la Casa Bianca!» e sparì.

      Quando ritornò, ero seduto alla consolle, le fotografie cominciavano a giungere dall’archivio quindi venivano immediatamente memorizzate su tre diversi sistemi di dischi in Raid 5, ogni Raid con un suo differente OS, indipendente dagli altri inoltre, veniva eseguito un backup, su nastro magnetico, ad intervalli regolari. Insomma… tutto per la massima sicurezza dei dati!

      Appena mi raggiunse, sollevai lo sguardo e stavo per indicarle con la mano le immagini sul monitor quando rimasi esterrefatto.

      Della ragazza della sera prima non era rimasto niente… a parte la bellezza naturalmente! Indossava un completo giacca e pantaloni marroncino a righine chiare, molto elegante ma non appariscente, sotto la giacchetta, una magliettina a collo alto color beige, i capelli erano tirati indietro e raccolti sulla nuca, inoltre, portava un paio di occhiali, questi sì, all’Henry Potter, solo che su di lei facevano un altro effetto che sul maghetto in questione!

      «Ehilà! Siamo passati alla versione professionale vedo.»

      «Già» fu il suo laconico commento, mentre osservava attenta lo schermo.

      «Di chi è la prima fotografia?» anche il tono era professionale.

      «Martin Van Buren. Dei precedenti sette ci sono solo dipinti! Ovviamente la macchina fotografica non era ancora stata inventata.»

      «Ovviamente…e come facciamo a trovare qualcosa, diciamo, che li umanizzi un po’, in dei dipinti?»

      Tirai un sospiro: me lo ero già posto il problema! O saltavamo quelli di cui non trovavamo niente di particolare, oppure dovevamo inventarci noi qualche cosa.

      «Beh… intanto direi di analizzarli bene questi dipinti, nei minimi particolari, poi sentiremo cosa ne pensa… testone» dissi sorridendo e questa volta non mi era scappato.

      Ecco, la risatina che seguì le mie parole era la stessa della sera prima!

      «Se aspettate un attimo… testone ve lo dice subito quello che pensa.»

      La voce alle nostre spalle mi fece sobbalzare sulla sedia mentre Annie invece si giro tranquillamente sorridendo. Anch’io mi girai verso la provenienza della voce, ma non certo tranquillamente, anzi, direi atterrito!

      La figura massiccia del Presidente avanzava verso di noi anche lui sorridente. Annie andò incontro al gigante, che abbasso il… testone per ricevere il rituale bacio sulla guancia.

      «Ciao zio!»

      «Ciao piccola!»

      Poi venne verso di me, ancora impietrito