Regina + Giuseppe De Facendis

Presidents


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mi sentivo solo! Solo è un po’ cretino.

      Si… proprio cretino! In effetti Annie aveva tutte le ragioni del mondo: la conoscevo da poco più di ventiquattro ore, eppure mi comportavo come fossimo amici intimi. Del resto mio padre, pace all’anima sua, me lo diceva sempre:

      «Guarda John… che stare davanti al computer tutto il giorno tutti i giorni ti creerà dei problemi, dovresti frequentare di più i tuoi amici.»

      Quindi, con sorrisetto complice aggiungeva: «…e amichette!» Ordinai al volo un’altra grappa…e sì, aveva ragione papà!

      I giorni seguenti furono, tranne poche eccezioni, tutti abbastanza simili al primo. Del resto il copione era quello e noi lo seguivamo abbastanza bene, anche il rapporto tra me e Annie era quello che avrebbe dovuto essere: un cordiale rapporto di lavoro… e nulla più.

      Non mancarono però nemmeno momenti davvero esilaranti come quando ricevemmo il ritratto del Presidente Andrew Jackson.

      Appena lo vedemmo esclamammo in coro:

      «Dracula…»

      Infatti, sia la pettinatura sia il volto allungato e pallido, non mancava nemmeno la mantellina foderata di rosso, richiamavano subito alla mente il protagonista di tanti film dell’orrore. L’unica nota stonata erano i capelli bianchi che facevano pensare ad un conte Dracula ormai in pensione. Annie con pochi tratti di penna grafica, e qui rimasi davvero impressionato dalla sua bravura, restituì il nero corvino ai capelli e aggiunse due bei canini che spuntavano dalle labbra strette. Senza rendercene conto, dal momento che eravamo con le lacrime agli occhi dal gran ridere, avevamo realizzato il nostro primo ritratto della mostra. Insomma... sembrava proprio di vivere in un’idilliaca commedia Hollywoodiana! Ma, come in ogni commedia che si rispetti, arriva sempre il momento del colpo di scena.

      Questo avvenne quando, una sera, rientrato a casa dopo un'altra cena terribilmente solitaria, mi volli versare il solito bicchiere di chianti.

      Mi fermai a metà del gesto… qualcosa non quadrava. Infatti, mi ricordavo benissimo di aver aperto la bottiglia la sera prima e di essermi versato il solito bicchiere e non più, mentre ora dalla bottiglia mancavano due bicchieri!

      «Possibile?» mi chiesi perplesso.

      Posati bottiglia e bicchiere, accesi le luci della casa e cominciai a esaminare minuziosamente l'appartamento… non c'era alcun dubbio! Qualcuno era entrato e aveva rovistato in ogni angolo… certamente un lavoro da professionisti, infatti, se non fossi stato messo in allarme dal vino mancante, non avrei fatto caso ad alcuni piccoli particolari che svelavano l'intrusione avvenuta. Spensi nuovamente le luci, mi versai il mio bicchiere di vino e, sedutomi sul divano, cominciai a riflettere.

      Chi e perché? A queste due domande mi veniva in mente una sola risposta: il progetto P. Ma anche ammesso, che qualcuno ne fosse venuto a conoscenza, per quale motivo tanto interesse per una cosa talmente innocua ed anche, diciamolo, un po' ridicola?

      A meno che il progetto P non nascondesse qualche altra cosa.

      «No… impossibile!» pensai.

      L'avevo curato io di persona fin dall'inizio e se ci fosse stato qualche cosa di strano l'avrei notato… l'unica cosa era che ne avevamo l'accesso solo io e il Presidente. Chissà, forse questo dava noia a qualcuno, qualcuno che voleva sapere tutto quello che il Presidente faceva.

      «Non ci sarebbe nemmeno da meravigliarsene tanto», mi dissi con un mezzo sorrisetto. «Probabilmente avranno pensato di trovare da me il codice per accedere ai server.»

      Beh, se non altro significava che avevo fatto un buon lavoro!

      «Grazie John per avermi messo al corrente dell'accaduto.»

      «Dovere, Signor Presidente, … e poi non è piacevole vedersi bere il proprio vino da sconosciuti!» Il Presidente sorrise divertito.

      «Metta la bottiglia nel conto spese. Comunque non deve preoccuparsi: queste cose sono all'ordine del giorno qui a Washington. Mi vengono in mente almeno cinque o sei organizzazioni o enti che vorrebbero non solo sapere tutto quello che faccio ma anche quello che penso.»

      Sempre sorridente si alzò, cosa che feci anch’io immediatamente, poi messomi un braccio attorno alle spalle mi accompagnò verso la porta.

      «Ritorni al suo lavoro, John, e non ci pensi più! In ogni caso, succedesse ancora qualche cosa di strano, mi avvisi immediatamente come ha fatto ora.»

      «Ci conti, Signor Presidente.»

      «Arrivederci John.»

      «Arrivederci Signor Presidente.»

      «Beh... sembra che a Washington sia normale, che qualcuno ti entri in casa e beva il tuo vino, comunque farò meglio a nascondere le bottiglie d'ora in poi.»

      Non potei fare a meno di pensare uscendo dallo studio ovale.

      5

      Il piccolo shuttle si librava nello spazio, apparentemente immobile, in completa segretezza. Dotato di tecnologia Stealth, compiva un’orbita completa della Terra in novanta minuti inosservato da chiunque.

      I due uomini che si trovavano all'interno erano concentrati a osservare attentamente gli schermi di alcuni monitor che illuminavano di luce tenue l'oscurità della cabina.

      «Eccolo di nuovo a quanto pare il nuovo rilevatore funziona perfettamente.»

      «Sì… ce l'ho anche sul mio.» Il secondo astronauta confermò compiaciuto. «Il generale Swarz sarà soddisfatto, ora abbiamo la prova che esseri alieni sono sulla Terra! »

      «Perfetto… seguilo sulla mappa e memorizza gli spostamenti.

      Portiamoci in orbita geostazionaria.»

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